Integrazione sociale

Al lavoro tra gli scaffali in cerca di inclusione

Un aiuto con l’italiano, nelle pratiche burocratiche e nel riconoscimento sociale. Poi flessibilità di orario e salario. L’osservatorio di Federdistribuzione curato da Altis Università Cattolica ha fotografato le difficoltà degli stranieri impiegati nel settore. Ma che, a differenza di molti italiani, provano a restarci

di Nicola Varcasia

Dal pranzo multietnico tra dipendenti alla scuola di italiano per il collega rifugiato politico. Passando per le nuove modalità nella selezione del personale e i progetti di collaborazione tra pubblico e privato nella creazione di nuovi canali per inserire persone straniere nell’organico. Con, in primo piano, la sfida della conciliazione tra vita e lavoro e la flessibilità che troppe volte diventa precarietà. Buone pratiche e problematiche vanno di pari passo e aiutano ad aprire gli occhi su come è già cambiato il mondo del lavoro.

Stranieri cercasi

Se, infatti, il referendum sulla cittadinanza è ormai alle spalle, il tema dell’inclusione dei lavoratori stranieri nelle aziende resta e interroga tutti: singoli, aziende, sindacati e associazioni. Con la crisi demografica da un lato e la difficoltà cronica di tante imprese a trattenere i giovani alle proprie dipendenze dall’altro, le organizzazioni sono alle prese con nuove opportunità, troppe volte mascherate da problemi, riguardo l’inserimento di lavoratori stranieri.

Grandi magazzini

Capire a che punto siamo in un settore importante come quello della grande distribuzione è il compito che si è prefissato l’Osservatorio sulla diversità e inclusione, promosso da Federdistribuzione e curato da Altis Università Cattolica. La ricerca ha fotografato le attività delle imprese distributive sui temi della diversità, equità e inclusione con un focus sui lavoratori stranieri.

Fattore competitivo

«La seconda edizione dell’Osservatorio ci restituisce un settore della distribuzione moderna che ha intrapreso un percorso su questo fronte. Politiche strutturate, budget dedicati e coinvolgimento attivo delle persone sono il segnale di un’inclusione che sta progressivamente permeando la cultura delle aziende. In un Paese che affronta sfide demografiche e di coesione sociale, promuovere ambienti di lavoro inclusivi è un impegno etico, ma allo stesso tempo una leva di competitività e innovazione», ha dichiarato Matteo Pedrini, direttore Altis.

L’attenzione c’è

La prima parte della ricerca ha confrontato i dati relativi a politiche e pratiche di diversità e inclusione in generale all’interno delle aziende della distribuzione negli ultimi due anni, coinvolgendo 27 imprese del settore distributivo. I dati evidenziano l’aumento del numero di aziende che si è dotato di comitati manageriali dedicati a diversità e inclusione, passando dal 20% al 37%. In crescita anche le politiche aziendali strutturate su questi temi, dal 26,7% al 48,1%.

C’è anche il budget

Nel biennio 2024-2025, sono più che raddoppiati i budget dedicati alla “Dei” (diversità, equità, inclusione), passando dal 33,3% al 70,4% delle imprese. Parallelamente, cresce anche l’adozione di strumenti di monitoraggio, dal 43,3% al 51,8%, con un incremento dei sistemi di controllo periodico, che passano dal 10,0% al 33,3%. Nell’ambito della gestione di risorse umane, migliora l’attenzione al merito: l’81,5% (era il 70% nel 2024) delle aziende dichiara di adottare percorsi di avanzamento professionale privi di distorsioni. Positivi anche i dati sull’ascolto attivo dei dipendenti, che passano dal 73,3% all’85,2%, e sul loro coinvolgimento nei processi decisionali, dal 63,3% al 92,6%.

Questione di linguaggio

Cresce anche l’attenzione verso una comunicazione rispettosa e non discriminatoria: il 44,4% delle imprese eroga formazione sul linguaggio inclusivo, contro il 13,3% della precedente rilevazione. Sul fronte dell’inclusione delle persone con disabilità, aumenta sia la presenza di figure interne di supporto, dal 33,3% al 44,4%, sia il monitoraggio della soddisfazione dei lavoratori con disabilità, dal 20% al 29,6%.

Esperienze a confronto

La seconda parte della ricerca ha una natura qualitativa e si è basata su interviste a 12 lavoratori stranieri e sei figure professionali specializzate in ambito del personale e della Dei. Le testimonianze hanno restituito una visione sfaccettata delle dinamiche di inclusione nei luoghi di lavoro. Apprezzamenti sulla disponibilità di mense aziendali attente alle diverse esigenze alimentari, sulla flessibilità nella gestione di orari e ferie per consentire ai dipendenti di celebrare festività e ricorrenze legate alle proprie culture di origine. Ma anche il supporto nelle pratiche amministrative complesse e affiancamento tramite tutoraggio da parte dei colleghi più esperti. Alcune imprese offrono, inoltre, spazi per la preghiera, meditazione o di raccoglimento e promuovono momenti di condivisione delle tradizioni culturali, contribuendo così a rafforzare il senso di appartenenza.

Punti di attenzione

Non mancano però i fattori di difficoltà: dalla padronanza limitata della lingua italiana alle differenze culturali espresse nei comportamenti, nei codici non scritti del mondo del lavoro e nei valori, che possono generare incomprensioni. Le difficoltà burocratiche, in particolare quelle legate al rinnovo dei permessi di soggiorno, rappresentano un importante fattore di incertezza e stress per i lavoratori stranieri. Criticità che possono tradursi in forme di esclusione lavorativa e relazionale, da contrastare con sostegni per la crescita professionale, a livello sociale e amministrativo.

Il lavoro continua

«Le imprese della distribuzione moderna sono orientate alla valorizzazione della diversità e all’applicazione dei principi di equità e inclusione attraverso prassi aziendali concrete. Il settore cresce in investimenti, strumenti di monitoraggio e iniziative dedicate», ha dichiarato Francesco Quattrone, direttore area lavoro e relazioni sindacali di Federdistribuzione.

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Foto in apertura di Moon Kim su Unsplash

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