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Nel mega-laboratorio di Con i Bambini la valutazione d’impatto entra nella “fase 2”

Con i Bambini è stato il primo a prevedere l'obbligo, nella partnership di progetto, di un ente che facesse valutazione d'impatto. In tre anni si è passati da 34 a 135 soggetti coinvolti. Ma ora si cambia passo e si punta sulla metanalisi: «Vogliamo individuare le linee di tendenza e i dispositivi che funzionano, per programmare le future politiche di contrasto alla povertà educativa». I valutatori saranno identificati entro la fine dell'anno

di Sara De Carli

Otto bandi pubblicati e 356 progetti in corso, tutti che prevedono nella partnership la presenza di un soggetto valutatore, di comprovata esperienza, che svolga a due anni dal termine del progetto uno studio valutativo su impatto che ciascun progetto ha generato sui destinatari, bambini e famiglie. Gli interventi – sostenuti con circa 281 milioni di euro – coinvolgono ad oggi oltre 480mila minori, insieme alle loro famiglie. L’impresa sociale Con i Bambini, soggetto attuatore del fondo per il contrasto della povertà educativa minorile è stato il primo erogatore in Italia a prevedere tale obbligatorietà: non l’aveva fatto nessuno prima e anche adesso resta un unicum, almeno nelle politiche sociali. È stato un apripista, «ma era anche naturale per la dimensione del fondo e per la sua natura sperimentale, la povertà educativa era un tema che prima del 2016 non era mai entrato nell’agenda della politica, da questo punto di vista il terreno era fertilissimo», ricorda Simona Rotondi, responsabile per le attività istituzionali di Con i Bambini.

Dalla prima call, per affiancare i progetti relativi ai bandi Prima Infanzia e Adolescenza, uscì un elenco di 34 soggetti: oggi i progetti in corso coinvolgono 135 enti di valutazione. Ma Rotondi racconta anche di una «evoluzione» e di un «cambio di strategia» in questi tre anni, in termini di approccio. «Per gli ultimi bandi, rivolti ad aggredire nicchie di povertà educativa minorile, anziché chiedere un ente valutatore dentro il partenariato selezioneremo un paio di valutatori che faranno la valutazione per tutti i progetti, per favorire una metavalutazione e non solo la valutazione dell’impatto del singolo progetto».

Dalla singola valutazione d’impatto alla metanalisi, quindi. «Siamo andando nella direzione di privilegiare la metanalisi, sono diversi gli obiettivi. Uno è identificare modelli di intervento esemplari, linee di tendenza, che possano essere poi utili a programmare le future politiche di contrasto alla povertà educativa. Ad esempio vorremmo individuare e analizzare su base territoriale quali sono i principali bisogni educativi affrontati dai progetti finanziati fiananziati, a cui i progetti hanno dato risposte. Vorremmo capire, grazie a questo lavoro di metanalisi, quali sono i programmi, gli approcci e i metodi più efficaci, che hanno funzionato di più. E individuare i territori e i problemi su cui c’è una maggior debolezza di interventi, a cui si risponde poco. Ecco, la metanalisi ci consente di individuare linee di tendenza e dispositivi che meglio possono essere replicati a livello regionale e nazionale». Questo lavoro Con i Bambini lo farà partendo dai 249 progetti realizzati sui primi tre bandi, ormai quasi conclusi o in stato di avanzamento avanzato, «con l’identificazione dei valutatori entro la fine del 2020», anticipa Rotondi.

La valutazione d’impatto «anche presso di noi ha cominciato a assumere una connotazione precisa e di rilievo. A tre anni dall’avvio, a fine 2019, abbiamo dato vita a una comunità di pratiche: ci siamo resi conti che i singoli enti valutatori – che abbiamo incontrato tutti, anche per condividere una visione – avevano una grande esigenza di fare rete di confrontarsi su pratiche e procedure. Questa comunità di pratiche, coordinata da una esperta esterna, mette in rete i singoli ricercatori e li mette a confronto sui temi che secondo loro sono importanti. Questa esperienza diventa anche lo specchio di come sta crescendo la cultura della valutazione d’impatto, perché si crea una comunitòà scientifica che prima non esisteva».

Photo by JOSHUA COLEMAN on Unsplash


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