Solidarietà

Cosa c’è sotto le canzoni dello Zecchino d’Oro

di Sara De Carli

Siamo stati nella giuria che ha selezionato le canzoni per il prossimo Zecchino d'Oro, scoprendo l'unica grande casa dell'Antoniano, di cui le canzoni sono parte. I poveri della mensa, i richiedenti asilo, i bambini con disabilità si incrociano ogni giorno con il Piccolo Coro: le differenze così diventano armonia

Ebbene sì, sono andata allo Zecchino d’Oro. Ero nella giuria che la scorsa settimana ha selezionato le canzoni che il prossimo novembre saranno in gara, per la sessantesima edizione dell’unico concorso per bambini che punta ad essere un «no talent» e che per l'occasione vedrà in pista anche big come Carlo Conti e Beppe Vessicchio. In gara ci saranno quindi fra gli altri l’anisello Nunù, i calzini spaiati e il pescecane. Attraverso le canzoni si parlerà ai più piccoli di lavoro, social network, dislessia, migrazioni, ma si faranno anche tante risate. A sorpresa – i giurati lo giuro non conoscono gli autori dei brani – in gara ci sono anche due nomi celebri: Bobby Solo con “Bumba e la zumba” e Frankie hi-nrg mc con “Gualtiero dei mestieri”.

Ma andare allo Zecchino significa scoprire un mondo che va ben oltre lo Zecchino, a cominciare dai pranzi in mensa, accanto a chi vive in strada e qui ogni giorno siede alla stessa tavola con operatori, dipendenti e volontari, in un momento di condivisione autentica. «L’Antoniano è una casa dove c’è posto per tutti», è la filosofia che si respira ovunque. «Dove mondi apparentemente lontani e diversi si toccano, dove tutto si tiene in un’unica storia e dove ogni piccolo progetto è una tessera di un pensiero più grande», sintetizza Mauro Picciaiola, responsabile Ufficio Raccolta Fondi di Antoniano Onlus.

L’Antoniano è una casa dove c’è posto per tutti, dove mondi apparentemente lontani e diversi si toccano, dove tutto si tiene in un’unica storia e dove ogni piccolo progetto è una tessera di un pensiero più grande

L’Antoniano di Bologna d’altronde è nato così, mettendo insieme due mondi che all’apparenza non c’entrano nulla: era il 1953 quando frate Ernesto Caroli ebbe l’idea di creare qualcosa che in città non c’era. Decise di fare qualcosa contro la fame e qualcosa per la musica, insieme, perché durante la guerra aveva toccato con mano che la fame è un problema e la musica una benedizione. La mensa dei poveri e il cineteatro nascono così, contemporaneamente: non è che la mensa sia per i poveri e la musica per i ricchi, tutto è aperto a tutti. Anche se a voler ben guardare l’idea di frate Ernesto «somiglia un po’ a un’impresa sociale ante litteram», azzarda Mauro, con dei prodotti culturali che discendono a cascata dal mondo “musica” (lo Zecchino, le canzoni e poi negli anni i cartoni, le trasmissioni, il teatro, i laboratori per i bambini…) a pagamento e dei prodotti sociali (dalla mensa in giù) gratuiti, finanziati con quanto proviene dalla musica e con il fundraising.

Le luci del palcoscenico di Sanremo, il viaggio del Piccolo Coro in Cina, i numeri da capogiro di visualizzazioni delle canzoni dello Zecchino d’Oro su Youtube (lo Zecchino è da mesi il secondo artista più visualizzato in Italia, dopo J-Ax e prima di Vasco Rossi) non sono un altro mondo: sono lo stesso mondo delle 521 persone che si sono rivolte al Centro di Ascolto, delle 700 che hanno goduto dei 34.497 pasti distribuiti alla mensa, dei 150 stranieri che ogni settimana partecipano a uno dei 13 laboratori attivi, alcuni gestiti proprio da persone che sono passate da quello stesso percorso, così che il laboratorio stesso diventa già esperienza di integrazione, delle 25 persone che hanno trovato una casa al Centro San Ruffillo. Tutti calcano gli stessi corridoi, tutti si incrociano giorno dopo giorno e così le differenze diventano famigliari e le note di compongono in un’armonia: forse è questo il segreto dell’Antoniano e del suo Piccolo Coro.

