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Cooperazione & Relazioni internazionali

Bambini in guerra, ecco come aiutarli

AiBi opera da quattro anni proprio nella regione di Idlib, dove ieri un presunto attacco con armi chimiche ha ucciso 60 persone, fra cui 11 bambini. Avsi è impegnato per rafforzare gli ospedali siriani. Mentre a Bruxelles Federica Mogherini, alla conferenza sulla Siria questa mattina ha invitato a ripartire «dalle donne, loro hanno ancora hanno la speranza di ricostruire il loro Paese in libertà, democrazia e pieno rispetto dei diritti umani»

di Sara De Carli

Settanta fra Paesi, organizzazioni internazionali e realtà della società civile sono riunite a Bruxelles per la conferenza “Supporting the future of Syria and the region”. Federica Mogherini, Alta rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, che ieri facendo riferimento all'attacco a Idlib con armi chimiche, aveva detto che «chiunque ne sia responsabile deve risponderne», ha aperto i lavori di oggi con questo intervento: «Ieri è stato un giorno tristissimo, orribile, ma quanti giorni orribili ci sono stati in questi sei anni? Quanti minuti di silenzio abbiamo osservato? Quanta frustrazione davanti alle vittime, in particolare ai bambini? A questa conferenza oggi siamo qui tutti come comunità internazionale per dire ai siriani che ci interessano, che le loro vite ci interessano e che vogliamo evitare altre morti in Siria e nei Paesi vicini. Le nostre voci si uniscono a quelle di tantissimi siriani della società civile che hanno detto qui una sola parola: cessate il fuoco e pace. Abbiamo delle responsabilità, non solo rispetto all’aiuto umanitario ma anche per le politiche. Siamo qui oggi per ragioni precise e la prima è dare una risposta ai siriani che ancora sperano e credono che ci possa essere pace nel loro Paese. Ogni volta che ho incontrato dei siriani – soprattutto donne, lo devo dire – ho visto in loro un mix di disperazione e di speranza, ancora hanno la speranza di essere capaci di ricostruire il loro Paese in libertà, democrazia e pieno rispetto dei diritti umani. La prima cosa è condannare tutte le perdite di vita umane, in particolare gli orribili attacchi chimici a Idlib, un segnale – se ne serviva ancora uno – della necessità per noi di moverci insieme e porre fine a questa guerra».

Anthony Lake, direttore generale di UNICEF, ha detto che «le immagini di bambini che muoiono e soffocano per le strade di Idlib in Siria a causa di un presunto attacco con armi chimiche ci spezzano il cuore. Se confermati, questi attacchi devono spingere a fare di più che dimostrare la nostra indignazione, devono costringere tutti coloro che hanno il potere e la possibilità di porre fine a queste terribili violenze ad intraprendere azioni concrete. Ma il presunto utilizzo di armi tanto brutali non deve distogliere l’attenzione dalle violenze che si verificano ovunque in Siria, comprese Aleppo, Damasco e Hama, e non dovrebbero distrarci dalle sofferenze che ogni giorno coinvolgono oltre 280.000 bambini sotto assedio, tagliati fuori dall’assistenza umanitaria. I bambini della Siria hanno sofferto già troppo e per troppo tempo».

In Siria ci sono 13,5 milioni le persone che hanno bisogno di aiuti umanitari, di cui 6 milioni sono bambini. I sistemi scolastico e sanitario sono ormai al collasso. UNHCR e UNPD proprio ieri hanno denunciato il fatto che è stato raccolto appena il 9% delle risorse necessarie per sostenere il piano di aiuti per il 2017 e che di conseguenza molti programmi di aiuto potrebbero venire interrotti. In questo difficile contesto, realtà più piccole non si perdono d’animo. Ecco come aiutarle.

Da più di quattro anni Amici dei Bambini opera nelle province di Aleppo, Idlib, Homs e Rural Damasco, fornendo supporto alimentare e psicologico e promuovendo iniziative di autosostentamento. Lo fa in collaborazione con dei partner locali: le associazioni Shafak, Ihsan, SAED Organization e Kids Paradise e ha già portato aiuti umanitari a oltre 35mila bambini siriani sfollati e alle loro famiglie. Una cesta di alimenti base per una famiglia – passata di pomodoro, zucchero, lenticchie, olio, riso, burghul, patate, pane – ma anche supporto psicologico ai bambini, per il recupero dallo stress post traumatico e il progetto di costruzione di un nuovo ospedale pediatrico scavato nella roccia di una collina, al riparo dalle bombe. L’ultimo progetto di AiBi in Siria è partito solo il 1° aprile, in collaborazione con Kids Paradise, proprio nelle aree rurali della regione di Idlib, nel nord-ovest del Paese e si rivolge proprio a quelle donne che ancora coltivano la speranza di cui parlava oggi Federica Mogherini.

Per i prossimi otto mesi AiBi e Kids Paradise insegneranno a 540 donne capifamiglia le tecniche per coltivare all’interno delle serre e per l’allevamento di capre e polli. Le persone beneficiarie del progetto saranno complessivamente 4.320. È previsto l’acquisto, direttamente in Siria, di 60 serre con i relativi strumenti e semenze, di 1.800 polli e 360 capre, che verranno vaccinati e distribuiti ai gruppi di beneficiari, che potranno così avviare coltivazioni di ortaggi e produzione di derivati animali. Il 60% dei nuclei che vedono una donna nel ruolo di capofamiglia potranno così aumentare i propri pasti quotidiani e anche i propri guadagni mensili, immettendo sui mercati del nord-ovest della Siria maggiori quantità di prodotti freschi, vegetali e animali, a prezzi inferiori rispetto al passato. AiBi e Kids Paradise, infatti grazie al supporto di consulenti specializzati, sperimenteranno con un gruppo di beneficiari la vendita. È possibile sostenere il progetto attivando un sostegno a distanza o effettuando una donazione libera al progetto "Non lasciamoli soli".

Anche AVSI è presente in Siria e lavora in particolare nel campo della sanità. Ad Aleppo le persone che non hanno accesso agli ospedali sono più di 2 milioni, a Damasco oltre 1 milione. Il sistema sanitario siriano non può più far fronte alla domanda di cure e le famiglie non riescono a pagare le spese sanitarie. L’obiettivo del progetto “Siria. Ospedali aperti” è quello di potenziare alcuni ospedali privati non profit per assicurare cure mediche anche ai più poveri, attrezzando gli ospedali con nuove apparecchiature mediche in sostituzioni di quelle obsolete o danneggiate, formando in management sanitario il personale ospedaliero e creando un Centro di salute della donna in un ospedale a Damasco con attività di prevenzione oncologica: la prima esperienza del genere in Siria. I partner di Avsi nel progetto sono Cor Unum e la Fondazione Policlinico Universitario Gemelli. È possibile sostenere il progetto Ospedali aperti con una donazione dedicata all’interno della campagna “#RifugiatiMigranti. Al lavoro per cambiare passo” o con la firma del 5 per mille.

Foto ABD DOUMANY/AFP/Getty Images


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