Minori

Disagio giovanile, la vera cura è la prevenzione (e fa anche risparmiare)

In Lombardia vive il 21% dei minori accolti in servizi residenziali ed è presente il maggior numero di studenti con cittadinanza non italiana, con una dispersione scolastica che inizia già a 4 anni.  I dati sono stati presentati in un seminario organizzato dalla cooperativa sociale Società Dolce a Busto Arsizio dove dove è nata un'alleanza fra enti locali, Terzo settore e scuole

di Silvia Vicchi

Nel 2024 il 23% della popolazione era a rischio povertà ed esclusione sociale, dato che sale al 34,8% nelle famiglie con 3 minori. Un indigente su 4 ha meno di 18 anni, il 14% è in povertà assoluta, il 16,2% vive in abitazioni non idonee e il 45% in condizioni di sovraffollamento. Famiglie monogenitoriali, numero di figli, cittadinanza straniera, crisi economica, povertà, il Covid: i giovanissimi vivono il disagio ed esprimono il malessere con rabbia, ansia, frustrazione, isolamento.

In Lombardia vive il 21% dei minori accolti in servizi residenziali ed è presente il maggior numero di studenti con cittadinanza non italiana, con una dispersione scolastica che inizia già a 4 anni.  I dati sono stati presentati al seminario Dal presente al futuro. Educare per crescere, organizzato da Società Dolce a Busto Arsizio (Va), dove gli enti locali sono scesi in campo per contrastare il disagio giovanile:« Sono nove i progetti da noi avviati con 70 comuni, 21 enti del Terzo settore, 10 istituti comprensivi e cinque scuole secondarie di secondo grado», spiega Enrico Antonio Tallarita, direttore sociosanitario Ats Insubria «e in un anno sono stati intercettati 1.460 giovani. Lo sport si è rivelato importante per la prevenzione e il recupero». Massimo Fogliani, dirigente dei servizi sociali di Busto Arsizio aggiunge: «Il Comune in tre anni ha incremento la spesa per il disagio giovanile del 20,57%, da 2.513.000 euro a 3.030.000 euro. Nel 2024 la spesa per le strutture residenziali e diurne per minori ha rappresentato il 26,04% del totale per i servizi sociali, con 551 minori in carico». 

«Dal 2010», dice Caterina Segata (nella foto qui sopra), responsabile Area educativa della cooperativa, «la crisi economica ha impattato fortemente sui finanziamenti ai servizi, ma la prevenzione è la soluzione e l’investimento più efficace. Servono un’integrazione socio sanitaria educativa e gli accompagnamenti, perché molti non riescono a raggiungere le opportunità del territorio». Eppure le iscrizioni del Centro educativo diurno — Ced “L’Abbraccio” di Busto Arsizio, che accoglie minori nel dopo scuola, hanno subito un calo importante: «Il bisogno purtroppo c’è, ma su 35 posti», interviene  Serena Penna, coordinatrice responsabile «abbiamo solo 21 ragazzi perlopiù di medie e superiori, quindi con stili comportamentali e di pensiero già interiorizzati e una relazione con l’educatore compromessa dalla sfiducia nell’adulto tipica dell’età. Bisogna intervenire prima, tra i 6 e gli 11 anni». È anche questione di fondi, come spiega Antonio Maturo, sociologo: «Nelle scuole crescono le disabilità intellettive e dell’apprendimento, con un acceso dibattito su quanto il disturbo dell’attenzione sia “cerebrale” o “sociale” e di fronte ad una contrazione delle nascite. Per decenni le politiche sociali del nostro Paese hanno investito più sulle pensioni e meno sui servizi per famiglie povere con minori, che sono oltre il doppio degli anziani. Lungi dal volere auspicare un conflitto generazionale, oggi è quasi meglio avere i bisnonni in casa, che i figli».

In foto in apertura: Le attività del Centro educatiovo diurno “L’abbraccio” di Busto Arsizio (Va)

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