È proprio una canzone storica dello Zecchino d’Oro, Il pulcino ballerino, ad esser stata scelta come metafora per illustrare il tassello forse meno noto dell’Antoniano: si chiama Antoniano Insieme ed è un centro terapeutico per bambini con diversi tipi di fragilità. «È così che può succedere, se anche uno ha qualcosa in cui non riesce bene deve inventare un trucco per diventare speciale, anche se con un po’ di fatica», è il messaggio del video. Tutto si tiene anche perché a disegnare il gigantesco pulcino ballerino che accoglie i bambini all’ingresso di Antoniano Insieme, è stato un artista di strada, Jened Nabhal Homsi Jebrini, un ex senza fissa dimora che qui ha ricostruito la sua autonomia.

Antoniano Insieme esiste fin dal 1981, è nato per bambini con sindrome di down e poi col tempo si è allargato ad altre fragilità: ci sono servizi di logopedia e musicoterapia, psicologia e psicomotricità, per oltre 6mila ore di terapia erogate in un anno. Il fil rouge è il lavoro insieme ai territori, «inutile tirare la corda uno di qua e uno di là, alla fine si resta fermi», spiega con un’immagine che va dritta al bersaglio Annarosa Colonna, la direttrice. Nel 2016 qui ha aperto anche un’area “benessere”, ad esempio con un laboratorio di musica e movimento per bambini fra 0 e 3 anni: un sostegno alle famiglie con bambini piccolissimi in ottica preventiva ma anche con la prospettiva di creare momenti comuni per tutti i bambini, con fragilità e non. «Ci piace avere un’attenzione speciale per accogliere i bisogni di tutti, non necessariamente creando un servizio per ogni cosa», spiega Colonna. Due esempi straordinari di questo approccio? «Un laboratorio musicale con sei ragazzi del carcere minorile di Bologna e una decina di adolescenti e giovani con disabilità fisica e intellettiva, i ragazzi «sbagliati» si sono scoperti in un ruolo di aiuto inedito. Oppure il nuovo laboratorio di tai chi, proposto ai bambini in carico al centro insieme a quelli delle famiglie italiane per cui da poco la mensa apre la sera, una volta alla settimana».

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L’apertura serale della mensa è una novità di pochi mesi fa. È un’idea che nasce dalla collaborazione con lo chef stellato Massimo Bottura, lo stesso che a Milano nei mesi di Expo 2015 ha contribuito alla partenza del Refettorio Ambrosiano, coinvolgendo i migliori chef del mondo a cucinare per i più poveri, con gli avanzi recuperati all’Esposizione. Anche a Bologna ora sono gli chef volontari che si alternano e una volta alla settimana nella mensa dell’Antoniano cucinano per una quarantina di famiglie: un regalo speciale, con servizio al tavolo, per quelle famiglie in sofferenza ma non ancora visibili ai servizi sociali, che diversamente però mai potrebbero permettersi di uscire a cena. «Per queste famiglie stiamo pensando anche a un progetto di housing sociale, con percorsi di inserimento lavorativo e di microcredito. Sarà la novità del 2017», anticipa Mauro Picciaiola.

La Prefettura ci ha chiesto di occuparci delle famiglie con minori, per cui la prima accoglienza deve inevitabilmente essere più lunga e strutturata. Abbiamo otto nuclei provenienti dall’Africa sub-sahariana, in appartamenti, secondo la logica dell’accoglienza diffusa

L’idea è quella di trovare una nuova struttura in cui far confluire questo tipo di accoglienza insieme a quella per famiglie di richiedenti asilo, di cui già da due anni Antoniano Onlus di occupa: «La Prefettura ci ha chiesto di occuparci delle famiglie con minori, per cui la prima accoglienza deve inevitabilmente essere più lunga e strutturata. Abbiamo otto nuclei provenienti dall’Africa sub-sahariana, in appartamenti, secondo la logica dell’accoglienza diffusa». Ecco, lo Zecchino è questo: un microcosmo.

Cosa c'è sotto le canzoni dello Zecchino d'Oro

Testi di Sara De Carli

Foto di Umberto Guizzardi, Matteo Perini, Ramiro Castro Xiques, Massimo Persiani


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