Scuola

Insegnanti di sostegno: poter chiedere la continuità didattica piace alle famiglie

Per la prima volta, con il Dm 32/2025, le famiglie hanno potuto chiedere la conferma del docente di sostegno già in servizio sullo stesso studente con disabilità. Entro fine luglio i docenti devono accettare o meno la proposta, per avere poi le nomine definitive entro il 31 agosto ed essere in classe fin dal primo giorno di scuola. Numeri ancora non ce ne sono, ma le testimonianze raccolte dicono di un forte interesse da parte delle famiglie

di Rossana Certini

Mentre i docenti precari sono alle prese con la compilazione delle 150 preferenze per le supplenze da graduatoria provinciale, procede l’iter previsto dal Dm 32/2025, che introduce misure per garantire la continuità didattica degli insegnanti di sostegno. La norma stabilisce la possibilità per i docenti che hanno prestato servizio nell’anno precedente, di essere riconfermati per l’anno successivo sullo stesso alunno con disabilità, su richiesta delle famiglie. Proprio in queste settimane quindi, tra scadenze, conferme da parte dei dirigenti scolastici e attese delle famiglie, il “sistema scuola” sta sperimentando una prima volta in assoluto.

Le tappe operative del Dm 32/2025

La norma prevede che le famiglie, entro il 31 maggio, potevano richiedere la continuità didattica direttamente al dirigente scolastico. Spettava poi a quest’ultimo, con il supporto del Gruppo di lavoro operativo per l’inclusione, valutarle e comunicarne l’esito entro il 15 giugno a famiglie, docenti interessati e Ufficio scolastico. I docenti riconfermati devono accettare formalmente la proposta entro il 30 luglio. L’ultimo passaggio è affidato all’Ufficio scolastico che, entro il 31 agosto, dovrà verificare la disponibilità effettiva del posto e procedere con la nomina prioritaria.

Dati ancora parziali: ogni scuola conosce solo la propria realtà

Al momento, non sono disponibili dati ufficiali riguardo al numero di richieste presentate dalle famiglie, né da parte del ministero dell’Istruzione e del Merito né degli Uffici scolastici regionali. Solo i singoli dirigenti scolastici conoscono i dati dei loro istituti, relativamente al primo step della procedura, quella delle domande presentate dalla famiglie.

Alfonso D’Ambrosio dirige l’Istituto comprensivo di Lozzo Atestino, in provincia di Padova, una realtà profondamente legata al territorio ma con problematiche comuni a molte scuole italiane per quanto riguarda i docenti di sostegno: elevato turnover, carenza di insegnanti specializzati e assegnazioni spesso frammentate. D’Ambrosio spiega che «nella mia scuola alla secondaria abbiamo sei alunni con disabilità certificata, ma solo due docenti di sostegno di ruolo. Alla primaria la situazione è persino più complessa: a fronte di circa 12-13 alunni, abbiamo un solo docente di ruolo su dieci. E all’infanzia, su quattro posti di sostegno, solo uno è coperto da personale a tempo indeterminato».

Hanno chiesto la conferma 12 famiglie, ma solo in 5 casi c’erano i requisiti per ottenerla

Alfonso D’Ambrosio, dirigente dell’Istituto comprensivo di Lozzo Atestino in provincia di Padova

E aggiunge: «Hanno chiesto la conferma 12 famiglie ma solo in 5 casi c’erano i requisiti per ottenerla». La continuità didattica per i docenti di sostegno, infatti, nel prossimo anno scolastico prevede la possibilità di conferma per i docenti che hanno svolto un incarico annuale o fino al 30 giugno sul sostegno, seguendo gli stessi alunni con disabilità o sulla stessa cattedra nell’anno scolastico precedente. I docenti che non hanno questi requisiti non possono essere confermati, anche se le famiglie lo richiedono. «Dall’esperienza nel mio istituto», prosegue D’Ambrosio, «appare chiaro che la norma piace alle famiglie e tutte quelle che potevano farlo hanno richiesto la continuità».

Nella prima periferia di Piacenza, il Quarto circolo didattico accoglie ogni giorno 1.350 alunni, distribuiti tra quattro scuole dell’infanzia e tre scuole primarie. È un territorio segnato da fragilità sociali, dove predominano i quartieri di edilizia popolare e le famiglie di origine migrante anche di seconda generazione. La dirigente Simona Favari spiega: «Abbiamo attualmente 90 bambini con disabilità, tutti certificati ai sensi della legge 104. Abbiamo ricevuto 20 richieste di continuità e di queste 13 rientrano nei criteri previsti dal decreto». Il Circolo ha, come organico di diritto, 28 docenti di sostegno per la scuola primaria e 5 per la scuola dell’infanzia. L’Ufficio Scolastico Regionale, per il prossimo anno, ha assegnato in deroga un numero di insegnanti tale da portare il totale a 66 docenti di sostegno all’interno del circolo. Di questo totale, solo 10 sono di ruolo.

