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Brunello Cucinelli

Il Creato, il garbo e la balla di grano che mio nonno donava

di Giampaolo Cerri

L'industriale del cashmere, che ha restaurato e continua ad arricchire l'antico borgo umbro di Solomeo, ragiona sul valore del recupero dei luoghi, sull'importanza di farli rivivere tornandoci a vivere, e sulla necessità di riportare equilibrio fra profitto e dono, con un'idea corretta di sostenibilità

Con il successo e i profitti della sua azienda, che produce abiti di qualità, Brunello Cucinelli, industriale del cashmere, umbro di Castel Rigone (Pg), classe 1953, ha restaurato un antico-borgo medievale, Solomeo, sempre nel Perugino, e l’ha offerto al mondo. Con la sua Fondazione di impresa continua ad arricchire la grande biblioteca umanistica del borgo, che cresce di anno in anno. Uno dei luoghi da visitare in questa Italia rigenerata e rimessa a nuovo dal non profit e di cui racconta VITA giugno, con la copertina Italian Social Tour, che potete trovare qui.

Cucinelli, qual è il valore culturale, civico e anche politico, se vogliamo, della rigenerazione del Paese che passa da luoghi e da operazioni come quella di Solomeo?

Un valore altissimo e per tante cose. La prima perché credo che un essere umano dovrebbe vivere, se ne ha la possibilità, laddove è nato, perché lì sta la sua anima. Il secondo grande tema è: se la tecnologia ci ha permesso tutto questo, vuol dire che possiamo tornare a lavorare nei borghi, nelle cittadelle.

Già ma perché tornare?

Perché in questi borghi non c’è solitudine – ci si conosce tutti – non c’è povertà economica – ci si sostiene – non c’è soprattutto povertà spirituale. Questa è la vita del borgo. D’altra parte, anche Pericle e Leonardo, pensavano che la vita ideale fosse in città da 30mila persone.

Come si deve viaggiare in questi luoghi, secondo lei?

Ne parlavo l’altro giorno col nuovo custode di Assisi, padre Mauro Moroni. Abbiamo bisogno di ridare spiritualità ai luoghi. Intendo ridare loro vita: a cominciare da un numero giusto di visitatori perché, oltre una certa soglia, la spiritualità inevitabilmente si perde. D’altra parte, c’è tanta gente che, in questi luoghi, cerca e spesso ritrova parte della sua anima. Parlavamo dell’Umbria e dicevo: i luoghi sono belli, ispirano custodia, gentilezza, silenzio. Se vai ad Assisi alle 7,00 del mattino è una cosa, se ci vai alle 12 è diverso, perché saranno arrivati tanti pullman. Ma possiamo fare un grande lavoro, tutti, ripartendo dalla cultura greca che diceva, a ognuno: “Se il portone di casa tua è pulito, la tua città sarà pulita”. Ma lo dicevano anche i nostri padri: la Costituto senese del 1309 stabiliva che “è dovere di chi governa curare massimamente la bellezza della città, per cagione di diletto e allegrezza ai forestieri, per onore, prosperità e accrescimento della città e dei cittadini“.

Vasto programma, anche per la politica

Credo che sia un grande tema per il tempo a venire: l’idea di riparare, riutilizzare, recuperare. E del resto, Epicuro diceva che l’essere umano ha due problemi: il primo è “curare il mal dell’anima”, che è sempre con noi, e per il quale ci vuole la filosofia.

E il secondo?

È utilizzare ciò che la Terra ci dà. Se ci pensa bene, mica si parlava di consumismo, 50 anni fa? E io infatti non voglio essere un consumatore, voglio essere un utilizzatore di ciò che la terra ci dà. Non parliamo di consumare, ma di utilizzare. C’è una grande presa di coscienza in questo senso. Sicuro, dopo la pandemia non voltiamo le spalle alla povertà – durante la pandemia, chiusi in casa, non abbiamo sprecato neanche una mela.

È ottimista, Cucinelli…

Vedo una sorta di inizio secolo molto speciale, le dico la verità. Lo spirito di questa guerra ci amareggia e ci preoccupa ma, in generale, vedo una grande rinascita dell’essere umano, dell’idea di recuperare, di essere custodi.

Come dimostra la storia della Cucinelli – anche nei suoi recenti sviluppi con la Task Force Fashion della Initiative sulla sostenibilità del principe Carlo di Inghilterra – l'impresa e il modo di concepirla sono un fattore decisivo di cambiamento. Come industriale, potrebbe fare un appello ai suoi colleghi, che oggi parlano molto di Esg, a diventare anche loro protagonisti, producendo 1.000 nuove Solomeo?

Credo che non sia solo questione degli imprenditori, ma anche dei giornalisti, degli esseri umani, dei padri e delle madri. Perché questo problema di trasmettere ai figli la paura anziché il coraggio, riguarda tutti, non solo gli imprenditori.

E allora di cosa c’è bisogno?

Abbiamo bisogno di una nuova visione del mondo: abbiamo bisogno di riequilibrare profitto e dono. La balla di grano che mio nonno portava alla Chiesa, lui che faceva parte della confraternita, era il dono. Non è una questione di classe di appartenenza, ma riguarda tutti. Ci pensi bene. Prenda il grande tema della scuola: abbiamo scambiato l’istruzione con l’educazione. Ma è un essere educato che è aperto al mondo, uno istruito ne conosce un dettaglio. Questa espressione della sostenibilità a volte troppo utilizzata è importante, ma bisogna intenderla bene.

Spieghiamolo

Ne parlavo nei giorni scorsi col principe Carlo: c’è una sostenibilità ambientale, che è fondamentale – e pensiamo al cambiamento climatico – e ce n’è una economica, che significa lavorare meglio, con un giusto profitto, guadagnare per distribuire di più. C’è però anche una sostenibilità culturale e soprattutto spirituale: se lavoro con te e ti faccio una gentilezza, mi hai migliorato lo spirito. Se ti faccio lavorare davanti una vetrata, potendo guardare il cielo (come avviene nello stabilimento della Cucinelli, a Solomeo, ndr), sarai migliore.

Tornano sempre nei suoi discorsi due parole che si attagliano bene all’Italia che i nostri lettori possono visitare e sono le parole “Creato” e “garbo”.

Platone e Aristotele, Hobbes, Rousseau parlavano variamente di contratto sociale. Stavolta il contratto sociale è con il Creato, con la terra, con le sue creature, con gli animali, coi pesci. Ed è questo il garbo. Se io e lei pensiamo con garbo, gentilezza, non arroganza, cambiano le cose.

Non son tempi garbati, questi.

In questi giorni di guerra sono a tornare a guardare attentamente Tucidide quando descrive la guerra tra Sparte e Atene, e nel 431, ha questa bella espressione di Pericle che ha aveva ricevuto la dichiarazione di Sparta: sapeva d’esser più potente, però dice a se stesso una bella cosa, sull’impero: “L’impero è tirannide” – senta che bello! – “ma dalla tirannide non si può uscire impuniti”. Questo vale per tutti: tiranno lo puoi essere in mille modi, con la natura, con il Creato, con l’essere umano. Ecco perché credo che, se torna una sorta di nuovo Umanesimo, – porca miseria! – siamo in grado di cambiare il mondo. Noi italiani nel ’500 eravamo i mediatori dell’umanità: possiamo tornare a esserlo. Abbiamo bisogno di questo. L’arte di recuperare, di ristabilire, di riutilizzare è per ognuno di noi per ogni cosa, per ogni essere umano.

Foto in apertura, Luciano Movio/Agenzia Sintesi


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