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Torino

Un giorno con gli Ecomori, le sentinelle del cibo a spreco zero

di Daniele Biella

Promuovono la raccolta differenziata dell'organico, distribuiscono pro bono frutta e verdura in eccesso: sono gli operatori e i volontari, residenti e richiedenti asilo, di un progetto inedito quanto virtuoso che dal mercato di Porta Palazzo a Torino si può espandere in tutta Italia

I suoni, le voci, gli odori sono quelli che t’aspetti. Sta finendo una giornata come tante altre al mercato di Porta Palazzo a Torino, è il momento del caos organizzato dello smantellamento delle bancarelle e tutto torna. O forse no: nella zona delle postazioni mobili, nel cuore del mercato all’aperto a ridosso del marciapiede che fa da preludio ai binari del tram, si stanno allestendo dei banconi. Su di essi, frutta e verdura di ogni tipo, in cassette posizionate con ordine da una decina di persone con la pettorina arancione e una scritta sul retro: Sentinelle dei rifiuti. Ti avvicini, e vedi che – in un mercato in cui la parola multietnico è comunque riduttiva – la maggior parte di loro ha la pelle nera. Richiedenti asilo? “Sì. Sono volontari che ci affiancano nel progetto Ecomori, che prevede una nostra presenza fissa a Porta Palazzo dedicata alla sensibilizzazione anti spreco, dalla raccolta differenziata alla redistribuzione gratuita del cibo in eccesso”, spiega venendoci incontro Paolo Hutter, giornalista fondatore dell’associazione Eco dalle città, che promuove azioni e informazioni ambientaliste dall’omonimo portale web.

Sono le 13.45 di un giorno di piena estate: è il momento centrale per gli Ecomori (gioco di parole con la parola “mori”, ovvero il vocabolo piemontese per indicare le persone di pelle nera). “Dalle 13 alle 14 si entra in azione chiedendo ai commercianti del mercato chi ha cibo in più da lasciarci: dato che oramai ci conoscono, alcuni vengono direttamente a portarcelo”, sottolinea Patrizia Spadafora, operatrice del progetto che coordina la distribuzione assieme a Erica Carnevale, factotum che annota a penna su un’agenda il peso esatto di ogni cassetta di frutta e verdura che arriva sulla bancarella, lasciata alle Sentinelle in uso gratuito dal Comune di Torino. Oggi predominano meloni, pesche, zucchine e cetrioli. Cibo che dalle 14.15 in poi, a mercato fermo e quindi per non sovrapporsi al lavoro dei venditori, viene offerto a chiunque passi da lì. “Arrivano persone povere che ne hanno assoluto bisogno, ma anche altri che capiscono l’importanza di non buttare via del cibo di qualità dignitosa, anche se a volte non perfetto a livello visivo”, continua Spadafora.

In effetti, quello che fa più impressione è la varietà degli avventori: davanti a noi si materializza, nell’ordine, un signore che raccoglie cibo per poi portarlo a famiglie bisognose assieme a un gruppo di amici (“lo faccio da anni tra una bancarella e l’altra, la nascita di Ecomori indubbiamente ha reso più agevole il tutto”, ragiona), un ragazzo inglese in bicicletta insospettabilmente senza reddito (“faccio il possibile per trovare un lavoro, ma da mesi né io né la mia ragazza lo troviamo e l’affitto è diventato un problema”), varie signore originarie di parti di mondo più o meno lontane – diverse regioni italiane così come Est Europa o mondo arabo – e, verso la fine della distribuzione, due suore di conventi non lontani da Porta Palazzo, una delle quali scruta i ragazzi richiedenti asilo: “Sono quelli di cui si parla in televisione? Siete davvero bravi che date loro modo di rendersi utili”, si rivolge agli operatori di Eco dalle città. Le persone in accoglienza, che vivono in strutture di alcune cooperative sociali conosciute direttamente dall’associazione, hanno le idee chiare sulla loro presenza tra le bancarelle. “Siamo qui perché è importante svolgere attività che ci facciano conoscere alla popolazione: migliorando la nostra relazione con il luogo in cui siamo ospitati ci permette di sentirci parte attiva e sempre più integrata”, sono le parole, per esempio, di Omar Sillah, gambiano 24enne, operosa sentinella di Porta Palazzo dall’inizio del progetto, oggi in speranzosa attesa che venga accolto il suo ricorso per la richiesta di protezione umanitaria.

