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Lavoro sociale

Albo, ordine, titolo: cosa cambia per gli educatori e per le cooperative

Il Senato ha approvato definitivamente la legge che istituisce un ordine e un albo per educatori professionali socio pedagogici e pedagogisti. C'è chi è molto soddisfatto e chi è critico: ma concretamente, ora, cosa cambia per i lavoratori e per le cooperative sociali in qui gli educatori lavorano? E cosa per la loro formazione? Le risposte di Massimiliano Malè, consigliere nazionale di Federsolidarietà

di Sara De Carli

Pochi giorni fa, il 9 aprile, il Senato ha approvato all’unanimità il ddl 788 “Disposizioni in materia di ordinamento delle professioni pedagogiche ed educative e istituzione dei relativi albi professionali”. C’è chi plaude e chi giudica questa come una pagina triste per la professione. Ma quali sono le conseguenze concrete che ci saranno, ora, per gli educatori? L’abbiamo chiesto a Massimiliano Malè, direttore della cooperativa sociale Nikolajewka di Brescia e componente del Consiglio di Presidenza regionale e consigliere nazionale di Federsolidarietà.

Il ddl 788 ha raccolto grande consenso, dimostrato per esempio dal fatto che la politica l’ha votato all’unanimità e dal plauso della Siped. È il traguardo che aspettavamo? Qual è il giudizio complessivo?

Sul piano del sentimento che posso percepire tra gli operatori, cioè da parte degli educatori professionali e tra molti attori del settore devo dire che non ho trovato lo stesso entusiasmo delle associazioni di pedagogisti ed educatori professionali socio pedagogici. Per chi lavora, si tratta comunque di sostenere un costo e di farsi carico della formazione, a fronte di una professione che ha ancora un basso riconoscimento sia economico sia sociale. Vista invece dal punto di vista più squisitamente professionale, di certo, l’albo conferisce maggiore solidità alla professione, sia dell’educatore professionale socio pedagogico, sia del pedagogista. Del resto altre professioni del settore, come per esempio educatore professionale socio sanitario, psicologo e assistente sociale, hanno già un ordine e il relativo albo, quindi non solo l’istituzione di questo albo era logico, ma in qualche modo si tratta di una strada segnata. 

Sul piano del sentimento che posso percepire tra gli operatori, non ho trovato lo stesso entusiasmo delle associazioni di pedagogisti ed educatori professionali socio pedagogici. Vista dal punto di vista più squisitamente professionale, di certo, l’albo conferisce maggiore solidità alla professione

Massimiliano Malè

Che cosa cambia ora per l’educatore socio pedagogico concretamente? Ci sarà l’obbligo di iscrizione all’albo? Quale albo?

Per i soli educatori professionali socio pedagogici, tra i quali ricordiamo ci sono anche tutti quelli previsti e riconosciuti dalla legge 205/17 integrata dalla 145/18, è previsto l’obbligo di iscrizione all’albo, cosa che proprio il comma 594 della legge 205 escludeva, dal momento che lì si prevedeva che le due professioni ora oggetto del ddl 788 dovessero essere comprese tra le professioni non organizzate in ordine e albo. Ma già la legge 145/18 però, con il comma 537, aveva introdotto la possibilità di iscriversi negli elenchi speciali ad esaurimento degli ordini delle professioni sanitarie tecniche. Per coloro che lo hanno fatto non dovrebbe (il condizionale è d’obbligo) cambiare nulla. Non mi sbilancio sul fatto se possa o meno convivere la doppia iscrizione sia nell’albo delle professioni sanitarie tecniche, sia nel nuovo albo. Ovviamente, però, chi ha i titoli può virare nel nuovo albo, qualora l’attività, anche se svolta nei servizi sociosanitari, si limiti agli aspetti educativi. Certo quest’ultimo è un tema controverso: di quali altri aspetti si può occupare un educatore se non di quelli educativi? Forse l’unica chiave di lettura è che l’educatore professionale socio pedagogico non può partecipare al progetto riabilitativo-terapeutico? La legge sul punto è comunque troppo vaga e credo che genererà qualche contenzioso. Un tema delicato è anche quello dei servizi educativi per l’infanzia, che sono strutture regolamentate dal ministero dell’Istruzione, quindi storicamente assimilate al mondo dell’istruzione pubblica e all’insegnamento, che in genere non mi pare richieda l’iscrizione a un albo. È un tema di certo da approfondire, sul quale ora fatico a sbilanciarmi. In conclusione però chiunque sia assunto con la qualifica – o svolga in qualsiasi ambito la professione – di educatore professionale socio pedagogico o di educatore nei servizi educativi per l’infanzia, dovrà iscriversi al nuovo albo.

