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Accordo Italia – Albania: solo propaganda sui migranti 

Il Consiglio dei ministri ratifica l'accordo che prevede la realizzazione in Albania di due centri per il rimpatrio. «Ipotizziamo», dice Gianfranco Schiavone dall’associazione per gli studi giuridici sull’immigrazione - Asgi, «pur sapendo che non è così, che questo accordo, e non lo fa, rispetti i diritti umani e recepisca le direttive europee. Ammettiamolo solo come caso di studio: ci troveremmo comunque davanti un meccanismo, con spese colossali di gestione, il cui impatto è irrilevante sul piano della gestione dei flussi migratori. Mi sembra un'operazione di sola propaganda»

di Anna Spena

Il Consiglio dei Ministri ha dato il via libera alla ratifica dell’accordo che prevede – la realizzazione in Albania di due centri per il rimpatrio, che dovrebbero ospitare ogni mese persone migranti definite “irregolari”, ma solo se soccorse nel Mediterraneo da navi militari italiane, come quelle della Marina Militare e della Guardia di Finanza. 

Più precisamente, “l’Albania darà possibilità all’Italia di utilizzare alcune aree del territorio albanese dove l’Italia potrà realizzare, a proprie spese, due strutture dove allestire centri per la gestione di migranti illegali. Inizialmente potrà accogliere fino a 3mila persone che rimarranno il tempo necessario per espletare le procedure delle domande di asilo ed eventualmente rimpatrio”. In un anno si penserebbe addirittura di fare transitare in queste nuove strutture detentive circa 36mila persone. Quattordici gli articoli che compongono il testo del nuovo Memorandum d’Intesa Italia-Albania.  Le strutture saranno sotto la giurisdizione italiana, ma con “sorveglianza esterna” affidata alle autorità albanesi. L’accordo si rinnova – tacitamente – ogni cinque anni. Salvo che una delle due Parti comunichi, con preavviso di almeno sei mesi rispetto alla scadenza, la propria intenzione di non rinnovare.

«L’accordo getta le basi per la violazione del principio di non respingimento e per l’attuazione di procedure illegittime, in particolare le misure di detenzione», spiega Gianfranco Schiavone dall’associazione per gli studi giuridici sull’immigrazione – Asgi. «L’articolo quattro del testo», continua , «richiama appunto l’applicabilità del diritto dell’Unione europea, ovvero delle normative italiane che sono normative di recepimento delle direttive europee. Ma questo non è possibile. Tutti gli studiosi hanno già fatto osservare che il diritto dell’Unione europea non è applicabile al di fuori del territorio dell’Unione». 

Il protocollo è stato sottoscritto a Roma a novembre da Giorgia Meloni ed Edi Rama, il premier albanese. I due centri dovrebbero servire per processare in 28-30 giorni le richieste di asilo e per detenere coloro che si vedranno respinta la richiesta di protezione, in vista del rimpatrio nei paesi di origine. Come aveva annunciato Giorgia Meloni “dei due centri, quello al porto si occuperà delle procedure di sbarco e di identificazione con una prima attività di screening mentre il centro che verrà realizzato nell’area più interna sarà una struttura modello Cpr”. 


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Ma quali sono i prossimi passaggi dell’accordo? «Questo», spiega Schiavone, «non è un decreto legge, ma un disegno di legge che passerà al Parlamento e seguirà l’iter normale di approvazione di tutte le leggi». 

L’accordo continua ad essere incredibilmente confuso. «Quanto costerà? Al momento non c’è una copertura finanziaria adeguata. Il Governo dovrà dire al Parlamento qual è la previsione di spesa. Ma mi domando: ha idea di quale potrebbe essere questa previsione? C’è grande reticenza a parlare di fondi, e il motivo di questa reticenza è che si tratta di spese colossali di gestione. Una gestione che costerebbe incredibilmente di meno se la procedura venisse fatta in Italia». 

Schiavone ritiene molto improbabile che l’accordo andrà avanti, ma «ipotizziamo per un attimo che questo accordo rispetti i diritti umani e recepisca le direttive europee. Ammettiamolo solo come caso di studio: ci troveremmo comunque davanti  un meccanismo che è irrilevante sul piano della gestione dei flussi migratori, perché parliamo di numeri bassissimi. Mi sembra un’operazione propagandistica e basta. Certo ci saranno delle nuove “puntate” quando si avvicineranno le elezioni europee…». 

Foto LaPresse/Palazzo Chigi/Filippo Attili


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