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Giornata mondiale dell'acqua

Acqua, conflitti e siccità: un cambio di rotta non è rinviabile

Le associazioni si mobilitano nella Giornata mondiale dell’acqua e tornano a chiedere interventi urgenti in Europa, in Italia e nel mondo

di Alessio Nisi

acqua

Ogni giorno, oltre mille bambini sotto i 5 anni muoiono a causa di malattie legate ad acqua e servizi igienici inadeguati. Oltre 1,4 milioni di persone restano uccise ogni anno. A livello mondiale quasi 1 miliardo di bambini (953 milioni) sono esposti a livelli alti o estremamente alti di stress idrico (il rapporto tra la domanda totale di acqua e le scorte rinnovabili disponibili di acqua superficiale e sotterranea. La domanda d’acqua comprende gli usi domestici, industriali, per l’irrigazione e per l’allevamento).

Sono alcuni dei numeri diffusi dall’Unesco. Un richiamo che cade nel giorno in cui in tutto il mondo si celebra la Giornata mondiale dell’acqua: un invito a riflettere sull’importanza di una gestione condivisa e sostenibile dell’acqua per prevenire i conflitti (non a caso questa edizione è intitolata Water for peace), favorire il benessere delle comunità e costruire una base solida per la cooperazione tra le nazioni. Quando l’acqua è scarsa o inquinata o quando le persone hanno un accesso disuguale o nessun accesso, le tensioni tra comunità e paesi aumentano.

Acqua elemento centrale nei conflitti

Un quadro, quello delinato dall’Unesco, che trova conferma in “Acqua, conflitti e migrazioni forzate: la corretta gestione delle risorse idriche come strumento di stabilità e pace” (QUI il report completo), focus presentato da Legambiente in collaborazione con Unhcr. Secondo lo studio, l’acqua è sempre più alla base di conflitti: divenendo il loro fattore scatenante o venendo utilizzata come arma contro le popolazioni. Tra il 2000 e il 2023 sono stati ben 1.385 i conflitti che hanno avuto l’acqua come elemento centrale.

Tra questi la guerra civile siriana scaturita, oltre che da tensioni religiose, sociali e politiche, dalla scarsa disponibilità idrica esasperata da un lungo periodo siccitoso (dal 2007 al 2010) e i conflitti nella regione africana del Sahel tra agricoltori e pastori per questioni di uso del suolo e di accesso alle risorse idriche, esacerbati dai lunghi periodi siccitosi, violente piogge e inondazioni.

Le migrazioni forzate. Non solo. L’acqua è anche all’origine dell’aumento delle migrazioni forzate (tra le zone più interessate il Corno d’Africa ed in particolare la Somalia), tanto che nel 2023, secondo Unhcr, sono stati quasi 3 milioni i nuovi spostamenti obbligati all’interno del paese per la combinazione di siccità e inondazioni con situazioni di conflitto e insicurezza.

Urgente cooperazione internazionale nella gestione sostenibile delle risorse idriche

Legambiente sottolinea come «urgente» la necessità di una cooperazione internazionale nella gestione sostenibile delle risorse idriche. Perché? Secondo l’Onu, seppure 3 miliardi di persone nel mondo dipendano dall’acqua che attraversa i confini nazionali, appena 24 Paesi su 153 dichiarano di avere accordi di cooperazione per l’acqua condivisa.

Le storie di Amref

In questo contesto, Amref ha raccolto storie, voci e ha presentato una guida al consumo responsabile, partendo dalla nostra “impronta idrica”. L’acqua è spesso alla base di malattie che «credevamo aver dimenticato», spiega Guglielmo Micucci, direttore di Amref Italia. È il caso del colera, di cui parla Viviane Sakanga dallo Zambia. «Siamo nel pieno di una doppia emergenza legata all’acqua». Intanto, molte vite stanno cambiando grazie ad interventi idrici e accresciuta attenzione all’igiene, come racconta Margaret dal Malawi, dopo aver ristabilito fonti di acqua pulita «le nostre scarpe hanno iniziato a danzare».

Un africano su tre è colpito dalla scarsità d’acqua. Amref richiama i numeri del Programma di monitoraggio congiunto – Jmp dell’Oms e dell’Unicef, secondo cui in Africa 411 milioni di persone non hanno ancora un servizio di base di acqua potabile, 779 milioni poi non hanno accesso ai servizi igienici di base e 839 milioni non hanno accesso all’igiene di base.

