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Giornalista e non vedente? No problem

di Antonietta Nembri

La storia di Maurizio Molinari addetto stampa del Parlamento Europeo in Italia. Laurea alla scuola interpreti, scuola di giornalismo a Urbino e un master a Liverpool. «La mia fortuna? Non essere entrato in Rai. Così ho lavorato tre anni alla Bbc»

Quando era alle elementari a chi gli chiedeva che cosa volesse fare da grande rispondeva: il telecronista o il radiocronista sportivo. Seguire il calcio da vicino, il sogno di tanti bambini. Oggi Maurizio Molinari è l’addetto stampa del Parlamento europeo in Italia, in fondo il suo sogno di intraprendere la carriera giornalistica si è avverato. Semplice? Non proprio, perché Molinari è un non vedente e arrivare a questo traguardo è stato tutt’altro che semplice.

Nato a Pescina in provincia dell’Aquila quasi 39 anni fa, è approdato a Roma all’età di sei mesi «ma non mi sento romano, Roma non l’ho l’ho mai sentita molto mia, certo ho qui degli amici, ma sono molto legato alla mia terra natale, alle origini della mia famiglia. Quando torno in Abruzzo che è la terra dove passavo le estati della mia infanzia è il momento in cui stacco dalla vita frenetica che vivo e ho vissuto negli anni». Parlando con lui è fin troppo facile dimenticare che Maurizio è un non vedente: le sue città elettive sono Forlì dove ha vissuto otto anni e Bruxelles dove di anni ne ha trascorsi sette e dove il suo lavoro lo porta con regolarità. La tesi di laurea l’ha scritta in Messico e il master l’ha fatto a Liverpool «ho girato parecchio», ammette.

Ma come ha fatto il bambino che sognava di fare il telecronista sportivo a diventare giornalista e addetto stampa del Parlamento europeo in Italia? «Dopo le elementari ho iniziato a sognare di fare lo psicologo e poi l’interprete, mi sono laureato infatti alla scuola interpreti di Forlì, ma mi sono reso conto che sì entravo in contatto con molte persone, mentre l’interprete è più attento alla forma che al contenuto e così ho iniziato a ritornare al mio sogno di bambino», racconta. I primi passi giornalistici con la rivista “Una città” e con il Corriere di Romagna, poi la scuola di giornalismo di Urbino. Arrivano gli stage all’Ansa a Bruxelles, alla Rai e all’Agi. «Io continuavo a cercare possibilità in Italia, Bruxelles è stato un caso», ricorda. «All’inizio volevo andare a Pechino a fare lo stage, però il fatto che fossi non vedente creava molte perplessità. Ho anche accarezzato l’idea di andare a Buenos Aires, ma alla fine ho scelto Bruxelles, avevo 29 anni e ho pensato che forse non dovevo più girare come una trottola. Dovevo fermarmi per i due mesi di stage e alla fine ci sono rimasto sette anni». Ha iniziato a lavorare come freelance, la sua conoscenza delle lingue lo ha favorito. Per migliorare e crescere arriva l’iscrizione a un master di radio giornalismo a Liverpool. E lì si aprono le porte della Bbc. «Ci sono rimasto tre anni mi occupavo di tutto dal calcio al programma radiofonico Outlook interviste che raccontano il mondo dal basso… è stata davvero una bellissima esperienza».

In Bbc la sua disabilità non è stata un ostacolo, «in Gran Bretagna, le pari opportunità sono vere, concrete. Anche alla Bbc. Mentre da noi non è così», spiega Molinari. «Quando ha fatto lo stage in Rai, ho incontrato persone fantastiche come il mio tutor ma guardandomi indietro devo ammettere che la mia fortuna è stata il fatto che alla Rai mi hanno detto di no. Per i non vedenti sono previsti posti da centralinisti, non da giornalisti e per trovare venti persone con disabilità si fa fatica».
Modelli di integrazione differenti? Mentalità diverse? Legislazione? «Basta fare due esempi: anche se la legge impone di fare delle cose, se io vado in metropolitana a Londra parlo con l’addetto al mezzanino e via radio comunica che prendo quella corsa su quel vagone e che scenderò a quella stazione: mi facilitano il percorso. In Italia te lo scordi e se vuoi prendere un treno e hai una disabilità motoria devi avvisare 24 ore prima…. Certo si va avanti lo stesso. Però avendo vissuto all’estero ti accorgi che è differente una società più abituata e progettata per l’integrazione dei disabili. Ma c’è un rovescio della medaglia….». E per Molinari si tratta del fatto che «i non vedenti in Gran Bretagna stanno molto di più tra di loro, vivono molto più una vita associativa». Due modelli di integrazione differenti «in Gran Bretagna sono molto assistenzialisti in senso positivo, se toccasse a me pensare a un modello penserei a favorire l’integrazione dando alle persone con disabilità la possibilità di partire dallo stesso livello. Partendo dal basso, non basta fare le categorie protette. Serve una cultura dal basso che fa sperimentare e mostri che tutto è possibile. Certo all’inizio le leggi servono, ma non bastano occorre una cultura».

E Molinari da questo punto di vista è un po’ un precursore. La sua disabilità non è stata un ostacolo «Al Parlamento europeo ho trovato un’apertura mentale incredibile, mi hanno dato un lavoro di responsabilità e sento di essere circondato da fiducia».

Una vita di corsa, su e giù da treni e aerei… «Ora che ho un bambino piccolo cerco di stare con la famiglia nei fine settimana. Adesso la mia compagna che è lettone e mio figlio che ha 2 anni e 8 mesi sono in Lettonia in vacanza al fresco. Non vedo l’ora di andare tutti insieme al mare in Portogallo».

Abbiamo iniziato la chiacchierata con Molinari raccontando del suo sogno di bambino di fare il telecronista sportivo. Oggi che sogno hai? «Quello di continuare a fare un lavoro che mi piaccia e avere sempre nuove sfide. Ho sempre avuto una famiglia che mi ha fatto sentire sempre libero e vorrei riuscire a fare lo stesso con mio figlio. Ma se parliamo di un sogno… mi piacerebbe riuscire ad andare nello spazio…». Maurizio Molinari non si smentisce… chi l’ha detto che una disabilità debba costringere sul pianeta terra. È solo un problema di logistica.


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