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Cooperazione & Relazioni internazionali

Il pericolo del Gattopardismo nelle elezioni colombiane

Il Paese latino americano torna al voto dopo le elezioni parlamentari di marzo che hanno visto il predominare del centro-destra. Domenica 27 maggio si vota per il primo turno delle presidenziali tra paure di brogli e inquietudini sul processo di pace ancora in atto

di Cristiano Morsolin

Colombia, primo produttore mondiale di cocaina, si era già confermato come principale paese conservatore dell’America Latina dove le destre ottengono la maggioranza relativa nelle elezioni parlamentari dell’11 marzo 2018, (vedi news).
Purtroppo il dramma dei bambini soldato, dell’eliminazione dei difensori dei diritti umani, del tema diseguaglianze ed esclusione strutturale, non vengono discussi durante questa campagna elettorale presidenziale che la prossima domenica 27 maggio sceglierá i candidati che si giocheranno la Presidenza durante il ballottaggio della seconda tornata elettorale presidenziale in programma il prossimo 17 giugno.

Va ricordato che il nuovo report del Centro Nazionale della Memoria Storica ha diffuso una cifra – molto criticata – di 16.879 baby soldato nell’arco degli anni 1960 fino ai recenti accordi di pace con le FARC del 2016, elaborato da Katerine Lopez -“La guerra sin edad”: si considera che il 54% dei minori di 18 anni sarebbero stati reclutati dalle FARC, oggi partito politico particolarmente odiato dai colombiani; 12% viene addossato all’Esercito di Liberazione Nazionale ELN che continua tutt’ora a utilizzare bambini soldato in un momento delicato dove si é ritirata dai tavoli di dialogo con il governo nazionale a Quito.

Va ricordato che il report di Natalia Springer documentava 19.000 casi solo dagli anni ’80 con l’intensificarsi degli scontri tra paramilitari di estrema destra e le guerriglie di estrema sinistra.
Nel corso di una sua recente visita in Colombia (26-30 aprile 2015), Sara Oviedo, Vice Presidente del Comitato ONU sui diritti dell’infanzia, ha usato parole forti: «Dobbiamo sradicare tutte le forme di violenza contro l’infanzia, lo sfruttamento sessuale, la violenza domestica, il reclutamento forzato da parte dei gruppi armati illegali, perché sono la causa della morte di tre bambini ogni giorno in Colombia. Esiste una pessima distribuzione della ricchezza che divide la maggioranza dei lavoratori dai padroni dei mezzi di produzione. In questo modo si rendono vulnerabili anche i diritti dei bambini e adolescenti a causa di una cultura purtroppo diffusa in Colombia che accetta la divisione tra ricchi e poveri e il mondo politico mantiene questo sistema di esclusione».

Varie Ong avevano organizzato un dibattito pubblico all’Università de Los Andes, con tutti i candidati presidenziali dove a porre le domande c’erano adolescenti rappresentanti delle organizzazioni della societá civile: alla fine solo il candidato Petro si è presentanto; la totale assenza degli altri candidati dimostra la discriminazione ed esclusione di questi temi sociali nell’agenda della politica colombiana.

Anche l’Arcivescovo Castro attacca il presidente Santos

L’11 maggio scorso, durante la tavola rotonda intitolata “Pace e riconciliazione sono possibili. L’esempio della Colombia”, nell’ambito del 101° Katholikentag, il congresso dei cattolici tedeschi in corso a Münster (Germania), l’arcivescovo di Tunja, mons. Luis Augusto Castro Quiroga – che al momento della firma della pace con le Farc era presidente della Conferenza episcopale colombiana, narra dieci motivi di inquietudine sul processo di pace in Colombia.
Tra i punti del suo decalogo, mons. Castro Quiroga ha criticato “l’insufficiente appoggio legislativo all’implementazione della pace”, la mancanza della presenza delle vittime del conflitto nel Congresso, la “mancanza di risorse per l’integrazione di persone smobilitate dalla guerriglia, la preoccupazione “perché sono continuate uccisioni e violenze da parte di gruppi armati illegali, unitamente al narcotraffico e al reclutamento di minori”.