Sottolinea a proposito del cambiamento climatico che tra il 1970 e il 2021 nel mondo ci sono stati 11.778 eventi attribuibili a condizioni meteorologiche, climatiche e idriche che combinati, hanno causato 2 milioni e 87.229 morti e perdite economiche pari a 3.980 miliardi di euro. Solo in Africa sono stati 1.839, per quasi 40 miliardi di euro di perdite economiche.

Impreparati al rischio climatico

Nel nostro Paese, già più di 20 anni fa l’Autorità di bacino del Po evidenziava come le concessioni idriche superavano le disponibilità medie e che bastava poco per mandare il sistema in crisi. Dopo le varie “straordinarie siccità” di questi ultimi 25 anni e soprattutto dopo il 2022, è invece l’allarme rilanciato dal Wwf, è chiaro a tutti che la situazione è molto diversa dal passato, anche recente, il cambiamento climatico è ormai una realtà ed è necessario affrontare seriamente la questione. L’associazione ambientalista, proprio oggi, torna a fare il punto sulla situazione. Con una gigantesca premessa. «L’Italia (e l’Europa), non sono preparate al rischio climatico e l’acqua è tra i principali protagonisti (in negativo) di questo rischio». 

Siamo in deficit di umidità

Certo, dalle analisi dell’Irpi-Cnr, fa sapere il Wwf, emerge che le piogge dell’ultimo periodo hanno certamente migliorato la situazione, «ma comunque l’Italia resta in una situazione di deficit di umidità a profondità meno superficiali (100 metri), importante soprattutto per Sicilia Sud Orientale e Sardegna orientale». Importantissimo quindi assumere misure strutturali, invece di aspettare sempre le situazioni di emergenza. 

+22% di eventi estremi. Anche i dati aggiornati di Città Clima Legambiente confermano che l’Italia nel corso del 2023 ha registrato un incremento del 22% degli eventi meteorologici estremi rispetto all’anno precedente e che dal 2010 al 31 dicembre 2023 ha contato su 1.947 eventi meteorologici estremi ben 1.168 con protagonista la risorsa idrica.

In allerta arancione il 15% dell’Ue. Un quadro che trova riscontro anche nei numeri di un’analisi della Coldiretti su dati dell’Osservatorio europeo sulla siccità. Secondo lo studio il 15% dell’intero territorio dell’Unione Europea è in allerta arancione per la siccità e per un altro 1% siamo all’allarme rosso, anche a causa delle temperature record registrate a febbraio nel vecchio continente, superiori di 3,3 gradi rispetto alla media storica 1991-2020 del periodo. I dati dell’Osservatorio Anbi sulle riserve idriche ci dicono poi negli invasi pugliesi mancano 107 milioni di metri cubi d’acqua rispetto all’anno scorso. 

Focus sui bacini idrografici

Secondo il Wwf è indispensabile cambiare rotta «completamente e urgentemente». Rimettere al centro della pianificazione e della programmazione strategica del governo delle acque le Autorità di bacino, applicando fino in fondo le direttive europee. È necessaria inoltre una visione spaziale e temporale unitaria. 

Aggiornare i bilanci idrici. Il bacino idrografico è l’area più consona per un corretto governo delle acque e per garantirne un uso sostenibile in funzione delle sue reali disponibilità, per un’adeguata gestione del territorio che tenda a tutelarne i servizi ecosistemici e per la realizzazione di una diffusa azione di rinaturazione e di nature based solutions per ridurre la vulnerabilità del nostro territorio che abbiamo finora solo aumentato. «Per questo è indispensabile realizzare e aggiornare i bilanci idrici da parte delle Autorità di bacino per conoscere la reale disponibilità idrica e verificare le numerose concessioni d’uso e per garantire il deflusso ecologico nei corsi d’acqua».

Politiche di risparmio dell’acqua. Ogni comparto deve poi avviare politiche di risparmio dell’acqua, di riduzione degli sprechi e di promozione di usi virtuosi, privilegiando ad esempio colture e attività a minor fabbisogno idrico. «La riduzione degli sprechi deve avvenire attraverso la diffusione dei metodi più efficienti di irrigazione in agricoltura, l’ammodernamento della rete di distribuzione idrica per usi civili che ad oggi registra perdite fin oltre il 50% (una perdita “fisiologica” non dovrebbe superare il 12/15%)». Inoltre, prima di pensare a realizzare nuovi invasi è indispensabile «recuperare la capacità di quelli esistenti, che è gigantesca (oltre 8 miliardi di metri cubi), garantendone, innanzitutto, la corretta manutenzione fino ad ora mancata».

Foto in apertura di Unhcr, Yousef Alhariri. Nel testo, immagini di Brent Stirton – Getty Images – WWF-UK, Amref Health Africa_David Brazier, Wwf – Arnold Mugasha,


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