Sardegna
Il Cammino minerario di Santa Barbara ora è più accessibile ai trapiantati
Il primo chilometro dei 500 che compongono il suggestivo percorso tra Sulcis Iglesiente e Medio Campidano diventa più fruibile grazie al progetto "Trapiantati in Cammino", un'iniziativa della fondazione "Cammino minerario di Santa Barbara" in collaborazione con l’associazione sarda trapiantati “Vita Nuova”, la diocesi e il Comune di Iglesias. I benefici dell'attività motoria per le persone sottoposte a trapianto (in Sardegna se ne contano circa 1.500) sono più evidenti rispetto a chi gode di ottima salute

la fondazione Cammino minerario di Santa Barbara – Cmsb ha portato a termine la prima parte di un progetto, “Trapiantati in Cammino”, che aveva messo radici alcuni anni fa, su proposta di due trapiantati speciali: Giampiero Pinna (fondatore del Parco Geominerario della Sardegna) e Giampiero Maccioni (fondatore dell’Associazione sarda trapiantati “Vita Nuova” Odv), entrambi deceduti in tempi recenti: il primo nel 2022, il secondo nel 2024.

«L’obiettivo principale del progetto “Trapiantati in Cammino” è quello di stimolare i cittadini più sedentari, oltre a quelli che hanno subito un trapianto, a praticare l’attività fisica lungo una piccola porzione del Cammino minerario di Santa Barbara che, essendo già esistente e percorso dai pellegrini e dagli escursionisti, ben si propone come infrastruttura di appoggio alla realizzazione dell’iniziativa: un’occasione concreta di prevenzione e benessere, in un contesto naturale e storico di grande valore», sottolinea Mauro Usai, presidente della fondazione Cmsb. «Il progetto, inoltre, si candida a essere replicato anche in altre comunità lungo il Cammino».
Per riuscire nell’intento, nei giorni scorsi è stata inaugurata la prima porzione del Cammino minerario di Santa Barbara: un chilometro dei complessivi 500 che si snodano in 30 tappe tra il Sulcis Iglesiente e il Medio Campidano (con partenza e rientro a Iglesias). Analoga iniziativa sarà dedicata in altri tredici segmenti del Cammino, in modo da proporre ai pellegrini/escursionisti con fragilità dei percorsi accessibili sotto tutti i punti di vista in un contesto naturale e storico di grande pregio.

La prima tappa si sviluppa in una fascia semi-pianeggiante tra le colline del colle del Buon Cammino e Monte Cresia, a Iglesias, a un’altitudine che varia tra i 300 e i 350 metri sul livello del mare. La Fondazione Cmsb ha installato cartelli esplicativi e realizzato aree di sosta, panchine in legno e un punto panoramico attrezzato, sulla sommità di Monte Cresia, per valorizzare il paesaggio e incentivare la pratica favorendo l’autogestione del ritmo di camminata, con l’intento di migliorare la salute fisica e le relazioni sociali dei partecipanti.
Si dà, dunque, attuazione del protocollo di intesa sottoscritto il primo maggio 2021 tra il Centro nazionale trapianti, il Centro regionale trapianti, la Fondazione Cmsb, l’Associazione sarda trapianti “Vita Nuova”, la diocesi e il Comune di Iglesias, finalizzando un’iniziativa concreta a favore della pratica del cammino lento da parte dei trapiantati e di tutti i cittadini che intendono svolgere attività fisica come occasione per migliorare la loro condizioni fisiche e le loro relazioni sociali. L’allestimento del percorso, con piccoli interventi volti essenzialmente a infrastrutture di una piccola porzione del Cammino tramite elementi di arredo (i cartelli) e altri interventi, è stato realizzato creando un modello ripetibile e virtuoso nelle altre comunità interessate dal passaggio del Cammino minerario di Santa Barbara. Confermando, peraltro, la propensione all’inclusione sociale mostrata in passato con una serie di accorgimenti pensati per le persone cieche o ipovedenti ma anche per tutti coloro che hanno difficoltà di deambulazione.

