Idee Bilancio pluriennale Ue

Von der Leyen II, il nuovo budget sacrifica la coesione sociale

La centralizzazione operativa e il rafforzamento dei meccanismi “top-down” riducono il margine d’azione per gli attori che operano in prossimità dei bisogni sociali. Si annunciano conseguenze pesanti, perché senza coesione nessuna competitività sarà davvero sostenibile

di Gianluca Salvatori

EU Commission President Ursula von der Leyen

La proposta di bilancio pluriennale 2028–2034 presentata ieri dalla Commissione europea non lascia molto spazio al riconoscimento dell’economia sociale nello sviluppo dell’Unione, ed anzi rischia di comprometterne il ruolo. Nel segno della “competitività” e della “resilienza”, l’impianto finanziario punta su obiettivi industriali e di difesa, a scapito di una visione inclusiva e territoriale dello sviluppo. 

Le risorse complessive aumentano a circa 2mila miliardi di euro, ma scomputando gli importi per rimborsare il programma Next Generation Eu la percentuale sul Pil europeo non supera l’1,15%, confermandosi una quota minima rispetto alla somma dei bilanci nazionali. L’Unione continua a poggiare su gambe finanziarie rachitiche che ne pregiudicano il cammino. Soprattutto, il nuovo bilancio riflette un’Europa sempre più condizionata dalle tensioni geopolitiche globali, dalla competizione commerciale con gli Stati Uniti e dall’urgenza di rafforzare le capacità difensive. Al centro c’è la creazione di un European Competitiveness Fund da 410 miliardi di euro, destinato a finanziare ricerca, innovazione, tecnologie verdi, intelligenza artificiale, spazio e difesa. Con un’impostazione fortemente tecnologica e centralizzata, orientata alle sfide globali e al confronto con le grandi potenze industriali.

Parallelamente, la proposta prevede la riorganizzazione dei fondi per la coesione e la politica agricola in un unico programma integrato da 865 miliardi, gestito attraverso “piani nazionali e regionali di partenariato”. Sebbene questa scelta di accorpamento sia motivata dalla volontà di semplificare e razionalizzare la spesa, l’idea di unire i fondi per il sociale e i fondi per l’agricoltura è davvero difficile da comprendere, ancor più poi in quanto si accompagna ad un forte accentramento a livello statale che riduce il margine di autonomia e partecipazione degli enti locali e della società civile. 

L’idea di unire i fondi per il sociale e i fondi per l’agricoltura è davvero difficile da comprendere, ancor più in quanto si accompagna ad un forte accentramento a livello statale 

In questo quadro, le politiche di coesione e i meccanismi di supporto all’economia sociale rischiano di restare ai margini. Le esperienze di innovazione sociale, di impresa inclusiva e di rigenerazione comunitaria – spesso guidate da enti locali, cooperative, associazioni e imprese sociali – rischiano di essere marginalizzate da un impianto che privilegia la scala nazionale e l’investimento in settori ad alta intensità di capitale e tecnologia. La centralizzazione operativa e il rafforzamento dei meccanismi “top-down” riducono il margine d’azione per gli attori che operano in prossimità dei bisogni sociali. Si annunciano dunque conseguenze pesanti per l’economia sociale, che storicamente ha trovato nei programmi europei un canale non secondario di finanziamento. 

Questa disattenzione nei confronti degli interventi per rafforzare la coesione sociale, peraltro, avviene in un’Europa attraversata da nuove fratture. Mentre il Pil dell’Ue cresce lentamente, le disuguaglianze interne aumentano e il rischio di impoverimento si accentua in molte aree periferiche. In questo scenario, l’economia sociale – che in Europa rappresenta oltre il 6% dell’occupazione e coinvolge milioni di cittadini in attività cooperative, mutualistiche e non profit – appare paradossalmente penalizzata proprio mentre sarebbe più necessaria.

La Commissione sottolinea la necessità di “consolidare la sovranità industriale e tecnologica dell’Europa”, ma rischia di farlo sacrificando il pluralismo economico e la partecipazione dei territori. Sicurezza e coesione non dovrebbero essere in competizionema complementari, eppure l’Ue sceglie di investire sulla propria proiezione strategica trascurando il ruolo fondamentale delle comunità nella costruzione della resilienza. E il nuovo bilancio segna una discontinuità profonda con l’approccio partecipativo che negli anni post-pandemia aveva cominciato ad emergere.

L’Ue sceglie di investire sulla propria proiezione strategica trascurando il ruolo fondamentale delle comunità nella costruzione della resilienza

Decidere di sacrificare la coesione sociale in nome di altre priorità è una scelta politica, non una necessità. Ed è proprio il nuovo clima politico europeo all’origine di questo cambio di prospettiva.  

Il percorso di approvazione del nuovo piano finanziario pluriennale è lungo e molto può ancora cambiare. Il Parlamento europeo ha già manifestato preoccupazione per il rischio di perdita di trasparenza e accessibilità da parte degli attori territoriali. Ma eccezion fatta per la Corte dei conti europea, che in più occasioni ha ribadito come la politica di coesione sia uno strumento vitale per l’Ue, non sono molti oggi gli Stati membri intenzionati a battersi per far cambiare approccio alla Commissione. O meglio, le critiche riguarderanno soprattutto il modesto aumento della spesa, malvisto da molti governi nazionali (a partire dalla Germania). Se si batteranno, dunque, è per sottrarre ancor più risorse al bilancio europeo.

Un piano finanziario che sottostima la dimensione sociale rischia di minare ulteriormente la fiducia dei cittadini nel progetto europeo, perché senza coesione nessuna competitività sarà davvero sostenibile. Senza una correzione di rotta, il bilancio 2028–2034 rischia di alimentare nuove fratture e di allontanare ancor più l’Europa dal sostegno dei suoi cittadini. È davvero così difficile da comprendere?

In foto, Ursula von der Leyen – credit Ida Marie Odgaard/Ritzau Scanpix via AP

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