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Radhouane El Meddeb

«Immigrazione: se l’umano passa in secondo piano è una catastrofe per tutti»

di Anna Spena

Il 22 luglio in prima assoluta il coreografo tunisino di fama internazionale Radhouane El Meddeb presenta, durante il Festival Bolzano Danza, “Les Cygnes sont morts!”, un ricordo e una denuncia delle migliaia di vittime del Mediterrano. «I miei cigni», racconta, «lottano per mantenere la testa fuori dall’acqua, combattono a loro modo per la libertà e la dignità, lontani dagli slogan e dalle battaglie di strada sono impegnati in una guerra all'ultimo sangue. Danzo per loro, sento l'urgenza di render loro omaggio e celebrarli, coloro che sono stati inghiottiti dal mio Mediterraneo»

Dal 16 al 30 luglio va in scena la 37esima edizione del festival Bolzano Danza, da più di 35 anni la città di Bolzano alla fine del mese di luglio si anima con studenti e ragazzi provenienti da tutta Italia, dall’area germanica, dal Lussemburgo, dalla Francia, dalla Svizzera e anche dagli USA che hanno l’opportunità di conoscere, studiare ed approfondire i vari stili della danza e di vedere le opere dei maggiori coreografi internazionali. Grazie alla collaborazione tra Fondazione Teatro Comunale e Auditorium, ente organizzatore del settore performances dal 2002, e Südtiroler Kulturinstitut, ente predisposto dal 2003 alla programmazione e al coordinamento dei corsi formativi,

la manifestazione ha segnato il passo verso un rapporto osmotico tra la pratica della danza e la sua fruizione culturale. Titolo di questa edizione è Swan (Cigno). Il 22 luglio in prima assoluta il coreografo tunisino di fama internazionale Radhouane El Meddeb presenta “Les Cygnes sont morts!”, un ricordo e una denuncia delle migliaia di vittime del Mediterrano. «A migliaia annegano in questo mar Mediterraneo. Donne, bambini, ragazzi alla ricerca di un lavoro, di un rifugio, scappando dalla guerra, dalle violenze, dalla repressione e dalla dittatura», racconta El Meddeb.

«Io li vedo come dei cigni, degli uccelli bianchi che si distaccano dagli abissi e lottano per tenere alta la testa. Affrontano una morte indegna, spaventosa, crudele, una morte ingiusta che li colpisce di corsa quando si sono lasciati tutto alle spalle. I miei cigni, quelli che voglio far danzare, lottano per mantenere la testa fuori dall’acqua, combattono a loro modo per la libertà e la dignità, lontani dagli slogan e dalle battaglie di strada sono impegnati in una guerra all'ultimo sangue. Danzo per loro, sento l'urgenza di render loro omaggio e celebrarli, coloro che sono stati inghiottiti dal mio Mediterraneo».

Com'è nato lo spettacolo "Les Cignes sont morts” e perché hai deciso di portarlo per la prima volta ad un festival italiano?
Il Festival Bolzano Danza propone quest’anno un programma di celebrazioni per il centenario dalla scomparsa del compositore Camille Saint-Saëns, la cui musica è la base di un iconico assolo, La morte del cigno. Nel 2017 avevo presentato al Festival il mio assolo À mon père, une dernière danse et un premier baiser, un omaggio a mio padre sulle Variazioni Goldberg di Bach: è stato il primo incontro con il pubblico di Bolzano e la mia prima partecipazione alla manifestazione…ho scoperto un grande festival con una programmazione pertinente, aperta al mondo e alla danza contemporanea a tutto tondo, un pubblico sensibile anche alle proposte più singolari e audaci. Su invito del direttore artistico Emanuele Masi, che mi ha toccato molto, ho proposto di creare e interpretare un assolo sulla musica del Cygne di Camille Saint-Saëns (brano n. 13 del Carnevale degli Animali, ndr) che amo molto. Mi sono subito arrivate delle immagini del Mediterraneo, di questa distesa d’acqua e di quei "cigni", corpi, uomini, donne, bambini che periscono ogni anno tentando di attraversarlo alla ricerca di una vita degna e libera. Desidero rendere omaggio a tutti loro.