Neppure, secondo l’ex presidente della Cec, ha fatto significativi passi in avanti la riforma agraria, “che porrebbe fine alla concentrazione ingiusta dei terreni in poche mani, e c’è forte preoccupazione per l’uccisione sistematica di leader sociali”. Il ritardo con cui arrivano i cambiamenti sperati “non ha permesso il consolidamento della pace nei territori”. Mons. Castro ha citato il caso della provincia di Catatumbo, nel dipartimento di Norte de Santander, dove continuano scontri tra gruppi armati. E ha severamente criticato gli scandali di corruzione che hanno coinvolto vari partiti politici.
Certo, “l’implementazione richiede tempo”, ma resta considerevole “la distanza tra la domande di implementazione dei patti e la capacità e velocità di risposta del Governo”.

Sono affermazioni forti che criticano direttamente il Governo del Presidente e Premio Nobel della Pace, Juan Manuel Santos, da parte di un’esponente di spicco dei missionari della Consolata che annoverano sacerdoti impegnati storicamente in prima linea con i popoli indigeni come per esempio P. Gaetano Mazzoleni, P. Antonio Bonanomi e P. Giacinti Franzoi.

Andrea Riccardi -fondatore della Comunitá Sant’Egidio, collaboratore di vari Papi e facilitatore di dialoghi con le guerriglie delle Farc ed Eln, ricorda il debito storico provocato dalla Chiesa Colombiana che non ha sostenuto il referendum per il SI alla pace nell’ottobre 2016: «La vittoria del "no" è stata di stretta misura: 60.000 voti, poco più. Molti colombiani ora sono sorpresi per un risultato inatteso. Il Paese è diviso a metà. Un fatto è singolare: la Chiesa cattolica non ha pesato su questa scelta. Con un suo intervento, forte e popolare com’è, avrebbe determinato la vittoria del "sì", però schierandosi con una parte del Paese. Invece non ha preso posizione su un accordo che, pur con alcuni aspetti discutibili, chiudeva una lunghissima guerra. I motivi sono molteplici, spesso non dissimili da quelli della popolazione: l’accordo riconosce troppo spazio ai guerriglieri delle Farc, li sanziona poco penalmente, mentre non si può essere sicuri della loro buona fede. Il presidente dei vescovi, monsignor Castro Quiroga, ha dichiarato: "La Chiesa colombiana non si comporta come Ponzio Pilato…". Mostra, così dicendo, di sentire la difficoltà per la posizione assunta.
(…)Si manifesta più entusiasmo nel papa per l’accordo che nei vescovi. La permeabilità dell’episcopato ai timori della società nasce anche dalla relativa condivisione della prospettiva del papa, meno politica ma che guarda lontano. S’incrociano due problemi: il rapporto tra papa ed episcopati nazionali, ma anche la fatica delle Chiese locali a leggere la situazione storica in cui sono (e non solo in Colombia). In mezzo a un popolo diviso, i vescovi rischiano di non essere incisivi», riporta il Corriere

Bilancio delle elezioni parlamentari

Per interpretare le nuove elezioni presidenziali vale la pena rileggere il bilancio delle scorse elezioni parlamentarie dell’11 marzo scorso.
La sfida per la Camera, 166 seggi, vede il Partito Liberale (nonostante la caduta dai 39 ai 35 seggi attuali), stretto alleato del Presidente Santos che conta nel candidato presidenziale Humberto de la Calle (politico governativo che ha tessuto con esito gli accordi di pace con la Farc), rifarsi sul Centro Democratico (forza di estrema destra coordinata dall’ex presidente Uribe), con 35 seggi contro i 32 degli uribisti, grazie al suo forte radicamento visto che alla Camera il voto è su base regionale e non nazionale come avviene per il Senato, terzo Cambio Radicale con 30 seggi.
Anche se i partiti conservatori hanno ottenuto più seggi, non hanno comunque raccolto voti a sufficienza per formare una maggioranza che invece era stata anticipate come certa.

Centro Democratico – presieduto dall’ex presidente Alvaro Uribe – può contare su 20 seggi al Senato e 32 alla Camera. Sommando i suoi seggi a quelli degli altri grandi partiti di centro-destra e destra si arriva a 50 seggi in Senato, sui 102 disponibili.
Per amministrare il paese il Centro democratica potrà contare sull'appoggio del Cambio radicale, movimento di centrodestra che è arrivato secondo come numero di rappresentanti, 15, rappresentato dal candidato presidenziale Vargas Llera che – attraverso il suo delfino Lara – Presidente uscente della Camera nel gennaio scorso ha bloccato le ultime decisioni parlamentari legate agli accordi di pace con Farc.

