Verso Cop30

Africa, il summit di Addis Abeba è un grido per la giustizia climatica

Dopo Nairobi, in questi giorni la capitale etiope ospita il secondo vertice africano sul clima. I leader vogliono far sentire la propria voce forte e chiara: chiedono giustizia e cooperazione. Il continente è responsabile appena del 4% delle emissioni di gas a effetto serra. Ma vista la sua vulnerabilità, subisce gli impatti più gravi. Il premier etiope però rilancia, forte dell'inaugurazione della più grande - e contestata - diga africana, sul Nilo Blu

di Elisa Cozzarini

Oltre quaranta capi di Stato e di governo si sono dati appuntamento ad Addis Abeba, dall’8 al 10 settembre, per il secondo Africa climate summit, dopo quello di Nairobi nel 2023. A due mesi dalla Cop 30, che si terrà a Belem, in Brasile, dal 10 al 21 novembre, i leader africani vogliono far sentire forte e unita la loro voce. Sottolineano l’importanza del multilateralismo, anche per reagire all’uscita degli Usa di Donald Trump dall’Accordo di Parigi. «Crediamo fermamente che la finanza climatica debba essere equa, solida e sicura», ha detto il presidente dell’Unione africana Mahmoud Ali Youssouf, in apertura del vertice. «Giustizia climatica e cooperazione genuina sono ingredienti essenziali per affrontare la vulnerabilità dei nostri Stati membri, esacerbata dal riscaldamento globale, dal debito e dalle disuguaglianze strutturali nel sistema finanziario globale».

Promesse non mantenute

Il continente africano è responsabile solo del 4% delle emissioni mondiali di gas a effetto serra, ma subisce pesantemente gli impatti degli eventi estremi: siccità, alluvioni, ondate di calore, sempre più frequenti e intense a causa del riscaldamento del pianeta. Secondo quanto riporta il Financial Times, il presidente del Kenya William Ruto ha accusato i leader occidentali di aver spezzato «il patto di sangue per il clima», perché non hanno mantenuto gli impegni a sostenere le azioni di adattamento necessarie ai paesi più fragili. Il calo degli aiuti internazionali da parte di Regno Unito, Francia e Olanda, per far fronte alle spese militari crescenti, si somma ai tagli drastici degli Usa. Ma l’aggravarsi della crisi, ricordano all’Africa summit, avrà conseguenze non solo in Africa, con l’aumento delle persone costrette a migrare in cerca di condizioni di vita migliori, insicurezza alimentare, shock economici, estremismo, instabilità politica. L’agenzia di stampa Reuters afferma che il continente attrae solo l’1% delle risorse finanziarie destinate al clima.

Boom di rinnovabili

Nell’ultimo anno si è registrata un’impennata del 60% nell’importazione di pannelli fotovoltaici dalla Cina in venti Paesi africani, in base ai dati riportati da The Guardian. Si è passati da 9 GW nel 2024 a 15 GW. È un segnale incoraggiante, anche se il dato di partenza era molto basso, quindi in termini assoluti la crescita è ancora troppo poco rilevante. L’anno scorso, l’Africa ha contribuito solo per il 4% all’energia prodotta dal sole a livello mondiale. Ancora oggi, circa 600 milioni di persone non hanno accesso all’elettricità e un miliardo si affida ancora alle stufe a legna per cucinare. Eppure, sottolinea ancora il quotidiano britannico, il continente ospita importanti giacimenti di minerali essenziali per la transizione energetica: cobalto, litio, rame, nickel, terre rare…

Stop al vittimismo

Per Abiy Ahmed, primo ministro etiope e padrone di casa del vertice, è arrivato il momento di ripensare il ruolo dell’Africa sullo scacchiere internazionale: non più vittima, ma motore dello sviluppo. «Troppo spesso, partecipiamo ai summit sul clima elencando quello che ci manca: risorse finanziarie, tecnologia, tempo», ha detto. «Partiamo invece da quel che abbiamo: la popolazione più giovane del mondo, fonte di creatività e innovazione, la potenza solare che cresce più velocemente, le nostre foreste, le zone umide e le coste, terra fertile, capace di sfamare un continente e oltre». Toni trionfalistici dettati anche dall’inaugurazione, proprio il 9 settembre, della nuova, contestata, mega diga sul Nilo Blu, la Grand Ethiopian Renaissance Dam – Gerd, la più grande dell’Africa che produrrà oltre 5.000 MW di energia idroelettrica. La costruzione è iniziata nel 2011 ed è costata più di 4 miliardi di dollari. Sin dall’inizio il progetto ha visto l’opposizione dell’Egitto e del Sudan, che si trovano a valle della diga e chiedono garanzia di avere acqua a sufficienza.

Il premier etiope ha anche annunciato la candidatura a ospitare la Cop32 sul clima nel 2027.

L’Italia al summit

Il vertice di Addis Abeba è stato l’occasione, per il nostro paese, di rafforzare la cooperazione con l’Etiopia nel quadro di Adaptation accelerator hub, attraverso la firma di un protocollo d’intesa con il Ministero etiope della pianificazione e dello sviluppo, nell’ambito del Piano Mattei. L’iniziativa è pensata, come si legge in un comunicato stampa del Ministero per l’ambiente e la sicurezza energetica, «per accompagnare i Paesi più vulnerabili nella realizzazione di strategie di investimento nell’adattamento al cambiamento climatico attraverso progetti solidi e finanziabili, con particolare attenzione ai sistemi alimentari sostenibili, all’agricoltura resiliente e alla gestione integrata delle risorse idriche».

In apertura, disastrose inondazioni nelle isole Capo Verde, nell’agosto scorso – foto di AP Photo/Queila Fernandes/LaPresse

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