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Il nuovo Patto sulle migrazioni nasce vecchio

L'analisi di Ispi sulla proposta per superare il Regolamento di Dublino della Commissione. Prevede un rafforzamento delle frontiere esterne, accordi con i paesi di partenza e un meccanismo di solidarietà obbligatorio. “In un’Europa in cui manca solidarietà, l’unico punto su cui tutti concordano è la riduzione degli arrivi irregolari. Con le buone (sviluppo) o le cattive (controlli e rimpatri)”

di Redazione

Superare lo stallo e approvare una politica comune sulla migrazione: questo l'obiettivo dichiarato del nuovo patto su asilo e migrazione della Commissione europea, presentato oggi a Bruxelles dalla presidente Ursula von der Leyen. Atteso da mesi, rinviato a causa della pandemia, il nuovo ‘Patto sull’immigrazione e l’asilo’ arriva pochi giorni dopo lo spaventoso incendio che ha distrutto il campo di Moria, sull'isola greca di Lesbo, dove vivono assiepate in condizioni drammatiche oltre 12mila persone. “Quello che proponiamo oggi è un nuovo inizio” ha detto la presidente, aggiungendo che “le migrazioni sono un fenomeno complesso e il sistema attuale non funziona”. Fin qui tutto bene. Ma quando si passa al dettaglio, i punti centrali della proposta sono il rafforzamento dei controlli alle frontiere, il miglioramento dei programmi di rimpatrio, gli accordi con i paesi di partenza e di transito e un ‘meccanismo di rimpatri sponsorizzati’ che sostituisce il criterio delle ripartizioni obbligatorie, che tanto nessuno avrebbe mai approvato. Dalla solidarietà per l’accoglienza a quella per i rimpatri? Il dubbio è legittimo e persino il vice presidente della Commissione, Margaritis Schinas, ammette: “Abbiamo dovuto trovare un compromesso”. Il nuovo patto sembra già vecchio, lascia irrisolti i soliti nodi e stabilisce solo quello su cui tutti sono d’accordo: rafforzare i controlli e limitare gli ingressi. E se stavolta la Commissione pensava di aver trovato la formula giusta per accontentare tutti, non è detto invece che la proposta passi. Per essere approvata bisognerà convincere tutti i 27 stati membri. Non sarà una passeggiata.

Margaritis Schinas ha descritto il nuovo patto come “un palazzo di tre piani”, in cui “al primo piano c’è la dimensione esterna, molto forte, con accordi con i paesi di origine e di transito. La finalità è aiutarli ad aiutare le persone nei loro paesi di origine”, ha detto Schinas. Al “secondo piano” della casa ci sarà “un solido sistema di screening alla frontiera esterna con una nuova guardia di frontiera e costiera europea, con molto più personale, imbarcazioni e strumentazione”. Tutti le procedure di identificazione saranno rafforzate per orientare le persone attraverso il percorso che devono affrontare. “Questo – ha osservato Schinas – per evitare la confusione dell’attuale sistema o meglio ‘non sistema’ che ci governa”. E infine il “piano superiore” dell’edificio sarà un “meccanismo rigoroso ma giusto di solidarietà” e introduce per i profughi arrivati in Europa un sistema di “ritorni sponsorizzati”. In pratica, piuttosto che continuare a litigare per i rifugiati a cui è permesso rimanere, la Commissione propone che i paesi che rifiutano di accogliere, si facciano carico del ritorno in patria di coloro che non possono restare. Il paese in cui un migrante entrerà per la prima volta nell'UE riceverà rassicurazioni sul fatto che sarà “alleviato dallo stesso numero di persone” di cui aveva diritto in base al programma di ricollocazione.

Qui il nuovo Patto per l'immigrazione.

Il nuovo patto non prevede quindi ricollocamenti obbligatori di migranti, secondo il principio ‘sharing the burden’, ma chiede a tutti uno sforzo comune per “ricostruire la fiducia tra gli stati membri” e raggiungere il “giusto equilibrio tra solidarietà e responsabilità”. Il documento, che ha un valore politico e programmatico di cinque anni, dovrà passare al vaglio del Parlamento ed essere discusso con i governi dei 27 che dovranno approvarlo in sede di Consiglio. Per la commissaria Johansson, la gestione della migrazione “non consiste nel trovare una soluzione perfetta, ma una soluzione accettabile per tutti”, e aggiunge: “Immagino che nessuno stato membro dirà che questa è una proposta perfetta, ma spero che i 27 diranno che è un approccio equilibrato su cui vale la pena lavorare”. Senza appello invece il giudizio di Oxfam, Save the Children e Mediterranea.

Matteo Villa, ISPI Research Fellow – Programma Migrazioni commenta così: “A cinque anni dalla crisi dei rifugiati siriani, e a tre da quando anche verso l’Italia i flussi sono crollati tornando ai livelli pre-crisi, le distanze tra i paesi UE su come rispondere alla sfida delle migrazioni restano incolmabili. Proprio per questo anche il pacchetto di riforme proposto oggi dalla Commissione, pur di venire incontro alle esigenze di tutti, non soddisfa nessuno. In un’Europa in cui manca solidarietà, l’unico punto su cui tutti concordano è la riduzione degli arrivi irregolari. Con le buone (sviluppo) o le cattive (controlli e rimpatri)”.

Riforme? Forse. Ma in piena continuità con le scelte del passato recent


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