Abbiamo ricevuto 20 richieste di continuità su 90, di queste 13 rispettano i criteri previsti dal decreto. Alle famiglie piace, ma non possiamo considerarlo una soluzione strutturale. È un palliativo dentro un sistema che va ripensato

Simona Favari, dirigente del Quarto circolo didattico di Piacenza

Prosegue la dirigente: «Nel 2019 gli alunni con disabilità in Italia erano 280mila, nel 2024 siamo arrivati a quasi 359mila. L’aumento è stato significativo, ma il sistema di reclutamento non si è adeguato. E questo genera un uso massiccio del personale precario, con tutte le difficoltà che ne conseguono. La figura dell’insegnante di sostegno, introdotta per garantire l’inclusione è rimasta strutturalmente invariata per decenni, nonostante i cambiamenti nella società e nella scuola».

Favari, che accoglie con favore il principio della continuità, ne sottolinea però anche i limiti: «È un intervento positivo, ma parziale. Il rischio è quello di affidare alle famiglie la responsabilità di decidere se un docente vada confermato oppure no. E in contesti fragili, per esempio, dove dove le famiglie non parlano l’italiano, può capitare che sia la scuola a doverle sollecitare o informare. Non tutti sanno di poter fare richiesta, né come farla». Ma, alla domanda se il decreto è stato ben accolto dalle famiglie, risponde senza esitazione: «Sì, piace. Ma non possiamo considerarlo una soluzione strutturale. È un palliativo dentro un sistema che va ripensato. La complessità della scuola avrebbe bisogno anche di altri strumenti».

Tra Montecchio e Bibbiano si trova l’Istituto comprensivo di Montecchio, in provincia di Reggio Emilia, che accoglie circa 1.450 studenti distribuiti in sei plessi, due per ciascuno dei tre ordini di scuola del primo ciclo. La dirigente Elena Viale spiega: «Abbiamo tre cattedre di sostegno nella scuola dell’infanzia, 33 nella primaria e 27 nella secondaria di primo grado. I docenti di ruolo sono uno all’infanzia, 20 alla primaria e 13 alla secondaria». E aggiunge: «Le richieste di continuità didattica presentate dalle famiglie sono state 11: una per la scuola dell’infanzia, sette per la primaria e tre per la secondaria. Tutte sono state accolte e inserite nella piattaforma dedicata, messa a disposizione per gestire digitalmente le istanze».

Le richieste di continuità didattica presentate dalle famiglie sono state 11, tutte accolte e già inserite nella piattaforma per gestire digitalmente le istanze

Elena Viale, dell’Istituto comprensivo di Montecchio, in provincia di Reggio Emilia

Anche negli istituti di istruzione secondaria le famiglie sembrano aver accolto con entusiasmo la possibilità di dare una loro preferenza alla possibilità di continuità didattica. Per esempio, all’Istituto di istruzione superiore Enrico Medi di Palermo, che raccoglie alunni da tutta la città e anche da una quindicina di comuni della provincia, sono 90 gli studenti con disabilità certificata iscritti al prossimo anno scolastico. La dirigente Giovanna Battaglia ha accolto tutte le 21 richieste di continuità arrivate dalle famiglie.

Non sappiamo ancora se le 21 domande ricevute e accolte saranno confermate dall’Ufficio scolastico, che potrà rispondere solo una volta conclusi i movimenti di mobilità e assegnazioni provvisorie dei docenti

Giovanna Battaglia, dirigente dell’Istituto di istruzione superiore Enrico Medi di Palermo

Ma precisa: «Non sappiamo ancora se queste domande saranno accolte dall’Ufficio scolastico, che potrà rispondere solo una volta conclusi i movimenti di mobilità e assegnazioni provvisorie del personale docente. Solo i posti residui saranno riservati alle conferme per la continuità didattica». Nell’istituto, che unisce indirizzi professionali e tecnici, ci sono 60 cattedre di sostegno, ma solo la metà sono coperte da docenti di ruolo. «Gli altri posti vanno a incarichi annuali. Nel nostro caso, il numero di insegnanti di ruolo è relativamente alto, ma il sistema è comunque soggetto a grande instabilità», conclude la dirigente.

