Giovani
Scuola, diminuisce la dispersione esplicita, ma cresce quella l’implicita. E il Sud resta indietro
Rapporto Invalsi: sempre più studenti restano a scuola fino al diploma, ma spesso con competenze molto inadeguate, soprattutto nelle regioni meridionali. Il presidente Roberto Ricci: «Diminuendo gli abbandoni, aumenta la complessità della popolazione scolastica. Bisogna costruire equità nella qualità e sostenere tanto le eccellenze quanto le fragilità»

«In Italia registriamo un forte e costante calo della dispersione scolastica: possiamo ritenere che il traguardo europeo sia alla portata del nostro Paese»: la buona notizia è stata recapitata da Roberto Ricci, presidente di Invalsi, durante la presentazione del Rapporto 2025, oggi pomeriggio presso la Camera dei deputati. «Sempre meno giovani lasciano la scuola anzitempo» ha detto. «Non abbiamo ancora centrato il traguardo Ue del 9%, ma ci siamo molto vicini».
Gli ultimi dati Eurostat sugli Elet, acronimo di Early Leavers from Education and Training (in italiano, giovani che abbandonano prematuramente l’istruzione e la formazione) hanno registrato, un tasso di abbandoni precoci del 9,8% nel nostro Paese. «E possiamo stimare che, considerando solo la fascia più giovane (18-20 anni), nel 2025 il tasso si abbasserà fino all’8,3%, raggiungendo quindi il traguardo europeo» ha detto ancora Ricci. «Sono risultati molto positivi per il nostro Paese, dall’enorme valenza sociale ed economica, perché correlati con una serie di fattori che implicano una maggiore partecipazione alla vita della società».
Fin qui, la buona notizia, cui si aggiunge, però, quella meno buona, o meglio quella che Ricci definisce «la nuova sfida: visto che la popolazione che stiamo mantenendo nella scuola è sì più ampia, essa è anche decisamente più complessa e fragile dal punto di vista di apprendimenti. Corrisponde infatti a quella fascia di popolazione scolastica che prima era esposta all’abbandono. Con una doppia ricaduta, da un lato sulla dispersione scolastica implicita, dall’altra sui valori medi degli esiti». Dopo un 2024 molto positivo, infatti, la dispersione implicita nel 2025 è leggermente aumentata e, con essa, il numero di studenti che escono con un diploma, ma con competenze di base fragili.
C’è poi un altro aspetto critico, che viene messo in luce in questo, come nei precedenti rapporti: «La cartina dell’Italia ci mostra realtà geografiche molto diverse con risultati positivi concentrati a nord. Va notato però che il sud si sta differenziando, con regioni come l’Abruzzo e il Molise che presentano esiti molto più simili al Centro», osserva Ricci.
In generale, quindi, ridurre la dispersione scolastica è certamente un risultato positivo, che però ha un impatto, in Italia come in tutti i Paesi Ocse, in termini di decrescita delle competenze e degli apprendimenti medi.
«Servono quindi azioni che raggiungano le singole scuole, le singole classi, i singoli studenti» ha detto ancora Ricci. «Le azioni finanziate dal Pnrr per sostenere le scuole stanno avendo i loro effetti positivi, che il Rapporto misura ed espone. La disponibilità di dati granulari, come quelli che presentiamo, consente con maggiore facilità di adottare politiche di questo tipo, che altrimenti sarebbe difficile calibrare solo sulla base di dati generali».
I dati: dispersione esplicita e sue “ricadute”
Passando ai numeri, le prove Invalsi hanno coinvolto 11.486 istituti scolastici, per un totale di circa 2.555.000 studenti. Le classi coinvolte sono la II primaria, la V primaria , la III secondaria di primo grado, la II secondaria di secondo grado e l’ultimo anno di secondaria di secondo grado.
Per quanto riguarda in particolare la dispersione scolastica esplicita, come si diceva, l’andamento ha avuto e sta avendo un’evoluzione molto positiva. Il traguardo fissato dal Pnrr (10,2% entro il 2026) risulta ampiamente raggiunto, mentre quello europeo (9%) sembra alla portata del Paese, in considerazione della tendenza degli ultimi 20 anni e delle stime di Invalsi, possibili grazie all’integrazione con dati del ministero dell’Istruzione e di Istat.