Per gli educatori professionali socio pedagogici ora è previsto l’obbligo di iscrizione all’albo, cosa che la legge 205 escludeva. Non mi sbilancio sul fatto se possa o meno convivere la doppia iscrizione sia nell’albo delle professioni sanitarie tecniche, sia nel nuovo albo

Cosa cambia per i servizi e per le imprese sociali che li gestiscono?

Per le imprese vige l’obbligo di verificare i requisiti dei propri collaboratori, esattamente come accade per infermieri, fisioterapisti o medici. Qualora le imprese si avvalgano di un professionista è necessario verificare che sia iscritto al rispettivo albo. Ovviamente, dal momento che l’obbligo di iscrizione e formazione ricade sul professionista e non sull’organizzazione, l’organizzazione si limiterà a prendere i provvedimenti previsti dalla legge nei confronti di professionisti che risultino non iscritti, ovvero sospesi o radiati dall’albo. Da un certo punto di vista la vita potrebbe semplificarsi perché se il professionista è iscritto all’albo, l’organizzazione non deve più districarsi nella miriade di titoli abilitanti la professione di educatore professionale.

Perché usa il condizionale?

L’uso del condizionale deriva dal fatto che ci sono casi in cui non è richiesta l’abilitazione professionale (anche se ora è obbligatoria!), ma il titolo. Questo perché gran parte della normativa teneva conto del solo valore legale del titolo, non essendoci ordine e albo. Per cui l’impresa, nell’assumere o impiegare un educatore professionale, per una determinata attività o servizio, deve tener conto anche del titolo effettivamente richiesto dai requisiti previsti per quel servizio.

Cambia qualcosa a livello contrattuale/retributivo per i lavoratori?

Direttamente imputabili al fatto che è stato istituito l’albo, no. Anzi sarebbe un errore confondere il ruolo dell’ordine con quello delle rappresentanze sindacali che hanno la titolarità del confronto contrattuale. Il ruolo degli ordini è quello di tutelare la professionalità della categoria e il cittadino che riceve le prestazioni. La mia personale speranza è che questo dia un forte impulso all’attenzione sugli aspetti contenutistici della professione, stabilendo maggiori connessioni tra mondo delle imprese e mondo accademico.

La mia speranza è che la nascita dell’ordine dia un forte impulso all’attenzione sugli aspetti contenutistici della professione, stabilendo maggiori connessioni tra mondo delle imprese e mondo accademico

Cambierà qualcosa nella formazione universitaria?

Lo spero. E spero che l’università si muova verso chi opera nei servizi, così come spero che l’enorme bagaglio di conoscenze che i servizi socio sanitari e sociali hanno accumulato negli ultimi quarant’anni venga restituito al sapere accademico. Facciamo un’equazione: se gli “ospedali” stanno all’università di medicina (che forma anche infermieri, terapisti, e tecnici sanitari, oltre che medici), quali “unità d’offerta” stanno all’università di scienze dell’educazione (Cl 19)? La risposta per me è semplice: le organizzazioni del Terzo settore, cooperative sociali, fondazioni e associazioni, che sono i principali attori del settore che si occupano di educazione nei vari ambiti socio-sanitari, sociali e di assistenza.

Ci diciamo da tempo che uno dei grandi problemi del lavoro sociale oggi è la mancanza di educatori, praticamente introvabili. Questa novità aiuterà?

Non si trovano educatori, infermieri, OSS, medici, e moltissime altre professioni e non solo nel settore dell’assistenza. Il problema della carenza è evidente ed è dovuto al fatto che, in tutti i settori, i pensionati ogni anno sono di più di quelli che entrano nel mondo del lavoro. Questo produce un’offerta di posti di lavoro, con la conseguente fuga dai lavori più disagevoli – come i lavori di cura soprattutto se h24 – verso lavori più concilianti. È evidente che il lavoro nei settori sanitari e sociali in Italia non trova il giusto riconoscimento, ma questo è un altro tema su cui la politica deve riflettere, aumentando vigorosamente le risorse al sistema accreditato sia pubblico e sia privato. Non dimentichiamo che la stragrande maggioranza dei servizi socio sanitari e sociali è affidato al Terzo settore, cioè al privato sociale.

La distinzione dei due profili – educatore socio sanitario e  educatore socio pedagogico – trova corrispondenza nella realtà dei servizi? C’è chi dice che questo creerà confusione e difficoltà. È così?

Ovvio che sì, ma questo già da prima della nascita degli albi. Qui il danno è stato fatto molto prima, perché la politica ha preferito seguire le evoluzioni delle Università piuttosto che rendersi conto di quanto avveniva nel mondo reale. A mio avviso, se gli albi saranno governati nell’interesse della professione – che è anche l’interesse del cittadino – allora si troveranno le giuste convergenze per evitare inutili contenziosi. Ma è un tema complesso, che necessità di molti approfondimenti. 


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