Missione di monitoraggio

Dodici ore nel Mediterraneo centrale: diario del salvataggio di 120 persone

La barca a vela del progetto Tutti gli occhi sul Mediterraneo di Arci, Saling For Blue Lab e Sheep Italia, ha soccorso oltre 120 persone in due operazioni distinte. Ora è ormeggiata nel porto di Lampedusa per le procedure di rito legate all’evento straordinario: «Il nostro lavoro non si ferma qui. Noi siamo in mare perché nessuno possa dire di non sapere»

di Daria Capitani

Non una ma due operazioni di salvataggio per la barca a vela Garganey VI, la flotta civile che monitora una delle rotte marittime più letali al mondo, nata dalla collaborazione tra Arci nazionale, Sailing for Blue Lab e Sheep Italia per monitorare una delle frontiere marittime più letali al mondo. Ieri, mercoledì 2 luglio, l’equipaggio del progetto Tutti gli occhi sul Mediterraneo, si è trovato di fronte a quelli che in gergo tecnico vengono definiti “casi di distress” in area Sar search and rescue maltese «ma in totale assenza di intervento e coordinamento da parte delle autorità competenti», si legge in una nota stampa diffusa oggi pomeriggio. «Per questo motivo, tutte le comunicazioni sono state indirizzate al centro nazionale di coordinamento del soccorso marittimo di Malta, formalmente responsabile dell’area, e all’equivalente di Roma, in quanto l’imbarcazione batte bandiera italiana».

Al rientro da una missione delicata e complessa, i promotori del progetto, abbreviato con l’acronimo Tom, ribadiscono: «Secondo quanto previsto dall’articolo 98 della Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare, ogni Stato ha l’obbligo di garantire il soccorso anche in aree Sar limitrofe qualora l’autorità competente non agisca».

Dodici ore in mare

Ecco il diario di dodici ore in mare, così come riportato dall’equipaggio nel report della missione. «Alle 11,30, Garganey VI intercetta una comunicazione indirizzata a Lampedusa Radio che segnala la presenza di una barca con circa 50 persone in difficoltà. Pur trovandosi a oltre 25 miglia nautiche, la barca a vela di 17 metri (che è attrezzata per fornire primo soccorso ma non per effettuare salvataggi su larga scala, nda) vira la rotta. Viene stimato un arrivo in circa quattro ore, e viene ribadita con urgenza la necessità dell’intervento di assetti Sar adeguati. Alle 16,42, Garganey VI raggiunge la prima imbarcazione in ferro. A bordo vi sono circa 60 persone, tra cui almeno 12 bambini piccoli, due feriti, numerose donne, una in travaglio avanzato. Il mare è agitato, l’imbarcazione instabile e alla deriva. Dopo una prima evacuazione parziale dei soggetti più vulnerabili, alle 17,30 viene completata l’evacuazione totale, con 69 persone salvate». I naufraghi dichiareranno di essere partiti da Sfax (Tunisia) e di essere in mare da almeno due giorni: il numero delle persone a bordo verrà confermato dalla Guardia costiera italiana.

La giornata però, per la barca a vela dell’Arci, di Sailing for Blue Lab e di Sheep Italia, non è ancora finita. «Poco dopo», prosegue il report, «arriva una nuova segnalazione di distress da parte dell’aereo Seabird di Pilotes Volontaires. Nonostante la situazione già al limite, con la barca sovraccarica, il comandante e il capomissione decidono di non voltarsi dall’altra parte e di dirigersi verso il nuovo punto, a circa 10 miglia nautiche. Alle 20, Garganey VI raggiunge un altro barchino in ferro, inclinato e instabile, con 52 persone a bordo, tra cui 3 donne e 2 bambini, alcuni dei quali erano stati avvistati in acqua poi erano riusciti a risalire a bordo. Garganey VI, ormai al limite della sua capacità, prende a bordo altre 21 persone, mentre le restanti vengono sistemate su quattro zattere gonfiabili vicine alla barca. L’equipaggio invia una nuova, urgente richiesta di evacuazione medica, ma ancora una volta nessuna autorità risponde».

La situazione diventa «insostenibile: oltre 90 persone a bordo, 50 sulle zattere, condizioni meteomarine in peggioramento e visibilità ridotta durante la notte. Alle 23,25, l’equipaggio invia una formale dichiarazione di emergenza. A questo punto che la macchina dei soccorsi si attiva e procede al trasbordo di tutte le persone soccorse e alla loro evacuazione verso Lampedusa, dove sono giunte sane e salve».

«Perché lo facciamo»

I “marinai sociali” (così li avevamo definiti a febbraio, in un articolo in cui raccontavamo la genesi di questa flotta civile), reduci da una notte che non dimenticheranno, lanciano una riflessione: «Tutte le persone oggi sono salve ma il nostro lavoro non si ferma qui. Siamo nel Mediterraneo centrale per denunciare quello che accade ogni giorno, nella sospensione di diritti universali, dove la vita delle persone migranti viene trattata come un peso politico e lasciata alla deriva. Noi siamo in mare perché nessuno possa dire di non sapere».

La fotografia in apertura è della pagina Fb del progetto Tom – Tutti gli occhi sul Mediterraneo

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