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#Covid19

Né la Sla, né il Coronovirus hanno fermato i nostri sogni

di Luca Cereda

Pippo, Luigi, Claudio. Sono alcuni nomi dei tanti malati che, seguiti dalla cooperativa La Meridiana, sono diventati scrittori e giornalisti grazie ai computer a comando oculare e oggi pubblicano la rivista “Scriveresistere”. Un esempio di come ogni crisi può anche rivelarsi un'occasione

«Non scappiamo da questo invisibile nemico. Scrivi, scrivi sempre, perché la scrittura è una potente arma», sostiene Pippo Musso.

Pippo era un asfaltatore nella vita prima della Sclerosi laterale amiotrofica (SLA) che oggi tiene in ostaggio il suo corpo ma non la sua mente. Oggi è uno scrittore. È sempre scrivendo che anche Luigi Picheca è andato oltre i margini che la SLA gli imponeva, prendendo anche il tesserino di giornalista.

Sono loro, oggi, ad invitarci a non scappare dall’invisibile nemico che stiamo affrontando, il coronavirus, «reagiamo stando fermi, accettiamo le “nostre prigioni” trasformandole nelle “nostre evasioni”», scrive Musso. Questo è ciò fa lui ogni giorno evadendo dal suo corpo, immobilizzato dalla malattia, attraverso la scrittura che è esistenza. E che è diventata una rivista: Scriveresistere.

Scrivere è esistere
Pippo e Luigi vivono insieme ad altre 60 persone a SLAncio, una residenza sanitaria gestita dalla cooperativa La Meridiana che ospita a Monza persone in stato vegetativo o con Sclerosi.

È lì che anche loro stanno vivendo, isolati e senza visite dall’esterno a parte il personale della struttura, la pandemia mondiale legata al virus SARS-CoV-2.

«In questo periodo tutti ci considerano gli isolati dell’isolamento. Io però vedo tante persone molto più sfortunate di me – scrive Claudio Messa, anche lui affetto da SLA -. Purtroppo non siamo capaci di vedere tutti i regali dati dall’abbondanza, perché siamo presi a lamentarci di quello che non ci arriva».

La SLA blocca infatti solo muscoli ma non spegne la mente. Una persona con la SLA è molto viva all’interno. «Per questo Scriveresistere non è solo una rivista che abbiamo pensato di produrre qui a SLAncio, è un luogo in cui la SLA non è la protagonista ma una compagna degli scrittori. È uno spazio in cui i redattori parlano a tutti del loro amore per la vita», racconta Lisa Sorrentino, psicologa e curatrice della rivista.

Scriveresistere, la rivista
Claudio Messa, Luigi Picheca e Pippo Musso: sono queste tre persone affette da SLA, il cuore pulsante della redazione di Scriveresistere, la prima rivista al mondo scritta con gli occhi da persone con la sclerosi.

In questo momento è uscito il terzo numero «che titola a grandi lettere “Attenzione”. Ma non al virus, ma all’umano, alla persona. Abbiamo voluto parlare di quanto sia importante ogni sguardo di attenzione che ci dedichiamo l’uno l’altro», spiega la curatrice.

Da questo giornale arrivano vere e proprie indicazioni per assaporare la vita anche nel momento storico che in Italia stiamo vivendo. Come stare fermi, come muoversi anche stando fermi. E questo viene raccontato e spiegato da persone che hanno imparato a vivere al ritmo dall’affanno cadenzato della macchina che respira per loro nella tracheotomia. Pippo Musso ci invita a «reagire stando fermi. Basta con le sceneggiate, reagiamo! Appendiamo un segno di pace con l’arcobaleno sui nostri balconi, e suoniamo, suoniamo tutti insieme».

L’importanza delle parole
Nel nostro immaginario le persone malate di SLA o con patologie neurovegetative vivono in un mondo oscuro dove regna il senso di inutilità per sé e per gli altri. «Si, la sofferenza è grande, pesante, a tratti disumana», spiega Roberto Mauri, presidente della cooperativa La Meridiana. Una sofferenza che investe anche i loro affetti. Un sofferenza da cui emerge l’esigenza di evadere, «e la scrittura è per loro un veicolo per realizzare ciò». La rivista Scriveresistere ha infatti lo scopo di mettere in comunicazione Claudio, Pippo e Luigi con il mondo.

«La scrittura – ritiene Pippo Musso – è pura energia che stuzzica i sentimenti nascosti, li fa riemergere, venire a galla, li tira fuori con tenero amore dal più profondo del tuo cuore. E poi puoi indossare le ali della fantasia e viaggiare per mari e per monti e fermarti dove più ti pare, libero». Eccola l’importanza delle parole.

Paole scritte, parole cantate, come quelle che ama ascoltare Claudio a cui piace la musica perché «mi invita a lasciarmi penetrare il cuore e la mente dalla poesia e dai messaggi che gli autori lanciano al mondo».

Quando la tecnologia avvicina
Chi ha SLA sa bene che si può stare immobili, chiusi in casa come in queste settimane di emergenza sanitaria, ed essere comunque in movimento. Nel compiere questa operazione, la tecnologia gioca un ruolo chiave. «I computer a comando oculare che usano i malati di SLA funzionano esattamente come dei normali tablet – spiega su Scriveresistere l’educatore Stefano Galbiati -. La differenza fondamentale è la modalità con la quale è possibile dare i comandi». Loro usano gli occhi. E così scrivono, evadono dal loro corpo. Così Pippo, Claudio e Luigi possono far sentir la loro voce attraverso questa tecnologia. In questi casi la tecnologia non isola ma avvicina, umanizza le relazioni.

Uomini che non hanno paura della vita
È un sorriso che si tramette con gli occhi, quello che arriva dai letti di Claudio, Pippo e Luigi, un sorriso che fissa arguto. A SLAncio il tempo senza visite a causa del virus, sembra scorrere in modo diverso, forse a causa di quel tonfo ansante che ogni manciata di secondi spinge l’aria nei polmoni e così scandisce giorni e notti, come un metronomo. Un ritmo rotto da Luigi Picheca, un collega. Collega, già: perché dal 2014, ha iniziato a scrivere per Il Dialogo di Monza, testata online dedicata alle buone notizie, e l’Ordine dei giornalisti gli ha consegnato la tessera di giornalista pubblicista. Nella vita precedente Luigi lavorava come chimico quella tessera è oggi il simbolo di un sogno e un’obiettivo che si è realizzato. La provocazione del bene e della speranza.


«Quando hai la SLA non sei più l’egoista di prima e ti godi la vita giorno per giorno senza rimpianti perché non hai nemmeno il tempo di pensare a quanto ti resta da vivere perché vivi e basta». È una vita dentro i margini del suo corpo quella di Luigi. Ma questo non gli impedisce di sognare, di evadere: «Se potessi esprimere un desiderio oggi chiederei di fare tutto per gli altri, per i miei figli, per la mia famiglia che si deve occupare anche di me, per i miei amici e per i malati di tutti i tipi che siano sereni come lo sono io. Io ho già tutto quello che mi serve».

Una lezione sulla vera essenza della vita. Un insegnamento che guarda anche all’oggi: «È questa l’occasione per tornare a parlare con i figli e con i genitori, fare qualcosa insieme ed esprimere sogni e talenti».


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