Com'è iniziata la sua carriera di coreografo?
Ho iniziato la mia carriera come attore, al teatro e al cinema. Ma ho sempre amato la danza, ho seguito masterclass con molti coreografi e sono anche diventato danzatore-interprete per alcuni. La danza mi ha sempre attratto e posto domande… per il suo rapporto con il corpo e “l’essere umano”. Così nel 2005 ho presentato la mia prima creazione coreografica, un assolo, Pour en finir avec MOI e ho deciso poi di fare della danza la mia vita, per raccontarmi e per raccontare gli altri attraverso quello strumento fragile e trasgressivo che è il corpo. Da allora ho creato venti lavori coreografici.

In che modo l'arte ci può avvicinare alla tutela dei diritti umani?
L’arte della danza è un’arte astratta per definizione e la danza contemporanea apre orizzonti talmente vasti di espressione e di invenzione per raccontare attraverso il corpo e non solo! C’è una libertà e un ricerca di verità che va a toccare nel profondo l’umano. Più che mai l’umanità è fragile e messa alla prova; l’Uomo è ridotto sempre più a una variabile, forse senza grande valore. L’Uomo ha visto ridurre la sua forza, le priorità sono andate altrove e il mettersi in gioco è diventato inumano. La danza può restituire fiducia, permette il sogno e la trascendenza. C’è un effetto liberatorio e unificatore nell’unione di corpo, pensiero ed emozione.

I suoi cigni come i migranti, perché?
Il mio sguardo è triste riguardo al rapporto Nord-Sud del mondo oggi. C’è una grande ingiustizia vissuta nella maggior parte dei paesi del Sud, sostenuta spesso dai paesi del Nord. Vediamo, siamo testimoni di un mondo molto diviso, un mondo dove chi ha i capitali regna e la povera gente di ogni luogo sogna una vita semplice e degna. Ho tracciato un ponte con Le Cygne di Camille Saint-Saëns, lirico e così sensibile. I cigni possono essere i guai della terra, i dannati, i maledetti. Li vedo come dei cigni, i migranti, degli uccelli bianchi che si staccano dagli abissi e lottano per tenere al testa in alto. Fanno fronte a una morte indegna, terribile, crudele, una morte ingiusta che li colpisce come un tuono nello slancio dopo che hanno lasciato tutto alle loro spalle. I miei cigni, quelli che voglio danzare, lottano per tenere la testa fuori dall’acqua, combattono a loro modo per la libertà e la dignità, lontani dagli slogan e dalle battaglie di strada, sono impegnati in una guerra all’ultimo sangue.

Cosa pensa delle attuali politiche migratorie?
Non si tratta di aprire le frontiere, né di prendere in carico la miseria del mondo. Ma non c’è una vera politica che sia all’ascolto dei poveri oppressi. L’Europa continua a sostenere dei regimi dittatoriali e ingiusti e non partecipa a chiarire i poteri nefasti per uno sviluppo delle loro popolazioni. Il fattore umano diviene secondario, ahimè! È questa la vera catastrofe.

Troppe persone muoiono durante la Rotta del Mediterraneo Centrale o mentre attraversano la Rotta Balcanica. Come mettiamo fino a questa ingiustizia?
Un semplice virus oggi ha messo tutto il pianeta in ginocchio. Si tratta di rivedere le priorità: le ricchezze e i profitti o l’umano e la dignità? Questa è la mia domanda. Senza voler cercare dei responsabili, si tratta oggi di porsi questa domanda per far fronte a tutto. Le minacce si moltiplicano, tra virus e riscaldamento climatico, noi saremo presto tutti dei cigni che muoiono.


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