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Economia Sociale

Camorra, i cittadini ti hanno fatto un “pacco”…

di Anna Spena

Nei beni confiscati tra le province di Napoli e Caserta le cooperative lavorano in sinergia per "fare un pacco alla camorra". Hanno preso in gestione i terreni. Li coltivano offrendo lavoro a persone svantaggiate. E poi rivendono i prodotti affinché le imprese sociali diventino autosostenibili. Dal 2009 per Natale realizzano un pacco speciale...

Può una mela annurca raccontare una battaglia? E una marmellata? Oppure il vino asprino di Aversa o ancora le noccioline tostate di Teano? Sembra proprio di sì. Perché questa battaglia per costruzione di alternative alle economie speculative e criminali la vince chi – ovviamente – non usa le pistole…

Tutto inizia nel 2009. Il casertano e il napoletano sono disseminate di terreni, ville, case che un tempo erano state dei boss della camorra delle zone.

Beni abbandonati, ormai in disuso a cui però nessuno osava avvicinarsi perché nell’immaginario della gente comune erano ancora il simbolo di quel “potere” criminale che aveva martoriato le terre in cui vivevano. Ci voleva un gesto di coraggio…

«La Rete di Economia Sociale, il Consorzio N.C.O. Nuova cooperazione Organizzata, sulla strada indicata dal Comitato Don Peppe Diana e dall’Associazione Libera hanno promosso l’iniziativa “Facciamo un pacco alla camorra”», racconta a Vita.it Umberto De Santis, tra i soci fondatori di Etiket, agenzia di comunicazione sociale, spin off della cooperativa Agropoli, che fa parte della Rete.

«Ci siamo resi conto che i beni confiscati in Campania non venivano né utilizzati e né valorizzati. Allora perché non prenderli in gestione e avviare in questi beni progetti di economia sociale?».

L’obiettivo principale di tutte le cooperative che aderiscono alla Rete è quello di creare opportunità di lavoro per persone svantaggiate: disabili, ex carcerati, tossicodipendenti.

E lo si fa, la maggior parte delle volte, ritornando alle cose semplici, due in particolare: il lavoro manuale e il cibo. I terreni iniziano ad essere coltivati. I primi frutti ad arrivare. «Ma questo non ci bastava», continua Raffaella Galeone, anche lei socia di Etiket comunicazione.

«Si utilizzava tutto quello che si produceva per cucinare. Ma poi ci siamo chiesti: “come possiamo rendere questi beni confiscati autonomi?” Volevano creare delle vere imprese sociali in grado di autofinanziarsi e rendersi autonome».

È così che nasce l’idea del pacco: «Alla prima edizione», continua Raffaella, «più che un pacco era un cestino natalizio con i prodotti che si producevano nei beni confiscati. I cestini li compravano i soci delle cooperative e poi li vendevamo a qualche amico. Ma noi volevamo di più».

Per anni la camorra “ha fatto il pacco” alle persone di queste terre, fino a quando è arrivato il momento di “invertire il movimento”. «È ironico», continua Raffaella, «ma adesso siamo noi che utilizziamo i “loro” beni in maniera legale e facciamo il pacco a loro».

Nel 2009 sono stati venduti 600 pacchi. «Ma nel 2012 siamo arrivati a dodicimila. Mentre la media degli ultimi anni è di circa diecimila». Il pacco quest’anno ha due versioni: una small (costa 15 euro). Ed uno Speciale (costa 45 euro).

Tutti gli utili dell’iniziativa saranno destinati al riutilizzo sociale di un bene confiscato gestito dal Comitato don Peppe Diana, il prete assassinato il 19 marzo 1994, giorno del suo onomastico, nella sacrestia della chiesa mentre si preparava a celebrare la santa messa.

Un camorrista lo affronta con una pistola. I cinque proiettili vanno tutti a segno: due alla testa, uno al volto, uno alla mano e uno al collo. Don Peppe Diana muore all'istante.

Quella del pacco è un'iniziativa natalizia ormai consolidata. Ma tutti i prodotti all'interno si possono acquistare dalle cooperative anche durate l'anno.

«Nel pacco», spiega Raffaella, «prodotto con cartone riciclato, troverete cibi biologici e prodotti tipici della nostra tradizione culinaria. Vogliamo raccontare con il cibo la storia di resistenza di queste terre».

Quest’anno l’hashtag per promuoverlo è #iopartecipo. «Diventiamo cittadini consapevoli», dice Umberto. «L’economia sociale fa bene alle persone, a chi acquista e a chi produce».

Cosa trovo nel pacco?

Versione small: Pasta biologica a marchio NCO, prodotta artigianalmente a Gragnano con grano 100% italiano; Sugo pronto della tradizione campana a marchio NCO, ricetta esclusiva dello chef Nino Cannavale; Vino “Don Franco” prodotto secondo i principi dell'agricoltura sociale, dalla cooperativa “Agricoltura Capodarco”.
Edizione Speciale
Pomodorini di collina, lenticchie o fagioli – NCO, Noccioline tostate di Teano – Coop. Soc. Un fiore per la vita, Vino Asprinio Aversa DOC "Vitematta" – Coop. Soc. Eureka, Pasta biologica – NCO, Barretta di cioccolato puro – Coop. Soc. Davar, Paté di zucca – Coop. Soc. I fiori della Mohwa, Sott'olio bio – Coop. Soc. Al di là sogni, Legumi secchi – Slow Food Campania, Maglietta – Coop. Soc. Apeiron, Kit 3 ecodosi – Cleprin srl, Grembiule da cucina – Coop. Soc. Altri Orizzonti, Kit “La busta giusta” – Coop. Soc. Ventuno, i paccheri biologici della cooperativa Terre di don Peppe Diana/Libera terra
Dove Acquistare
Facciamo un pacco alla camorra è acquistabile attraverso la piattaforma e-commerce www.ncocommercio.com.

Camorra, i cittadini ti hanno fatto un "pacco"…

Testi di Anna Spena


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