La continuità è una possibilità non un diritto

È fondamentale sottolineare infatti che la nuova norma non garantisce automaticamente la continuità, non significa che le famiglie decidono le sorti di un docente e non rappresenta la soluzione definitiva a tutti i problemi che l’inclusione scolastica ancora presenta in Italia. Come spiega Roberto Speziale, presidente nazionale di Anffas: «La famiglia può presentare una richiesta, ma questa è sempre subordinata a una valutazione oggettiva del dirigente scolastico e alla disponibilità del posto. Non si tratta di un diritto assoluto, ma di una possibilità prevista dalla norma, da valutare caso per caso nel rispetto di tutti». Speziale aggiunge: «Questa misura è stata fortemente voluta dalle famiglie perché la discontinuità del docente di sostegno penalizza i percorsi di inclusione scolastica dei nostri ragazzi. I dati dicono chiaramente qual è la situazione: in Italia un docente di sostegno su tre è in cattedra senza avere una formazione specifica e il 60% degli alunni disabili cambia insegnante da un anno all’altro. Siamo grati al ministro Valditara per aver messo al centro il diritto degli alunni con disabilità. Fare l’insegnante di sostegno non può essere solo una scelta professionale, deve essere anche una scelta valoriale, motivata e sostenuta da una formazione specifica».

A sottolinea l’effetto concreto e positivo della continuità sul percorso educativo dei ragazzi con disabilità è anche Vincenzo Falabella, presidente della Federazione Italiana per i diritti delle persone con disabilità e famiglie – Fish, che spiega: «Le famiglie che hanno fatto richiesta, lo hanno fatto perché nell’anno scolastico precedente hanno visto progressi reali nei loro figli. La continuità didattica è considerata necessaria e indispensabile per accompagnare i ragazzi con disabilità». E aggiunge: «Se durante il mio percorso scolastico perdessi l’insegnante di matematica, ne sentirei l’effetto. Figuriamoci cosa accade quando viene meno il docente di sostegno. La differenza è enorme nel percorso di un alunno con disabilità».

Quando restare con lo stesso docente fa la differenza: la storia di Massimo

Monica Briasco è la madre di Massimo, 16 anni, con un disturbo dello spettro autistico. La sua testimonianza rende bene quanto sia cruciale per il figlio mantenere lo stesso gruppo docente: «Avere gli stessi professori ogni anno è fondamentale, perché per un ragazzo con disabilità è necessario più tempo per entrare in relazione. Ricominciare ogni anno con un docente nuovo è faticoso, sia per i ragazzi che per gli insegnanti. Si perde un tempo prezioso che dovrebbe essere impiegato per lavorare su obiettivi di autonomia, crescita e formazione. Le insegnanti di Massimo lo conoscono a fondo e sanno come affrontare certi suoi comportamenti. Cambiare ora sarebbe un passo indietro. Per questo abbiamo chiesto la conferma anche per il prossimo anno: è un aiuto enorme per lui».

Avere gli stessi professori ogni anno è fondamentale, perché per un ragazzo con disabilità è necessario più tempo per entrare in relazione

Monica Briasco, madre di Massimo, studente sedicente con spettro autistico

Massimo frequenta il secondo anno di un liceo ligure a indirizzo scienze applicate. Le sue docenti di sostegno, insieme a quelle curricolari, sono coordinate da uno psicologo neuropsichiatra infantile che fornisce indicazioni e supporto. «Quest’anno abbiamo trovato due nuove professoresse molto gentili, con cui Massimo si è trovato benissimo», continua Monica. «Ci seguono anche a casa, abbiamo un gruppo WhatsApp e ci confrontiamo spesso. Mi sono sentita seguita e supportata, perché attorno a Massimo c’è un cerchio di professionisti che non lo ha mai lasciato solo».

Monica racconta anche di aver visto un cambiamento tangibile nel figlio: «Si è aperto di più, è diventato molto più disponibile». E conclude ricordando un episodio: «Quando era a disagio in classe per comportamenti scorretti dei compagni, si isolava fingendo di dormire, mettendo la testa sul banco. Con l’aiuto delle professoresse ha smesso: ora è più presente, partecipa. Anche per questo abbiamo chiesto la conferma dei docenti e ci è stato detto che la domanda sarà accolta. Lo speriamo davvero».

Foto di Birleşim Özel Eğitim Rehabilitasyon su Unsplash

Vuoi accedere all'archivio di VITA?

Con un abbonamento annuale potrai sfogliare più di 50 numeri del nostro magazine, da gennaio 2020 ad oggi: ogni numero una storia sempre attuale. Oltre a tutti i contenuti extra come le newsletter tematiche, i podcast, le infografiche e gli approfondimenti.