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9. La questione risorse. La rivoluzione sarà fiscale o non sarà

Archiviata l’ipotesi de-tax, che pur rappresentava una novità culturale, resta aperta la grande questione, fondamentale per il futuro di tutti (di Giorgio Vittadini e Luca Antonini) .

di Giorgio Vittadini

Le implicazioni del principio di sussidiarietà non si limitano al solo ambito sociale, sono invece fondamentali anche per la revisione dello stesso modello economico. Come ha recentemente ribadito Quadrio Curzio, è questo principio che potrebbe permettere all?Italia e all?Unione di entrare nel XXI secolo lasciandosi alle spalle le contraddizioni e i fallimenti dei modelli del secolo precedente e prefigurare un modello in grado di sostenere la sfida della globalizzazione. Secondo Quadrio Curzio, nell?applicazione della sussidiarietà potrebbe essere vista la possibilità di definire un nuovo equilibrio tra istituzioni, mercato e società. Né la socialdemocrazia tedesca, né il nazionaldirigismo francese, né l?angloliberismo tatcheriano esprimono, infatti, in modo compiuto la specificità italiana di vivere l?economico e il sociale. Attualizzato da questo punto di vista, il principio di sussidiarietà sarebbe recuperato secondo tutta la sua potenzialità. Spesso, infatti, quando si parla di Welfare ci si riferisce solo alla distribuzione e all?economia etica, al commercio equo e solidale, in una logica antitetica a quella della produzione, scivolando poi in un manicheismo luddista che porta a soluzioni come la Tobin tax. Una corretta applicazione del principio di sussidiarietà permette, invece, di recuperare quella unitarietà del sociale e dell?economico che è tipica della tradizione italiana, rimettendo al centro, in entrambi gli àmbiti, la ?genialità creatrice? delle persone. In questo modo si rivaluta la capacità della persona di produrre valore aggiunto tramite la propria iniziativa imprenditoriale. Da questo punto di vista, l?applicazione della sussidiarietà in ambito economico implica far crescere le imprese e coordinare distretti, laboratori, reti, per uno sviluppo progettato che è anche sociale, ma non assistenziale. Un sistema d?interventi fondato sulla valorizzazione e l?interazione tra distretti, laboratori e reti potrebbe innalzare in pochi anni il tasso di crescita del Pil. Valorizzare i distretti significa, infatti, rafforzare quel sistema di piccole e medie imprese che ha sostenuto l?economia italiana negli ultimi 20 anni, generando un surplus di commercio estero senza il quale saremmo crollati. Essi hanno innovato, caratterizzando quel made in Italy che vale nei mercati mondiali. Oggi queste realtà si trovano a fronteggiare l?aggressione mercantile dell?Asia e della Cina, con prezzi stracciati da dumping valutario e sociale, nonché da falsificazioni. Un modello di sviluppo basato sulla sussidiarietà implica anche investimenti in laboratori (e quindi in ricerca e sviluppo) e in reti: occorre investire sia nelle attrezzature del territorio che facilitano le localizzazioni, sia nelle infrastrutture immateriali come la formazione. Altrimenti le imprese italiane vanno nell?Est Europa e in aree extraeuropee. La perdita di capitale economico e imprenditoriale è preoccupante pur senza nostalgie protezioniste. Un interessante segnale, probabilmente anticipatore di novità in questa direzione, è stato previsto sul piano fiscale dalla legge n. 80/2003. La legge delega per la riforma fiscale ha infatti previsto, fra le altre innovazioni, l?introduzione di un singolare istituto fiscale: la de-tax, che consentirà di escludere dall?imposizione, sia diretta che indiretta, lo sconto etico concesso dal venditore al consumatore finale. Se il venditore, quindi, destinerà a finalità etiche uno sconto virtuale accordato al consumatore finale, lo Stato rinuncerà alla sua pretesa impositiva su tale importo, escludendolo dalla base imponibile dell?Iva e delle altre imposizioni a carico del soggetto passivo. Il modello de-tax rappresenta per ora soprattutto una novità culturale per l?ordinamento tributario italiano. Da diversi punti di vista, nella de-tax l?impostazione statalistica del rapporto tributario è superata a favore di una forma di concorso alla spesa pubblica basata sulla libera scelta del cittadino e sul ruolo pubblico di certi servizi e attività svolte dai privati. Il riconoscimento che l?obbligo del concorso alla spesa pubblica possa, in alcuni casi e sotto il controllo statale, essere assolto in una forma alternativa a quella tradizionale (burocratico-impositiva) valorizza il ruolo che l?iniziativa economica privata può svolgere nel perseguimento di quei fini che, in assenza dell?iniziativa privata, sarebbero comunque a carico dell?ente pubblico. La diretta destinazione di risorse a finalità di interesse pubblico costituisce il presupposto che legittima, dal punto di vista costituzionale, la rinuncia alla pretesa impositiva dello Stato, nel riconoscimento che l?assolvimento del dovere di concorrere alla spesa pubblica avviene sulla base della diretta destinazione. Un presupposto di costituzionalità che trova conferma nel nuovo art. 118 della Costituzione. La novità culturale della de-tax è quindi nella sua immanenza al principio di sussidiarietà. La spinta verso l?essenzializzazione delle funzioni statali e la conseguente crisi del modello tradizionale di Welfare indotte dal processo di globalizzazione rendono improbabile il successo delle operazioni di mero ?maquillage?. L?efficace garanzia dei diritti sociali richiede oggi l?impegno verso una nuova progettualità, con idee moderne che sappiano valorizzare le risorse antiche della cittadinanza attiva. Queste risorse, infatti, nella crisi del Welfare State, rivestono un ruolo fondamentale per la garanzia della coesione sociale. Si tratta, peraltro, di un ruolo che, proprio nel contesto della globalizzazione, è in forte espansione. Negli ultimi anni sono sorte migliaia di ong (organizzazioni non governative), non più viste solo come fornitrici di servizi ma come protagoniste attive della politica pubblica. Mentre nel 1968 a livello dell?Onu solo 377 ong erano accolte come consulenti, oggi se ne contano quasi 2mila. Mentre nel 1990 le ong rientravano nel 12% dei progetti della Banca mondiale, oggi rientrano nel 50%. Eppure nel sistema fiscale italiano le misure di agevolazione al settore non profit sono lontane dai regimi di altri Paesi. Ad esempio, il regime della Großspenden (grandi donazioni) del sistema fiscale tedesco e quello delle agevolazioni ai Charitable Trusts della Gran Bretagna fanno impallidire i ridicoli limiti posti, in Italia, dal Testo unico sulle imposte dei redditi alle erogazioni liberali agli enti non profit. La de-tax, prevedendo l?esclusione dall?imposizione anche diretta dello sconto etico permetterà probabilmente di superare il limite del Testo unico alla deducibilità delle erogazioni liberali. Il minor gettito sarà ampiamente compensato. La sussidiarietà non è un principio di graziosa concessione, ma metodo di sviluppo che consente di valorizzare risorse ad alta resa, sia sociale che economica. Un esempio per chiarire: la Fondazione Banco Alimentare, impegnata nel recupero delle eccedenze alimentari, nel 2003 ha mobilitato quasi 44.800 tonnellate di generi alimentari, per un valore di circa 112 milioni di euro a fronte di una spesa di organizzazione di poco superiore a soli 6 milioni. Un?ottimizzazione dei fattori della produzione che merita, anche solo sotto il profilo economico, di essere considerata.

Giorgio Vittadini e Luca Antonini


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