Parag Khanna

Città-Stato e connettività rendono il mondo un po’ più unito

di Redazione

Le città Stato e le infrastrutture di connettività svolgono un ruolo cruciale nell'attuale scenario geopolitico. Un esclusivo dialogo con Parag Khanna

Le città Stato e le infrastrutture di connettività svolgono un ruolo cruciale nell'attuale scenario geopolitico. Esse, infatti, trasformano le economie e incrementano le relazioni tra i paesi. In questo contesto, la Cina sembra essere pronta a svolgere un ruolo cardine investendo nella nuova iniziativa della Via della Seta.

Ne abbiamo discusso con Parag Khanna, già consigliere di Barack Obama, geopolitico di fama mondiale e autore di numerosi best-seller tra cui Connectography, Tecnocrazia: l’ascesa dell’info-stato e La rinascita delle città-stato. Parag Khanna è Senior Research Fellow presso il Centro Asia e Globalizzazione della Scuola Lee Kuan Yew all’Università Nazionale di Singapore.

Nel suo libro Connectography lei afferma che le infrastrutture stanno unificando il mondo e conducono verso un futuro più equo e sostenibile. Potrebbe fornirci maggiori dettagli?
Le infrastrutture di connettività come autostrade e ferrovie, oleodotti, gasdotti, reti elettriche e Internet sono molto importanti per la promozione della mobilità, del commercio, dello scambio di capitali, di dati, informazioni e per lo sviluppo degli investimenti transfrontalieri. Le infrastrutture, infatti, danno l’opportunità di creare posti di lavoro e sviluppare le economie e le relazioni tra i paesi. Ciò, tuttavia, non porta necessariamente a un futuro più sostenibile o più equo, ma questo potrebbe accadere. Ad esempio, un commercio più efficiente favorisce l’importazione di determinati prodotti agricoli, evitando che gli stessi vengano coltivati in ambienti naturali inadatti determinandone la distruzione. Inoltre, la facilità di mobilità rende molto più agevole trovare lavoro all'interno e oltre i propri confini. Sono diversi i fattori che determinano il contributo all’equità di una infrastruttura, ma certamente non avremo equità senza una migliore infrastruttura.

Come coniuga questo suo pensiero con la persistente forza degli stati nazionali che, almeno in Europa, si stanno imponendo perfino sull’UE?
Alcuni studiosi sostengono questo, ma hanno l’onere di fornire le prove e finora i risultati sono poco soddisfacenti. I governi europei hanno ceduto più sovranità di qualsiasi altro al mondo e continuano a farlo. Condividono una valuta, una politica commerciale, basi legali e hanno appena accettato di approfondire la loro cooperazione militare. Non ci sono stati europei forti in termini di influenza globale, nemmeno la Germania. Sono molto più forti quando cedono sovranità, perché singolarmente sono molto deboli. Alcuni potrebbero rivendicare più poteri specifici, come il controllo sull’immigrazione, ma questo non significherebbe molto rispetto ai volumi di immigrazione che devono accettare come parte della comunità europea.

Potrebbero le macroregioni economiche costituirsi in entità geopolitiche scompaginando la configurazione degli stati nazionali?
Sta già avvenendo. L'Europa è l'esempio più eclatante, ma, a tal proposito, assistiamo a interessanti sviluppi nel Sud-Est asiatico e nell'Africa orientale. Entrambe le regioni stanno unendo le risorse, investendo in infrastrutture comuni, coordinando la promozione degli investimenti e i flussi transfrontalieri di merci, armonizzando le politiche sull'immigrazione e così via. Restano nazioni sovrane, ma stanno prendendo queste decisioni proprio perché sono finalmente più fiduciose della loro stabilità e ora percepiscono il valore di unirsi alle formazioni regionali che sono più della somma delle singole componenti.

In che modo le grandi aree metropolitane, come New York, Dubai, Tokyo e San Paolo, erodono il potere degli stati nazionali come racconta nel libro La rinascita delle città-stato?
Le città globali sono driver di crescita economica di rilevante importanza per molti paesi. San Paolo, New York e Tokyo rappresentano le zone economiche più grandi nei loro paesi, anche se non sono le capitali. Quindi lo stato nazionale dipende dalla loro produttività e crescita perché ne trae vantaggio in quanto fonte di risorse economiche e tassazione. I governi devono ascoltare le esigenze delle loro città sulla politica commerciale e dell'immigrazione, e sarà così anche nel futuro. In una situazione come la Brexit, dove il governo ha risposto al sentimento nazionale generale piuttosto che a quello della sua città più importante (Londra), il risultato è un disastro.

Che impatto avranno le nuove tecnologie e l’automazione?
L'automazione del lavoro amplierà in maniera massiccia la produzione manifatturiera dei paesi che ne dispongono diffusamente. Questo tendenza potrebbe rendere il costo dei beni più economico ma anche erodere ulteriormente posti di lavoro nel settore manifatturiero. Paesi come la Cina stanno investendo nell’automazione man mano che la loro forza lavoro invecchia e reinvestiranno i profitti delle esportazioni manifatturiere in nuove industrie e posti di lavoro. Altri paesi dovrebbero fare lo stesso.

Pensa che la tecnocrazia possa andare d'accordo con la democrazia?
Assolutamente. La tecnocrazia ha bisogno di democrazia e viceversa. I leader tecnocrati devono capire e rispondere ai sentimenti e alla volontà della gente, e i democratici hanno bisogno di una leadership che possa bilanciare priorità come quella della competitività, e pensare a lungo termine.

Il progetto cinese della Nuova Via della Seta sembra scontrarsi con la posizione dell'India. Qual è la sua opinione?
La Cina ha più vicini di tutti i paesi del mondo e tutti questi paesi (inclusa l'India) hanno disperatamente bisogno di infrastrutture migliori, alcune delle quali possono essere finanziate da istituzioni come l'AIIB che promuovono l'iniziativa Belt & Road. L'India è il secondo maggiore azionista dell'AIIB. All’India non piace che i mega-progetti cinesi invadano i suoi confini o aiutino il Pakistan a rafforzare la sua presa sulla controversa provincia del Kashmir. Ma queste vicende non influiscono sul quadro generale.

Recentemente l'UE ha approvato molte misure protezionistiche contro la Cina. Cosa pensa a riguardo?
La principale leva europea nel mondo è la dimensione del suo mercato e il potere normativo. È giusto esigere un reciproco accesso al mercato in Cina prima di concedere lo status di "economia di mercato" alla Cina. L'Europa e l'Asia hanno in generale scambi commerciali molto più grandi degli scambi europei con l'America. Quindi la tensione dell'UE con la Cina deve essere vista come parte di un processo molto più ampio che deve andare a beneficio di entrambe le aree.


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