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Vicenza, il primo Sportello Autismo d’Italia funziona così

di Sara De Carli

Il sottosegretario Davide Faraone ha annunciato la nascita di 106 Sportelli Autismo, uno per ogni provincia. Il modello? Quello nato a Vicenza. Siamo andati a vedere come funziona e perché è un successo davvero

«Sono stato a Vicenza, all'Istituto Almerico da Schio, dove nel 2007 è nato il primo Sportello autismo in Italia. Realtà come queste vanno valorizzate ed estese all'intero Paese. Grazie a un milione di euro provenienti dai fondi della legge 440 finanzieremo i 106 sportelli autismo che nasceranno in ogni Centro territoriale di supporto, per dare assistenza e consulenza a chi si occupa di questa disabilità»: questo l’annuncio del sottosegretario Davide Faraone, pochi giorni fa. A Vicenza ci siamo stati anche noi, per capire come funziona lo Sportello Provinciale Autismo dell'UST di Vicenza, indicato come modello a tutta l’Italia.

Cominciamo con dire che la legge 440 è quella che finanzia l’autonomia scolastica. Per quest’anno il Miur ha stanziato 93,2 milioni per l’autonomia e il potenziamento dell’offerta formativa, tra cui 2 milioni dedicati all’inclusione scolastica degli alunni con disabilità («quadruplichiamo le risorse destinate all’inclusione»), disse il ministro a giugno, annunciando il riparto. Il milione di euro di cui parla Faraone è quello. 1 milione di euro diviso 106 Sportelli fa poco meno di 10mila euro a sportello: meglio che niente, certo, ma di questo stiamo parlando.

Sono stato a Vicenza, all'Istituto Almerico da Schio, dove nel 2007 è nato il primo Sportello autismo in Italia. Realtà come queste vanno valorizzate e estese all'intero Paese. Finanzieremo 106 sportelli autismo uno per ogni Centro territoriale di supporto, per dare assistenza e consulenza a chi si occupa di questa disabilità.

Davide Faraone

I CTS sono una delle tante sigle in cui si articola la struttura capillare che si propone di essere un punto di riferimento per una sempre migliore inclusione degli alunni con disabilità. La singola scuola ha i Gruppi di Lavoro sull’Handicap (GLHO) e i Gruppi di Lavoro per l’Inclusione (GLI); a livello distrettuale ci sono i Centri Territoriali per l’Inclusione (CTI) e a livello provinciale i Centri Territoriali di Supporto (CTS) e i Gruppi di Lavoro Interistituzionali Provinciali (GLIP) e, infine, a livello regionale, i Gruppi di Lavoro Interistituzionali Regionali (GLIR). A fare da raccordo tra questi organismi sono gli Uffici Scolastici Regionali e, a livello nazionale, il Coordinamento nazionale dei CTS, istituito presso il Miur. L’annuncio di Faraone quindi significa che in ogni provincia nascerà uno Sportello dove tutti gli insegnanti delle varie scuole potranno trovare personale competente per dare consigli e supervisione sulla tecniche didattiche più efficaci con gli alunni autistici: sarebbe un sogno, visto che il problema denunciato dalle famiglie è proprio la mancanza di competenze degli insegnanti in generale e pure degli insegnanti di sostegno, tanto che ogni qual volta l’alunno “è ingestibile” la scuola richiama i genitori perché se lo vadano immediatamente a riprendere. (Qui un post di Gianluca Nicoletti sulle criticità dell'inclusione scolastica dei ragazzi autistici)

Può il sogno diventare davvero realtà? «Se ne parla da tempo, pure i CTS esistono dal 2006 ma non hanno mai avuto un reale sviluppo perché finora non ci sono state le risorse. Aprire si possono aprire anche domani, ma chi ci mettiamo? Ci vorranno anni per avere le competenze», commenta senza troppo entusiasmo Carlo Hanau. «Credo di sì, mi sembra che il Miur sia molto deciso. C’è stato un bel convegno a Cortona a settembre con tutti i referenti dei CTS, 13 sportelli sono già stati sperimentati l’anno scorso, sono ottimista», afferma al contrario Claudia Munaro, coordinatrice dello Sportello Autismo di Vicenza, quello indicato come modello da Faraone: è la referente per la disabilità dll’UST di Vicenza, membro del gruppo di studio sugli Sportelli Autismo creato dal Miur. In effetti il modello vicentino sta già contaminando l’Italia: Oristano ha avviato la costituzione dello Sportello Autismo Provinciale, una sperimentazione c’è a Monza, a Bologna lavora l’Associazione Pane e Cioccolata.

