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Valeria Pesare

Valeria, la formatrice che insegna ai giovani a credere nei sogni

di Gilda Sciortino

"Ciascuno cresce solo se sognato". Lo diceva Danilo Dolci ai suoi bambini, lo trasmette Valeria Pesare agli operatori che la seguono in FQTS, la Formazione Quadri del Terzo Settore, all'interno dei cui percorsi si occupa anche di imprenditorialità del Terzo settore finalizzata a finanziare e gestire infrastrutture sociali sostenibili

«Cosa dico a chi chiede il mio consiglio? Intanto di non sentirsi solo, abbandonando la condizione che vive chi è un agente di cambiamento, un change maker, che sente addosso a sé tutta la responsabilità del ruolo riveste. Dobbiamo, invece, ricordare che facciamo parte di una comunità dove nessuno deve rimanere indietro. E poi i sogni, mai perderli. Ce lo ha insegnato Danilo Dolci: "ciascuno cresce solo se sognato". I desideri fanno parte del nostro benessere perché investono le emozioni e, soprattutto in questo momento storico, aiutano a costruire, a non far perdere le speranze».

È giovane Valeria Pesare, 38 anni, ma quando parla sembra che la sua esperienza si fonda su molti più anni di vita vissuta a contatto con il territorio. Forse perché ha osservato e interagito soprattutto con i giovani dal quali ha introiettato non solo le loro disillusioni ma anche l’energica voglia di riscatto. Il suo percorso associativo ha avuto inizio a Sava, piccolo comune in provincia di Taranto, dov’è nata, come presidente di un circolo Arci per arrivare a ricoprire oggi il ruolo di responsabile della Cultura sia per l’ARCI provinciale di Taranto e provincia sia per l’ARCI regionale. Nel 2015 l'incontro con FQTS, percorso di formazione, sperimentazione e innovazione per gli Enti e le Reti del Terzo settore meridionali, grazie al quale è avvenuto il suo cambio di passo nell'approcio con la comunità.

«Sono la classica ragazza del sud che, arrivata a 18 anni, ha deciso di lasciare il suo paese perché le stava tutto stretto. Arrivata a Roma ho studiato spettacolo digitale per capire come si è trasformato il mondo della cultura con l’avvento della tecnologia, imparando a parlare la narrativa nata dal digitale. Ho poi frequentato un corso per cameraman e, per un po’ di anni, ho fatto la videomaker nella comunicazione istituzionale e politica. In qualche modo anche li ho iniziato ad approfondire temi che sono stati sempre miei; del resto, la militanza politica è stata qualcosa che mi ha sempre accompagnato. Era il 2010 quando, dopo la mia prima esperienza lavorativa a Roma, si apriva la stagione pugliese che vedeva Guglielmo Minervini (l’allora assessore alle Politiche Giovanili, alla Trasparenza e alla Legalità della Regione Puglia, ndr) chiedere ai giovani pugliesi di tornare e condividere tutte le nostre esperienze con un ragionamento sulla valorizzazione del capitale umano nel sud sino ad allora sparso nel mondo».

Quindi sei rientrata in Puglia…

«Siamo tornati in tanti. Io ho cominciato a seguire tutta la parte delle politiche giovanili che si basavano e che si basano tuttora nel concepire i giovani come una risorsa da attivare e non come un problema appartenente alla classica narrativa. Insieme ad "Arci Calipso", di cui ancora faccio parte, ho gestito uno spazio pubblico del nostro paese provando ad attivare sia i giovani sia tutta la comunità. Quello fu un periodo particolare perché siamo partiti in maniera spontanea, ci siamo buttati, senza alcun finanziamento, e lo abbiamo portato avanti per tre anni. Ancora i temi della coprogettazione, della programmazione e dell'amministrazione condivisa non erano diffusi sul territorio. Nel frattempo ho approfondito sempre di più la parte relativa all' innovazione sociale, partecipando anche alla “Scuola di bollenti spiriti", programma di politiche giovanili della Regione Puglia di innovazione sociale dedicato alla figura della “youth worker” che si è svolta a Taranto nel 2015».

Ed è dello stesso 2015 l'incontro con Fqts, grazie al quale è cambiata la tua visione e l’approccio ai territori….

«Ho frequentato per 3 anni il corso da discente, seguendo tutta la parte dedicata all’attivazione e partecipazione di comunità con Andrea Volterrani. Esperienza per me illuminante che da un lato ha colmato alcune mie lacune, dall’altro, grazie al percorso di emersione e validazione delle competenze, mi ha fatto riflettere su una serie di competenze legate per esempio alla leadership che non riuscivo a riconoscere in me. Continuando il percorso politico in Arci, in Fqts ho fatto pèrima l'animatrice e ora sono formatrice. Tra l’altro tutto questo, oltre a rendere me stessa orgogliosa, è stato un indicatore rispetto a come questo percorso lavori sulle dinamiche aperte, orizzontali, riuscendo a coinvolgere i nuovi, gli outsider come me e altri che cercano altri tipologie di governante. Ci confrontiamo, infatti, con docenti come Andrea Volterrani, Leonardo Becchetti, Paolo Venturi e Flaviano Zandonai che hanno tutti un approccio umile, orizzontale, accogliente; non hai mai la percezione di essere davanti a dei professoroni che salgono in cattedra».

