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Economia sociale

Pandora, quando il delivery è sociale (e cresce pure)

di Luca Cereda

Il delivery di Pandora aiuta il riscatto delle categorie fragili nella distribuzione di cibo grazie anche alle intuizioni che "sanno di futuro" della star up Streeteat che è stata acquisita dalla cooperativa sociale milanese

Il lato sociale, e quindi il più umano, del fare impresa non è solo “buono”, ma si espande pure. E cresce. Succede a Pandora, la cooperativa sociale impegnata a Milano nel reinserimento lavorativo di soggetti svantaggiati che incorpora nel suo modello di fare economia sociale, Streeteat. Si tratta di una startup specializzata nella food experience che dal 2015 consente di ordinare pasti in ufficio ma anche di condividere il cibo on the road, all’aperto, in una “casa” itinerante con cucina pensata per spettacoli ed eventi a tappe. Un’attrazione sociale ed economica tra le due realtà culminata con l’acquisizione da parte di Pandora dell’innovativo brand milanese, i cui servizi saranno d’ora in avanti presi in carico dalla onlus che impiega già oltre 70 lavoratori, perlopiù persone come ex tossicodipendenti, ex alcolisti, carcerati ed ex detenuti, e anche rifugiati politici, donne con fragilità, oppure persone disoccupate da tempo e, in tempi recenti, vittime della crisi provocata dalla pandemia.

Il modello dei “Locker” è sempre più social, e ora anche sociale

«L’acquisizione di Streeteat corrisponde alla nostra voglia di innovare, poter offrire alle persone svantaggiate un impiego e un impiego diverso rispetto ad altre organizzazioni, un lavoro che parla anche di futuro: dalla gestione degli ordini al trasporto del cibo su furgone, ma anche ruoli amministrativi» spiega così l’acquisizione il presidente di Pandora, Davide Damiano, che guarda alla cooperativa come manager orientando alla ricerca e allo sviluppo.

Così Streeteat si rilancia, “congelando” insieme alla cooperativa sociale Pandora, iil progetto Delò, locker refrigerato ideato con l’obiettivo di consegnare – con numerosi vantaggi – pasti agli uffici e alle attività convenzionate. Acquistando un pasto con Delò, quindi, si aiuterà a favorire il metodo di reinserimento lavorativo proprio della cooperativa, che anche grazie a Streeteat, amplierà le possibilità di garantire la crescita di posti di lavoro.

«Abbiamo sempre distribuito i nostri prodotti e le merci tramite locker, un modello in grande crescita, infatti ne fanno già ricorso i supermercati, le farmacie, colossi come Amazon – spiega Giuseppe Castronovo, ceo e fondatore di Streeteat –. Ma la nostra realtà ha dovuto fare i conti con lo smart working che ha svuotato le aziende, congelando in principio la nostra proposta. Una difficoltà che ci ha spinto alla ricerca di un partner disposto a rilanciarla una volta ripristinato il lavoro in presenza».

Cap

A raccogliere questa eredita e a usare questo modello per inserire lavoratori svantaggiati è la cooperativa sociale di tipo B Pandora, abituata a operare in settori tutt’altro che smart come pulizie, lavanderia, assemblaggio. Praticamente una rivoluzione dal basso. Pandora infatti reinserisce da anni soggetti svantaggiati nel mondo del lavoro, tra cui persone in carico a Sert, Noa e Cps, ma anche detenuti ed ex detenuti. Un impegno grazie al quale, ad oggi, la cooperativa ha aiutato oltre 200 persone a trovare lavoro. «In dieci anni di attività abbiamo aiutato tantissime persone a rientrare nel mondo del lavoro, 100 solo lo scorso anno. Al momento, la nostra cooperativa è composta per il 70% da persone svantaggiate, numeri importanti che ci rendono orgogliosi e ci fanno capire che stiamo andando nella giusta direzione», sottolinea Davide Damiano. Anche per continuare in questa direzione Pandora rilancia, acquisendo un secondo progetto gestito da Streeteat: Hom. Si tratta di una casa itinerante trasformabile che abbraccia i principi della Eatlosophy, un innovativo modo per condividere innovazione, arte e cultura, cibo e musica esplorando un territorio senza perdere mai il calore di sentirsi a casa.

Lambrate, laboratorio di futuro e socialità

Pandora da anni rappresenta un modello virtuoso: i lavoratori, segnalati da agenzie di lavoro o pervenuti da candidature spontanee, vengono segnalati da enti, cooperative e fondazioni e vengono scelti a seguito di colloqui conoscitivi fatti da un team competente della cooperativa. Le persone sono poi seguite nel percorso di inserimento lavorativo direttamente dal personale della cooperativa. Un percorso da strutturare ma già in fase di sperimentazione nel quartiere milanese di Lambrate, dove Fondazione Eris, una realtà che cura le dipendenze da alcol, droga e gioco d’azzardo e che opera in sinergia con Pandora, userà i 48 armadietti-locker messi a disposizione della comunità. «L’obiettivo è diventare ancora più sociali, per esempio a livello di logistica, magari individuando altre cooperative attrezzate per la preparazione del menu – conclude Castronovo –, perché stiamo avvertendo un certo entusiasmo da parte delle aziende, future clienti, di fronte al nostro modello». E se qualche datore di lavoro lungimirante e “illuminato” decidesse di pagare il pasto ai dipendenti, ecco che il locker diventerebbe un appetitoso benefit. Che ha anche la bontà del progetto sociale alle spalle.


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