Volontari e beneficiari del mercato, a ben vedere, risultano entrambi parte di una platea di umanità che, in punta di piedi, trova utilità in un progetto tanto semplice e immediato quanto virtuoso. Che non finisce alla redistribuzione: “il nostro compito, d’accordo con Comune di Torino, Amiat, la società che gestisce i rifiuti, e l’azienda Novamont, è di distribuire sacchetti per i rifiuti organici e, alla fine della giornata di mercato, controllare che si faccia la raccolta differenziata, contribuendo in prima persona a riempire i bidoni, di cui teniamo conto per capire quanto riusciamo a smaltire”, illustra Carnevale quaderno alla mano. Si parla di almeno una raccolta differenziata dell'organico che nell'ultimo anno è aumentata del 120%, superando le 100 tonnellate, mentre, per quanto riguarda il cibo redistribuito, si arriva a 200 chili giornalieri che raddoppiano il sabato, il giorno principale del mercato che termina alle 20, arrivando a picchi di 600 chili.

Era novembre 2016 quando è nata l’idea”, riprende Hutter una volta che anche la bancarella degli Ecomori si svuota e già si intravedono i camion con gli idranti che sanciscono la fine delle attività mercatali. “Novamont ha contattato il Comune proponendogli di migliorare la situazione caotica e negativa dello smaltimento dei rifiuti organici di Porta Palazzo. L’assessore allora di competenza sull’ambiente, Stefania Giannuzzi, coinvolse Amiat mentre Novamont chiese a Eco dalle città di distribuire dei sacchetti per l’umido, sensibilizzare gli ambulanti per raccolta differenziata. Io ho avanzato poi la richiesta di aggiungere la redistribuzione, conoscendo da vicino la realtà del mercato di Porta Palazzo. E, successivamente, ho pensato di coinvolgere i richiedenti asilo”, racconta Hutter, sancendo di fatto la nascita di un progetto di integrazione inedito per l’intero territorio nazionale.

Non si tratta solo di un lavoro di pulizia e decoro, è molto di più, perché ciò che stiamo facendo è parte di quell’economia circolare che può rilanciare una società in difficoltà

Paolo Hutter

“Il progetto continua fino alla fine del 2017, ma dato l’ottimo riscontro spero proprio non si interrompa. Anche perché nel frattempo è nato sia l’interesse a replicarlo -“sta avvenendo proprio in questo periodo a Milano, con l’associazione Recup nei mercati di piazza Martini, Termopili ed Estense, e si prevede entro l’autunno l’avvio della sperimentazione anche a Roma” – sia l’attuale impegno volontario delle persone in accoglienza potrebbe sfociare in un’opportunità lavorativa, sulla base dell’oramai celebre Protocollo di Torino, sancito a inizio luglio 2017 tra Prefettura locale e un centinaio di imprese della zona che prevede la concessione della protezione se la persona si trova a un buon livello di integrazione ed è già nota a realtà lavorative. “Noi siamo una di quelle realtà pronte ad assumere, per ora part time e per un periodo di sei mesi, almeno un paio di persone una volta ottenuto il permesso di soggiorno”, spiega Hutter. “Non si tratta solo di un lavoro di pulizia e decoro, è molto di più, perché ciò che stiamo facendo è parte di quell’economia circolare che può rilanciare una società in difficoltà, migliorando la qualità della vita attraverso la riduzione degli sprechi di cibo, materiali ed energia”.


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