La diminuzione della dispersione scolastica, come ha evidenziato Ricci, ha un impatto sulla dispersione implicita: in termini numerici, dal 2019 al 2024 si è passati, come media nazionale, da 7,5% a 8,7%, con un aumento particolare nell’ultimo anno (nel 2023 il tasso era 6,6%).
La situazione peggiora al Sud, dove il tasso di dispersione implicita arriva a 14,1%, a fronte del 3,6% delle regioni del Nord est. L’altro impatto è sulle cosiddette eccellenze, la cui percentuale è scesa dal 18,3% del 2019 al 12,3% del 2024. Il calo è particolarmente visibile nelle regioni del Nord ovest, dove si è passati dal 27,6% del 2019 al 17,5% del 2024.
Le competenze e le differenze, grado per grado
Passiamo ora ad analizzare i dati sulle competenze misurate dai test Invalsi nei diversi ordini e gradi e relativamente alle diverse materie, evidenziando quelli più significativi.
Nella scuola primaria (gradi 2 e 5), si nota come «la complessità della popolazione, correlata con la diminuzione della dispersione esplicita, ha un peso rilevante fin dalla prima alfabetizzazione – ha osservato Ricci – con un impatto particolare del background migratorio». Ricordiamo che, in questi gradi, non viene misurato il background economico-sociale. «Nelle regioni in cui la presenza di popolazione di origine straniera è forte, questo pesa maggiormente», fa notare Ricci, «ma lo svantaggio si riduce nel grado 5 rispetto al 2, dimostrando l’effetto di compensazione e mitigazione svolto dalla scuola».
Per quanto riguarda l’Italiano, rispetto al 2019 si osserva un calo nei risultati medi di circa il 2-3%. E si notano, soprattutto, importanti differenze, su cui pesano in particolare il background migratorio (-17,3% per la seconda generazione, – 19,5% per la prima generazione, in riferimento all’Italiano in seconda elementare) e l’area geografica (- 5% nel Sud e nelle isole). All’ultimo anno della primaria, sempre in riferimento all’Italiano, il background migratorio e sociale conferma e aumenta il proprio impatto.
Per quanto riguarda la Matematica, ancora di più che per la prova d’Italiano si osserva che i divari territoriali sono importanti e a sfavore del Sud e Isole (-7,3%), come pure pesa il background migratorio (-12,4% per le prime generazioni, – 13,1% per le seconde). Molto preoccupanti gli esiti medi di alcune regioni del Mezzogiorno, in particolare della Sardegna dove si riscontrano risultati medi di oltre 20 punti inferiori alle regioni del Centro-Nord.
Nella scuola secondaria di primo grado (grado 8), troviamo innanzitutto una buona notizia: si conferma l’ottimo andamento degli esiti di Inglese, con il 9% di studenti che, rispetto al 2018, raggiungono raggiungono il prescritto livello A2 nella lettura e addirittura il 16% in più nell’ascolto.
In Italiano, si riscontra invece «un lento indebolimento degli esiti medi, correlato con l’ampliamento e lo spostamento della popolazione», osserva Ricci. «Bisogna quindi impegnarsi per attenuare questo calo». Quello che maggiormente preoccupa, però, è che «di fatto vediamo due Italie, in particolare per quanto riguarda i punteggi più bassi e quelli più alti. Mentre i livelli 2 e 3 non sono molto diversi, questi si differenziano molto nei livelli di eccellenza (5) e di grave inadeguatezza (1). In particolare,Calabria, Sicilia, Sardegna e in parte Campania presentano risultati molto fragili, con quote elevate di allievi in condizioni di fragilità».
Lo mostra bene la figura di seguito, tratta dal Rapporto.
C’è poi il tema della «equità dentro la qualità, che dobbiamo mettere a fuoco», osserva Ricci. «Si hanno qualità e quindi inclusione quando abbiamo buoni risultati in buona parte della popolazione, ovvero in presenza di punteggi medi alti e poche differenze nei punteggi degli studenti».
Questa condizione viene soddisfatta solo dalla Val d’Aosta, mentre le situazioni peggiori riguardano la Sardegna – con punteggi bassi ma non polarizzati – e la Sicilia, con esiti bassi e polarizzati (ovvero pochi studenti molto bravi e tanto molto fragili).