Quanto ti è servito Fqts nella relazione con un territorio difficile come quello pugliese?

«La nostra è una zona particolarmente depressa perché l’area ionica della provincia di Taranto, il foggiano, sono le aree più difficili della Puglia, quindi per me è stato fondamentale ritrovarmi in un progetto che punta a formare il terzo settore, ma quel Terzo Settore che parla di lavoro, che segue progettualità, che riflette su alcuni temi come la terra, il cambiamento climatico, anche la cultura».

Infatti, tu hai sempre ritenuto che alla base del disagio vissuto dai giovani ci sia anche un problema culturale ….

«Veniamo cresciuti con l’idea che, prima o poi, dal Sud devi scappare e questo crea frattura col territorio, sia con le persone che vanno via sia con quelli che rimangono e che credono di esser da meno degli altri. Purtroppo, nei contesti un po' più marginali, per i Need dai 20 anni in su, per esempio non esistono centri di aggregazione. Non c’è niente, a parte il locale dove vai a bere o il circolo dove, se ti va bene, c’è solo la sala giochi, il biliardo. Inoltre, la maggior parte di questi luoghi è piena di slot machine, quindi anche poco allettanti per le ragazze che così escono sempre di meno».

Come reagiscono quindi, i giovani della tua terra?

«Io ho a che fare con ragazzi molto arrabbiati, disillusi. Il Terzo settore ci prova ma è difficile perché in campo ci sono tanti aqspe4tit da considerare: culturali, attinenti all’istruzione, alla formazione professionale. Per me é stato fondamentale il percorso sulla validazione delle competenze perché ho cercato e cerco di fare capire loro che non siamo solo la laurea che conseguiamo, il buon voto che riportiamo; dobbiamo renderci conto che abbiamo una serie di competenze che fanno parte di noi e devono essere valorizzate».

Come applicare Fqts a questo ambito?

«Per esempio, ho seguito i ragazzi del liceo artistico con l’alternanza scuola lavoro e ho chiesto loro, soprattutto in relazione al periodo del Covid, cosa facevano il pomeriggio, se aiutavano a casa, se pulivano. Alle ragazze che si lamentavano delle madri, facevo capire che grazie a quelle attività stavano sviluppando competenze organizzative, logistiche, di gestione e del tempo e dello spazio. Quell’’aspetto che loro vedevano come schiacciante è un passo che la scuola non riesce a fare. Il lavoro che faccio è, infatti, fare emergere e mettere a fuoco le potenzialità che hanno, invece di sottolineare sempre le criticità del territorio che tutti conosciamo. Con gli adulti un po’ più difficile perché si sentono sempre al centro del mondo».

Quanto è importante la formazione oggi?

«Ha una grande importanza soprattutto di fronte alla crisi mondiale che stiamo vivendo. Da un lato il Covid dall'altro la guerra hanno contribuito. Se penso al momento del covid in cui tante fragilità sono rimaste indietro, penso ai bambini con disabilità, alle donne, ai malati oncologici. Quando la povertà è aumentata tantissimo il terzo settore è stato fondamentale per intercettare bisogni delle comunità. Abbiamo fatto una mappatura nei circoli ARCI pugliesi, l’80 per cento dei quali si è mobilitato con raccolte alimentari, attivazione di numeri di emergenza, basandoci sul fatto che la povertà è aumentata del 20 per cento in tutti i nostri comuni. E’ stato fondamentale essere preparati e pronti a rispondere alle più diverse esigenze».

Come formatrice, qual è la prima cosa che dici ai tuoi studenti?

«Cerco sempre di sorridere e cercare di creare quello che ho vissuto io in prima persona e cioè un ambiente accogliente e orizzontale, non facendo sentire nessuno da meno rispetto agli altri. Chi arriva con un approccio egocentrico, prima o poi si adegua ed è allora che l’orizzontalità e la partecipazione attiva diventano le chiavi per affrontare i cambiamenti».

Credi di essere cambiata grazie a Fqts?

«Con Fqts ho trovato la mia dimensione. Nel relazionarmi con le persone mi ha dato capacità di ascoltare davvero, di avere un ascolto attivo. Mi ha aiutato anche nell'approcciarmi con empatia costruttiva all’altro, non facendomi sommergere dall’emozione altrui ma essendo sempre una figura di supporto. E poi, mi ha infuso la perenne determinazione nel credere nella bellezza, nel sogno, nella cultura come strumenti di cambiamento».


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