Andiamoci allora dentro questo sportello, per capire come funziona. Cominciamo dai numeri: lo sportello nasce, come idea, nel 2007, dinanzi «al crescente numero di alunni con autismo» ed è operativo dal 2009 perché «ci sono voluti due anni per fare rete e mettere a punto un modello che funzionasse. Ci siamo dovuti inventare un sistema», racconta Munari. All’inizio con lei c’erano 12 colleghi, oggi sono in 32 a girare la provincia per dare supporto ai colleghi. Il primo anno gli alunni seguiti erano 7, lo scorso anno sono stati 95 sui 245 alunni autistici del bacino di competenza, 4 su 10: il servizio è attivato su richiesta della scuola, ma ormai sono le famiglie a muoversi per prime. «In realtà non seguiamo gli alunni né gli insegnanti di sostegno, ma i consigli di classe. Offriamo un servizio di supporto e consulenza sull’organizzazione didattica, fornito da insegnanti che hanno seguito uno specifico percorso di formazione e con pregresse esperienze con alunni con autismo. Il servizio, ovviamente, non sostituisce quello psico-socio-sanitario di competenza delle ULSS, è relativo solo agli aspetti didattici e all’organizzazione dell’intervento a scuola (tempi, spazi, materiali)», precisa Munari.

Sono insegnanti che parlano ad altri insegnanti, per questo funziona

Sonia Zen

«Sono insegnanti che parlano ad altri insegnanti, per questo funziona», commenta Sonia Zen, presidente di Angsa Veneto e mamma di un ragazzo autistico. «La scuola generalmente – esistono le eccezioni ma sono appunto tali – è impreparata con i nostri ragazzi, per cui le famiglie spesso si appoggiano a consulenti esterni che accompagnano anche il percorso scolastico dei ragazzi. Anni fa sul nostro territorio si è creata una grande disponibilità da parte di un gruppo di insegnanti, che hanno scommesso sulla loro formazione e hanno appreso molto. Il problema è che ogni volta questo sapere viene disperso. Lo Sportello è nato per evitare la dispersione di queste competenze e per metterle a disposizione anche di quelle famiglie che non avevano i mezzi per pagare un supporto esterno alla scuola». La storia dello Sportello modello inizia così, con una grande disponibilità a fare rete, la Fondazione Brunello che si spende in prima persona: «Abbiamo sempre insistito che lo Sportello doveva essere della scuola, non di un’associazione. È una cosa che deve appartenere a tutti». Lo Sportello apre a Mason, poi a Vicenza presso l’Istituto Almerico da Schio, ora è al Corradini di Thiene.

«Sono tre i punti di forza dello Sportello, quelli che lo rendono efficace e che sono piaciuti al Miur», spiega Munaro. «Il primo è un lavoro di rete reale con le associazioni, le istituzioni, le scuole, i servizi territoriali. Ci troviamo una volta al mese intorno a un tavolo, è questo che ha permesso allo sportello di radicarsi. Il secondo è che a differenza di altri sportelli il nostro si rivolge solo a insegnanti, in un peer teaching. I nostri 32 esperti continuano a insegnare , il bello è che all’inizio le scuole ci chiamavano solo perché erano in difficoltà, oggi invece ci chiamano anche perché vogliono migliorare». Il terzo punto è la valorizzazione della risorsa classe, con un peer tutoring strutturato per obiettivi: «Se si chiede ai ragazzi di preparare delle schede di sintesi per spiegare un concetto ai compagni, anche il tutor apprende meglio. E non è detto che il tutee sia sempre il ragazzo autistico, può accadere anche il contrario».

Buddhika Weerasinghe/Getty Images


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