I costi della cura

Non usare i farmaci generici? Ci costa un miliardo all’anno

di Francesco Dente e Matteo Riva

È esattamente di 1.034 milioni di euro il costo aggiuntivo pagato di tasca propria nel 2024 dai cittadini per acquistare i farmaci di marca, più costosi, invece che i prodotti equivalenti, meno cari, interamente rimborsati dal Servizio sanitario nazionale. Un fenomeno che pagano soprattutto le fasce di popolazione più povere

Non ci sono solo i misteri della fede. Esistono anche quelli della scienza. Che in questo caso sono al tempo stesso dell’economia. Il mistero dei farmaci equivalenti, le medicine non più protette dal brevetto, perché ormai scaduto, che sono prodotte da altre aziende e vendute a un costo più basso. Non pochi italiani continuano a preferire i farmaci di marca più cari ai cosiddetti “generici”. Nonostante questi ultimi abbiano, appunto, il prezzo inferiore e lo stesso principio attivo, forma farmaceutica, via di somministrazione, modalità di rilascio, dosaggio, numero di unità posologiche e dosi unitarie uguali ai farmaci griffati ma senza più copertura brevettuale, come spiega sul suo sito l’Agenzia italiana del Farmaco – Aifa. Un paradosso nel paradosso, se si considera che va a penalizzare le fasce più svantaggiate, pensiamo agli anziani, e i territori più deboli. Le medicine equivalenti continuano a essere privilegiate al Nord (40,4% per le confezioni vendute e 34,4% in termini di valore economico), rispetto al Centro (29,5% per unità e 26,9% per valore economico) e al Sud (24,3% per unità e 22,1% per valore economico). Il fenomeno rischia, soprattutto, di aggravare la scarsa aderenza alle terapie, un problema determinato fra l’altro proprio dal costo dei farmaci. Quanto è esteso, quanto pesa sulle tasche dei malati, quali categorie terapeutiche interessa? Questo approfondimento prova a spiegarlo sulla base dei numeri contenuti nel rapporto “Il mercato italiano dei farmaci generici – equivalenti” anno 2024 elaborato da Egualia, la rete delle industrie dei farmaci accessibili, su dati Iqvia. VITA ha chiesto lumi a Valeria Fava, responsabile del coordinamento politiche della salute di Cittadinanzattiva.

Il differenziale versato dai cittadini supera 1 miliardo 

Poco più di 1 miliardo. È di 1.034 milioni di euro, per la precisione, il differenziale di prezzo pagato di tasca propria nel 2024 dai cittadini per ritirare i farmaci di marca, più costosi, invece che i prodotti equivalenti, meno cari, interamente rimborsati dal Servizio sanitario nazionale-Ssn. L’incidenza maggiore a livello regionale si registra in Lazio (16,3% della spesa regionale Ssn -Servizio sanitario nazionale, nel canale retail, cioè in farmacia) e nel Molise (15,8%). Quella più bassa si registra invece in Lombardia: qui il differenziale versato dai cittadini raggiunge il 10,5% della spesa regionale rimborsata dal Ssn in farmacia. «Sono soldi che il cittadino potrebbe utilizzare per altre necessità.  Magari pensa che siano solo uno o due euro in più ma in alcuni casi la differenza è più marcata. Se moltiplicata nel tempo e per tante persone raggiunge cifre importanti», fa notare Fava.

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