Per quanto riguarda la Matematica, i divari sono ancora più forti. «Questo deve farci riflettere» commenta Ricci «perché certamente indica un tema da approfondire rispetto a insegnamento e apprendimento di questa materia. Le differenze territoriali si acutizzano, con Calabria, Sicilia, Sardegna e Campania che hanno una quota di studenti fragili (livello 1) intorno al 60%: un dato molto preoccupante», osserva ancora Ricci. «E in termini di equità, qui la sfida è ancora più grande, con una polarizzazione importante su cui bisogna lavorare in senso opportuno».

In conclusione, a fronte della positiva diminuzione della dispersione scolastica esplicita, «a fine primo ciclo abbiamo il 30% circa degli allievi in condizione di fragilità» fa notare Ricci. «Occorre quindi concentrare gli sforzi, con interventi granulari che già stanno dando buoni risultati. Con la sola eccezione della Sicilia, le scuole del primo ciclo raggiunte dal programma Agenda Sud si sono giovate considerevolmente dell’iniziativa, in particolare Campania e Puglia».
Nella scuola secondaria di secondo grado (classi II e V), una buona notizia riguarda le competenze digitali, che vengono misurate per la prima volta attraverso l’esito di prove. In generale, gli studenti e le studentesse raggiungono buoni risultati al termine del grado 10 (secondo anno), con livelli intermedi e avanzati. «I risultati osservati sono in linea con quello che ci si dovrebbe attendere al termine dell’obbligo di istruzione», ha affermato Ricci.
Le buone notizie, però, finiscono qui, sempre al netto del generale contesto positivo di una dispersione scolastica esplicita in calo: si confermano differenze territoriali importanti e poca equità. Nella seconda classe, in Italiano, a fronte di circa un 62% di studenti che mostrano competenze almeno adeguate a livello nazionale, quelli che raggiungono risultati adeguati nel Nord Ovest superano di oltre 17 punti percentuali quelli della macro-area Sud e Isole (in particolare Calabria, Sicilia e Sardegna), con picchi nei tassi di fragilità in Calabria e Sicilia e numeri più alti di eccellenze nella Provincia autonoma di Trento e in Val d’Aosta. L’equità è tutta da costruire: solo la Provincia autonoma di Trento presenta punteggi medi alti e poche differenze di punteggio, mentre Calabria, Sicilia e Sardegna hanno bassi punteggi medi e notevoli differenze.
Per quanto riguarda la Matematica, le disparità territoriali sono ancora più marcate: a fronte di circa un 54% di studenti con competenze almeno adeguate a livello nazionale, quelli che raggiungono risultati adeguati nel Nord Ovest superano di oltre 27 punti percentuali quelli dell’area Sud e Isole, dove si riscontra anche un alto tasso di studenti con gravi carenze (livello 1). «In Sicilia e Sardegna, circa il 65% allievi non raggiunge il livello di accettabilità. L’equità è una grande sfida aperta» ha osservato Ricci.
Nell’ultima classe della secondaria di secondo grado, «si manifesta nella sua complessità la composizione ad anello: la storia si conclude cioè come era cominciata, con una complessità della popolazione che emerge ancora più nettamente, mentre la percentuale di allievi con livelli accettabili diminuisce», ha detto ancora Ricci. «Restano ampie differenze territoriali, ma in tutte le regioni abbiano quote non trascurabili di allievi e allieve con risultati più bassi. A livello di equità, solo la provincia autonoma di Trento presenta buoni risultati e diffusi, sia per Italiano che per Matematica, mentre Campania e Sardegna preoccupano soprattutto per la Matematica. Riscontriamo comunque l’effetto positivo dell’insieme di interventi di finanziamento sulle singole scuole, con un calo della dispersione implicita negli istituti del sud coinvolti».
In conclusione, «se la popolazione più complessa tra i banchi è indubbiamente un ottimo risultato, le differenze territoriali nelle competenze sono gravi ed emergono già dalla primaria», ha sintetizzato infine Ricci.
«È necessario investire nella prima fase della formazione (0-6) per supportare gli apprendimenti, attraverso interventi mirati, on a pioggia. La scuola italiana oggi è come un’automobile, che prima aveva a bordo quattro persone e ora ne ha cinque: i pneumatici un po’ si abbassano, com’è normale che sia. Stiamo accogliendo una popolazione che volevamo accogliere, ma dovremo mettere in campo linguaggi, risorse e strumenti diversi», ha concluso.
Foto in apertura di Sam Balye su Unsplash
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