Crisi economica

«Povertà assoluta, in ginocchio oltre due milioni di famiglie: misure urgenti o è il dramma»

Le proposte formulate da "Alleanza contro la povertà" al governo Meloni, dopo che l'Istat ha confermato i dati drammatici degli anni passati: riguardano l'8,5% delle famiglie, cioè poco meno di sei milioni di persone. A rischio anche i lavoratori dipendenti

di Redazione

Nel 2023, l’incidenza della povertà assoluta in Italia è aumentata ulteriormente rispetto agli anni precedenti: lo certifica l’Istat nel report “Stime preliminari povertà assoluta e spese per consumi – 2023”. Alleanza contro la povertà lo aveva previsto e le cifre confermano la gravità della situazione socioeconomica del nostro Paese. Le stime definitive saranno rese disponibili il 10 ottobre (Spese per consumi) e il 17 ottobre 2024 (Povertà).

L’emergenza dunque diventa cronica. Le famiglie in povertà assoluta passano dall’8,3% all’8,5% del totale delle famiglie residenti: circa due milioni 234mila famiglie. Gli individui in povertà assoluta sono il 9,8% (nel 2022 erano il 9,7%), pari a oltre 5,7 milioni di persone. C’è chi parla di “situazione stabile”, ma si tratta di realtà di un’emergenza che sta diventando strutturale. Lo evidenzia con chiarezza la serie storica dei dati, riportata da Istat: nel 2014, le famiglie in povertà assoluta erano il 6,2%. Nel 2017 si è registrato un primo, significativo aumento, fino al 7,2%. Nel 2019, la percentuale è scesa al 6,7%, “in concomitanza con l’introduzione del Reddito di cittadinanza di cui, a partire dal secondo trimestre, hanno beneficiato circa un milione di famiglie in difficoltà”, sottolinea l’Istat. La situazione è tornata a peggiorare nel 2020, anno della pandemia: la povertà assoluta ha colpito il 7,8% delle famiglie (circa due milioni). Nel 2022, l’incidenza è di nuovo aumentata ed è arrivata all’8,3%, in larga misura a causa della forte accelerazione dell’inflazione, che ha colpito in particolar modo le famiglie meno abbienti.

Nel 2023, con l’eliminazione del Reddito di cittadinanza, si registra un nuovo, seppur lieve, aumento: segno che le misure di contrasto alla povertà necessitano di una decisa inversione di rotta. Il Paese ha bisogno di una decisa inversione di rotta, che parta dal ripristino dell’universalismo selettivo come principio fondante del contrasto alla povertà. La categorizzazione della povertà, su cui si basa invece la legge 85/2023, lascia troppi poveri privi di sostegno. Anche se i risultati di queste misure potranno essere misurati solo il prossimo anno, quando saranno resi noti i dati relativi al 2024, le prime stime dell’Istat relative al 2023 evidenziano non una situazione “stabile”, ma piuttosto un’emergenza socioeconomica che si sta cronicizzando.

I record negativi riguardano minori e lavoratori dipendenti. La povertà assoluta nel 2023 fa registrare, secondo le stime Istat, ben due record negativi. Nel 2023, l’incidenza di povertà assoluta individuale per i minori è pari al 14%: il valore più alto della serie storica dal 2014. Nel 2023, i minori che appartengono a famiglie in povertà assoluta sono pari a 1,3 milioni. L’altro record negativo riguarda le famiglie con persona di riferimento occupata: tra queste famiglie, l’incidenza della povertà assoluta nel 2023 si attesta all’8,2, contro il 7,7% del 2022: si tratta del picco più alto degli ultimi 10 anni. Per le famiglie con persona di riferimento dipendente, il peggioramento è ancora più significativo: dall’8,3 del 2022 al 9,1% del 2023. Segno che neanche chi lavora può considerarsi al riparo dal rischio di povertà assoluta. Il cosiddetto working poor è un altro fenomeno dilagante e allarmante, su cui Alleanza contro la povertà da tempo richiama l’attenzione.

Antonio Russo, portavoce di Alleanza contro la povertà

La povertà assoluta continua a colpire duramente anche le famiglie che devono pagare un affitto, così come le famiglie straniere. Ed è tutt’altro che una questione meridionale, visto che – sempre stando alle stime dell’Istat – lo scorso anno nel Nord le persone povere risultavano 136mila in più rispetto al 2022, al Centro sono aumentate di 55mila, mentre al Sud si è registrata una diminuzione di 113 mila persone in povertà, pur se nel Mezzogiorno l’ampiezza del fenomeno resta sempre più elevata e preoccupante.

«Di fronte a questi numeri, non possiamo che alzare ulteriormente il nostro allarme», sottolinea una nota di Alleanza contro la povertà. «Prevediamo che le nuove misure di contrasto porteranno a un ulteriore aggravamento della condizione delle famiglie italiane e a un ulteriore, significativo aumento della povertà assoluta in Italia, a causa dello smantellamento del principio dell’universalismo selettivo, a favore di una categorizzazione della povertà. D’altra parte, i dati dell’Inps parlano di 589mila famiglie beneficiarie di Assegno d’Inclusione per un numero di persone coinvolte pari a 1.240.584. Il governo deve mettere mano a queste misure, come aveva già pensato di fare, per poter estendere la platea dei beneficiari».

«Con una lettera inviata nelle scorse settimane alla ministra del Lavoro e delle politiche sociali, Marina Calderone, abbiamo comunicato ufficialmente la disponibilità a condividere le nostre analisi e le nostre proposte, contenute nel Position Paper che abbiamo presentato lo scorso settembre», riferisce il portavoce di Alleanza contro la povertà, Antonio Russo. «Finora non abbiamo ricevuto risposta. Sollecitiamo quindi il ministero a un confronto costruttivo, fiduciosi che la nostra richiesta sia accolta e ci si possa mettere subito al lavoro, in uno spirito di collaborazione, per migliorare le misure, fino a ripristinare quel principio dell’universalismo selettivo che deve essere alla base di ogni misura di contrasto alla povertà. L’obiettivo è chiaro e non rinviabile: rispondere al bisogno di sostegno che arriva da un numero crescente di famiglie».


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