Dall’altro lato dello scacchiere politico, il centrosinistra istituzionale, formato dall’Alleanza Verde e Polo Democratico Alternativo, aumenta i propri consensi, soprattutto grazie agli ecologisti che navigano attorno al 9% grazie alla presenza di Antanas Mockus in lista che ottiene 538.000 voti, che ha portato i verdi al 24% a Bogotà e a eleggere 10 senatori; c’è anche la new entry della Lista Decentes di Gustavo Petro, che per la prima volta ottiene 6 senatori e due deputati tra cui Maria Jose’ Pizarro, defensora dei diritti umani e figlia del lider guerrigliero Pizarro, assassinato nel 1990 quando stava smobilizzando M19 che poi sarebbe stato riconosciuto alla storica costituente del 1991 come vice presidente della Costituente (sostituito da Navarro Wolf), Aida Avella, sopravissuta al massacro di oltre 3.000 dirigenti politici della sinistra, Union Patriotica dove la Corte Interamericana Diritti Umani CIDH ha condannato lo stato colombiano come responsabile di “genocidio”, Valenciano Valencia, dirigente indio del CRIC-Consejo Regional Indigena del Cauca.

Rischio brogli denuncia candidato Petro

Il candidato alle elezioni presidenziali della Colombia Gustavo Petro (ex sindaco e ex leader guerrigliero del Movimento M19) ha lanciato l'allarme su possibili brogli al voto del prossimo 27 maggio, nonostante il governo del Paese abbia negato questa possibilità.
«La revisione del software non è stata effettuata, il Registro e il Consiglio nazionale elettorale hanno disatteso l'ordine del Consiglio di Stato. Ci sono sempre brogli in Colombia, le elezioni sono sempre rubate e marginalmente. Il presidente Santos sta mentendo, questo software ha problemi negli algoritmi e non dà garanzie», ha dichiarato Gustavo Petro.

Oltre alle critiche al software per le votazioni, Petro ha indicato che sono stati rimossi dalla lista dei giurati più di 300mila persone del settore pubblico, fatto che secondo il candidato potrebbe mettere a rischio la trasparenza del processo elettorale.
Risponde Paul Emile Dupret, giurista del gruppo parlamentare Gue-Ngl al Parlamento Europeo: “«È preoccupante che l’Unione Europea abbia deciso di mandare in Colombia solo due osservatori alla missione europea, tra cui l’italiano Tommaso Caprioglio, mentre nelle elezioni in Paraguay e Honduras l’apparato di esperti era notevolmente maggiore, ben 90 osservatori europei».

In Colombia i cittadini con diritto di voto sono circa 36 milioni e il sistema elettorale è un proporzionale puro; l’astensione ha superato il 50% riflettendo la delegittimazione della fragile democrazia andina attanagliata dalla corruzione, dal mancato risarcimento di 8 milioni di vittime della guerra e 250.000 persone assassinate (argomenti spesso approfonditi da VITA).

Luis Humberto Hernandez Riveros, docente universitario, membro del Centro di Pensiero che monitora il Dialogo di Pace dell’Universitá Nazionale di Bogotá, mi spiega: «Siamo preoccupati per i sondaggi che darebbero la maggioranza, al primo turno, del candidato del Centro Democratico Ivan Duque, che rappresenta la posizione del Gattopardismo, inneggiando a quel leitmotiv “che tutto cambia affinché tutta rimanga uguale”.
Considera che gli accordi di pace firmati con le Farc nel novembre 2016, indebolirebbe la lotta contro il terrorismo, deteriorebbe la sicurezza nazionale, ha umiliato e confuso le forze armate, ha esagerato in merito all’inserimento delle comunitá rurali nelle politiche pubbliche, ha esagerato sull’uso della terra e della proprietá privata che avrebbe conseguenze negativa nella produzione della grandi imprese e che porterebbe Colombia a trasformarsi ad portas di una “seconda Venezuela castro-chavista"».

Esperto di diritti umani in America Latina dove vive dal 2001


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