Il cammino, dunque, diventa sempre più inclusivo e attento ai bisogni di salute delle comunità locali ma anche dei tanti turisti che giungono dalla penisola e dall’estero per fare questa esperienza, magari solo in una parte dell’intero circuito. «La pandemia aveva frenato l’iniziativa, ma ora il Comune ha creato i presupposti per rendere fruibile l’infrastruttura a tutte le persone con fragilità», commenta Giuseppina Lorenzoni, presidente dell’Associazione sarda trapianti “Vita Nuova”, un’organizzazione di volontariato dedicata alla memoria del cardiochirurgo Alessandro Ricchi, deceduto in un disastro aereo nel 2004 con alcuni componenti del suo team, durante il trasporto di un cuore da trapiantare. «Dispiace che, nel frattempo, siano venuti a mancare proprio i promotori del progetto. Siamo rimasti orfani di entrambi ma non delle loro idee che, per fortuna, continuano ad avere vita. Di solito la nostra associazione fa molta informazione e divulgazione, anche nelle scuole, sull’importanza dei trapianti e della donazione degli organi. Qui, invece, agiamo sul piano della prevenzione. Nel 1998 siamo nati per affiancare i familiari dei donatori e delle persone che entravano in lista d’attesa. Ho vissuto sulla mia pelle, perché mio padre è stato trapiantato di cuore, quanto sia difficile dire a una persona che può sottoporsi a una terapia ma aspettare la morte di qualcuno, che poi diventa il donatore che ti salva la vita. I riflessi psicologici sono enormi, a volte distruggono il paziente. Ecco perché abbiamo sempre promosso i corsi di formazione psico-pedagogica che poi sono stati istituzionalizzati».

I cartelli posizionati lungo il primo chilometro della tappa Buon Cammino-Monte Cresia forniscono le istruzioni necessarie per autogestire il ritmo di camminata personale sulla base dei tempi di percorrenza e le sensazioni fisiche di ogni singolo soggetto, le quali rispondono essenzialmente allo stato di fatica percepito. Questi cartelli, dunque, sono funzionali alla gestione del ritmo di camminata: disposti a 250-300 metri di distanza l’uno dall’altro, partono da una bacheca esplicativa posta all’inizio del percorso. Altre due bacheche descrivono, inoltre, la vista che si può ammirare da quel punto sopraelevato rispetto al contesto, creando un valore di premialità per coloro che sono arrivati alla fine della passeggiata. In considerazione del target di persone a cui è rivolto il progetto, in particolare coloro che hanno patologie anche gravi, sono state realizzate due sedute e posizionate alcune panche all’ombra delle querce da sughero.
Ecco perché, grazie alla consulenza di specialisti in campo sanitario, il progetto si rivolge ai trapiantati ma ben si adatta a quanti vogliano mantenersi sani e in forma con la pratica del cammino lento. Il tratto così organizzato risulta di facile e comoda percorrenza e, con poche opere di infrastrutturazione e sistemazione, è facilmente replicabile nei tratti pianeggianti che non mancano lungo i 500 km.

L’iniziativa è stata salutata con favore anche da altre realtà del Terzo settore. «Plaudiamo a questo progetto In Sardegna perché è un valore aggiunto per una persona trapiantata», commenta Bruno Denotti, presidente dell’Associazione sarda nefropatici trapiantati emodializzati – Asnet. «In Sardegna ci sono circa 1.500 trapiantati: la stragrande maggioranza di rene, poi contiamo 500 trapianti di fegato e alcuni di cuore. La media annuale è di un’ottantina di interventi. Le persone potenzialmente interessate non mancano, e l’attività fisica è per loro fondamentale. Fare movimento aiuta tantissimo a tenere in salute l’organo più a lungo, consente di ridurre i farmaci anti-rigetto, permette di tenere sotto controllo la pressione e il diabete che è una delle possibili conseguenze di un trapianto. Senza contare la crescita dell’autostima di un paziente da parte di chi sente rigenerare la vita. Ci sono tanti aspetti positivi, anche se non dobbiamo dimenticare che ci sono trapiantati che gareggiano nella maratona o in competizione natatorie molto impegnative. Complimenti ai promotori dell’iniziativa, dunque».

Una testimonianza speciale arriva da un componente della Nazionale italiana trapiantati. Il 47enne Enrico Pitzalis, da 17 anni trapiantato di rene, ha praticato sport agonistico sin da bambino. Ora è un tennista che vanta la partecipazione ai Mondiali ed Europei per trapiantati, che si svolgono ogni due anni. «La pratica sportiva, qualsiasi essa sia, dopo il trapianto è molto importante. Direi fondamentale, sia dal punto di vista fisico sia da quello mentale e sociale», sottolinea. «Oltre che farmi star bene, praticare sport è il modo per essere riconoscente nei confronti del mio donatore e dei suoi familiari per il grande dono ricevuto. Ragion per cui, a mio parere, ogni Centro trapianti regionale dovrebbe incentivare e supportare i trapiantati a praticare sport anche se non necessariamente a livello agonistico. Nel 2021, partito da Portoscuso e arrivato a Carloforte, ho fatto in bici la tappa del Cammino minerario di Santa Barbara. Spero di poter riprendere quel percorso e ultimarlo tutto. Nel frattempo, lodo questa iniziativa e mi auguro che ne stimoli altre simili, su iniziativa di privati o anche di enti pubblici».
Credits: foto Fondazione Cmsb
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