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Lo Zecchino d’Oro canta la dislessia con l’anisello Nunù

Sono tanti i temi importanti trattati con semplicità dalle canzoni del sessantesimo Zecchino d’Oro che ha preso il via sabato 18 novembre: dislessia, migrazioni, precarietà del lavoro, social network...

di Sara De Carli

È simpatico da morire l’anisello Nunù. Anisello, sì, non è un refuso. È un asinello dislessico, che invece di ragliare facendo “iò-iò” dice “oì-oì”. L'anisello Nunù è un brano scritto da Carmine Spera, suggestionato dalla nipotina Miriam: «ho pensato che potevo trattare il tema della dislessia, è giusto spiegare ai bambini che cosa vive qualche compagno di classe, che ha qualche problema ma anche tantissime ricchezze, che bisogna scoprire». Nunù è un asinello speciale, che quando parla confonde, inverte e capovolge lettere e parole. Nonostante lo studio e l’impegno, Nunù continua a sbagliare. Se lo chiami “somaro”, però, non lo conosci: con le parole trova difficoltà, non lo fa per dispetto e io con tanto rispetto sempre lo ascolterò. Un tema delicato come quello della dislessia, spesso causa di sofferenza, viene affidato alla voce di una bimba di 5 anni, Nicole, che con semplicità ci parla di differenze che ci rendono allo stesso tempo unici ma uguali. «Il suo verso è diverso ma ci piace lo stesso quando raglia oì oì oì oì».

Sono tanti i temi importanti trattati con semplicità dalle canzoni di questo sessantesimo Zecchino d’Oro che ha preso il via sabato 18 novembre. In Gualtiero dei mestieri (testo di Frankie hi-nrg mc e musica di Stefano Barzan) si parla dell’«omino dei mestieri», che fa qualsiasi lavoro gli venga proposto: il medico, il gommista, il meccanico, un giorno è l’imbianchino, un altro il contadino… ma sogna di diventare un pasticcere. «È Gualtiero che vuole lavorare e quel che c’è da fare Gualtiero lo farà», «perché un lavoro vero ancora non ce l’ha».

E che dire delle apparenze che spesso ci impediscono non solo di sapere la verità ma anche di perdere opportunità, ad esempio l'amicizia di qualcuno che ci sembra antipatico ma in realtà aspetta “solo un ciao”. In Il pescecane (solo un ciao), (testo Gardini Mario, musica Iardella Marco), si racconta di un divertente pescecane “poco pesce e molto cane”, che vorrebbe fare il bagno coi pulcini nello stagno, la sua cuccia o dormirti tra le braccia, ma ha un aspetto così minaccioso da far scappare via tutti. Nessuno sa che dietro quell’aria spaventosa si nasconde un animo buono più del pane: lo stesso accade nella vita di tutti i giorni, «ma lo sai o non lo sai che tanto tutto quel che sembra molte volte non è mai la cosa che pensavi tu».

C’è anche il tema difficile delle migrazioni, in Mediterraneamente, cantata da un bravissimo Alessandro Gibilisco (testo e musica di Giuliano Ciabatta): «prendi un foglio di carta, costruisci una barca, poi la metti nel mare e la fai navigare e solcando le onde verso sogni lontani, pensa a quanti bambini stanno per arrivare, pensa a quante avventure tra speranza e paura». Un forte richiamo alle vite che solcano i nostri mari per rinascere, una canzone che ci immerge in un mare che torni ad essere non tomba ma strada di speranza e di accoglienza, «senza confini».

E per i più grandi? I social network sono protagonisti di Sì davvero mi piace: «C’è chi ha settecentottanta amici che ogni giorno insegue sul web», mentre «io di amici ne ho ventitré, se conto i parenti qualcuno di più». Angelica Rita Lampis canta la canzone di Lodovico Saccol che racconta le due facce dei social: la tecnologia che migliora la nostra quotidianità ma rischia di isolarci dentro ai telefonini. Poi c’è il miracolo della vita e della luce che ogni si rinnova e si ripete di Un nuovo giorno e l’elogio cantato in Una parola magica di quella parola che è un asso nascosto nella manica, la lente davanti agli occhi che lascia un profumo sopra ogni cosa: “grazie!”.

È da febbraio che ho queste canzoni (e le altre) nelle orecchie e ancora non ho deciso quale sia la mia preferita!


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