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Stepchild adoption: «Solo a Bologna 50 richieste all’anno. Tutti i figli sono uguali davanti alla legge»

A Bologna arrivano a decisione in media 4 richieste di stepchild adoption al mese, quindi circa 50 all’anno. Il presidente del Tribunale per i Minorenni, Giuseppe Spadaro: «Ci sarebbe una sola cosa da fare: rivedere una legge che risale al 1983 e dare norme “illuminate” che possano uniformare le decisioni dei giudici, evitando una giustizia a macchia di leopardo. Perché questi bambini esistono e tutti i figli sono uguali di fronte alla legge»

di Sara De Carli

Una sentenza del Tribunale per i Minorenni di Bologna del 25 giugno 2020, per la prima volta, ha riconosciuto come fratelli i tre bambini nati da due donne, unite civilmente e madri biologiche una di una bambina di 9 anni e l’altra di due gemelli di 5 anni. I bambini sono stati adottati dall’altra mamma, con una stepchild adoption incrociata, attraverso l’adozione in casi particolari ex art. 44 lettera d) della legge 184/83. Un tipo di adozione però che non prevede l’instaurarsi di legami con gli altri figli del genitore adottivo né con i nonni. I tre bambini in questione invece per la prima volta avranno tutti lo stesso doppio cognome e saranno fratelli. Per il riconoscimento del legame di parentela rispetto agli ascendenti, invece «il Tribunale per i minorenni non può esprimersi nel merito, in quanto, risulta competente in via esclusiva il Tribunale ordinario». Al di là della sentenza specifica, nel cui merito Giuseppe Spadaro, presidente del Tribunale per i Minorenni di Bologna, non entra, il fatto che sia una “prima volta” porta a fare qualche riflessione più ampia e di cornice.

Presidente, quali sono i fondamenti giuridici che rendono possibile questa prima volta?
Il fondamento è da rinvenirsi indubbiamente nella L. 219/2012 che, introducendo lo status unico di figlio, ha imposto la rimozione di qualsiasi discriminazione tra i figli, anche adottivi, equiparandoli su ogni piano. Tuttavia, a seguito di questa importante riforma non vi è stato un altrettanto doveroso intervento legislativo volto ad adeguare le norme preesistenti, come l’art. 74 del Codice Civile sulla parentela, in modo da ridisegnarne il perimetro. Quindi il Tribunale non ha fatto applicazione di nessuna norma di nuova introduzione, bensì facendoci guidare dai principi costituzionali nonché da quello di ragionevolezza, abbiamo operato un’interpretazione volta ad armonizzare le summenzionate norme, nel perseguimento del superiore interesse dei minori.

Concretamente, per i figli delle coppie arcobaleno, cosa cambia?
In assenza di tale pronuncia costitutiva i bambini avrebbero condiviso soltanto le figure genitoriali ed il cognome, ma dinnanzi alla legge sarebbero rimasti estranei tra loro. Da oggi, questi tre bambini sono fratelli a tutti gli effetti e ci sono vari momenti della vita in cui si richiede la presenza di un legame di parentela per il riconoscimento di taluni diritti o per farvi discendere obblighi giuridici: penso all’ambito sanitario, a quello scolastico o ancora a quello ereditario. Riconoscere, anche giuridicamente, il legame di fratellanza è un dono per il futuro di questi bambini. Fratelli e sorelle sono la più preziosa eredità che i genitori possano regalare ai propri figli. Abbiamo fatto nostro l’insegnamento di un grande maestro, Stefano Rodotà, e oltre ai principi giuridici abbiamo seguito il canone interpretativo dell’amore.

Come ricordava, da tempo si va nella direzione di parificare i diritti dei figli, senza distinzioni: ci sono ancora incertezze e discriminazioni da sanare?
Purtroppo di incertezze normative ce ne sono tante ma è la conseguenza di norme giuridiche spesso poco chiare e disallineate con l’intero sistema ordinamentale. Altrettanto può dirsi per le discriminazioni, basti pensare che nel caso di coppie omogenitoriali stiamo applicando la disciplina dell’adozione in casi particolari quando sarebbe più giusto parlare di filiazione ab origine. A mio modo di vedere ci sarebbe una sola cosa da fare: rivedere una legge che risale al 1983, del tutto astorica e non più adatta a rispondere efficacemente alle nuove istanze sociali, e dettare norme “illuminate” che possano uniformare le decisioni da parte dei giudici ed evitare una giustizia a macchia di leopardo. Non spetta ai giudici prendere posizioni che spettano unicamente al legislatore, a noi interessa però tutelare i diritti di bambini che esistono, sono nati, curati e amati per anni e crediamo che tutti i figli siano uguali di fronte alla legge.

Ai tempi del dibattito sulla legge Cirinnà si parlò di 7.513 coppie conviventi dello stesso sesso in Italia, di cui 529 con figli, i cui diritti potevano, appunto, essere tutelati con l’articolo 44 lettera d) senza bisogno di norme nuove come la stepchild adoption. Quante sono ad oggi in Italia i casi di adozione di un figlio dell’altro membro della coppia, per coppie dello stesso sesso?
Sicuramente le istanze di stepchild adoption hanno subito un incremento, soprattutto in quei tribunali più inclini a riconoscere tali legami affettivi. Non conosco i dati più recenti ma posso dire che a Bologna, che ovviamente è competente per tutta l’Emilia Romagna, arrivano a decisione in media 4 richieste al mese, quindi circa 50 all’anno. E se tante coppie affrontano l’iter adottivo in casi particolari, altre invece tentano la via delle trascrizioni degli atti di nascita formati all’estero, su cui però la Cassazione è ancora divisa.

Una delle ragioni che portarono allo stralcio della stepchild adoption fu il timore che esso suonasse come una implicita apertura alla maternità surrogata o all’utero in affitto, tema che nelle settimane scorse è drammaticamente esploso con la vicenda dei 46 neonati nati in Ucraina durante il lockdown, allontanati dalle madri che li hanno partoriti e "parcheggiati" in un hotel. Una vicenda passata quasi completamente sotto silenzio. Lei ha notizia di se e come le coppie italiane siano riuscite a ricongiungersi con i bambini? Come è possibile normare al meglio questo aspetto?
Personalmente non sono a favore della maternità surrogata ma, purtroppo, questa è una delle drammatiche conseguenze dell’assenza di normativa in materia. Questo credo sia un caso straordinario, dovuto all’emergenza sanitaria tuttavia è difficile ipotizzare come possa essere disciplinato questo aspetto perché bisogna contemperare molti interessi, non sempre coincidenti. Una via potrebbe essere aprire all’adozione legittimante ma la strada giusta non è mai l’astensione. Anzi, è proprio nei vuoti legislativi che si insinuano i rischi maggiori. Per i 46 neonati, nello specifico, mi auguro che con l’allentamento delle misure restrittive sia stato possibile il ricongiungimento.

Photo by Monika Kozub on Unsplash


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