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Lavoro sociale

Educatori e pedagogisti, l’Ordine è legge

Ok definitivo del Senato: le professioni pedagogiche ed educative avranno il loro ordine e albo professionale. «Un nuovo passo che qualifica il percorso di queste professioni. Ma educatori e pedagogisti hanno bisogno di maggiore riconoscimento non solo sul piano giuridico, retributivo, contrattuale», dice la professoressa Iori che nel 2017, in Parlamento, aveva introdotto la necessità della laurea per essere riconosciuti come educatori

di Vanna Iori

Il 9 aprile 2024 è stato approvato definitivamente il Disegno di Legge su “Disposizioni in materia di ordinamento delle professioni pedagogiche ed educative e istituzione dei relativi albi professionali”, in cui sono confluite le proposte presentate da Valentina D’Orso (M5S), Maria Carolina Varchi (FDI), Annarita Patriarca (FI-PPE) e Irene Manzi (PD-IDP). Su 135 votanti, i voti favorevoli sono stati 129, con zero contrari e 5 astenuti. «L’ampio consenso parlamentare corrisponde ad una viva attesa e a un forte apprezzamento di tanti educatori e pedagogisti», scrive in un comunicato la Società italiana di pedagogia-Siped, nel salutare «con entusiasmo» la nuova fase che si apre. Il percorso di riconoscimento delle professioni educative e pedagogiche era iniziato con l’approvazione della Legge 205/2017, commi 594-599, che recepivano l’iniziativa legislativa di Vanna Iori, a cui abbiamo chiesto un commento rispetto alle novità odierne. (SDC)

I profili di educatore e di pedagogista sono due figure chiave per l’indispensabile innovazione del sistema di welfare secondo un’ottica promozionale e rigenerativa. Negli ultimi anni queste figure sono sempre più al centro di un dibattito che si articola sulla ricerca degli strumenti migliori per garantire la dignità e, soprattutto, la necessaria valorizzazione professionale. Nel 2017 si è concluso un lungo lavoro parlamentare che ho promosso alla Camera dei Deputati e che si è concretizzato nella Legge 205/17 (commi 594-601), che ha delineato finalmente la fisionomia dell’educatore socio-pedagogico e del pedagogista, affermando il principio – fondamentale ma non scontato – che le competenze professionali sono necessarie e qualificano il fondamento scientifico degli interventi educativi.

Fino a quel momento chiunque poteva essere assunto come educatore, con qualsiasi titolo di studio. Sancendo l’obbligatorietà della laurea si è affermato invece un principio irrinunciabile: educatori non ci si improvvisa, ma è necessaria una solida preparazione professionale e scientifica, che si traduce in un miglioramento dei servizi e del welfare educativo. Oltre al titolo venivano definiti anche gli ambiti occupazionali. Si sono poste così le basi – che considero un punto di partenza, perché ancora restavano passi da compiere – per dare dignità professionale a una figura spesso poco valorizzata ma che è diventata sempre più indispensabile per rispondere alle molteplici e nuove sfide educative.  Come ho scritto nel saggio Educatori e pedagogisti. Senso dell’agire educativo e riconoscimento professionale (Erickson), «educare è un compito strategico, dal quale dipendono la conservazione, l’evoluzione e il rinnovamento, senza i quali – come scrive Hannah Arendt – la civiltà e le sue conquiste andrebbero inesorabilmente in rovina».  


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L’educazione infatti è sempre un’azione politica (nel senso più nobile del termine), che non può mai essere considerata un fatto privato ma che deve essere condivisa nella costruzione delle comunità educanti, e richiede una responsabilità pubblica, comune, co-progettata.

L’agire educativo non  poteva più essere lasciato al semplice buon senso e tantomeno all’improvvisazione: esige invece una professionalità che va formata e ri-formata continuamente in relazione ai cambiamenti in atto, molto impegnativi e densi di criticità

Vanna Iori

L’agire educativo non  poteva più essere lasciato al semplice buon senso – anche  se è necessario che se ne debba avvalere – e tantomeno all’improvvisazione: esige invece una professionalità che va formata e ri-formata continuamente nella sua importanza e delicatezza, in relazione ai cambiamenti in atto e, in questi tempi, molto impegnativi e densi di criticità. Ebbene, la mia proposta di legge approvata nel 2017 ha avuto il merito di dare una maggiore dignità al lavoro educativo e di mettere ordine nelle professioni che afferiscono a tale ambito perché “educatori non ci si improvvisa”. 

Vanna Iori, pedagogista, è ordinaria di Pedagogia all’Università Cattolica di Milano

L’istituzione dell’Ordine

L’articolo 5 della legge 788 ora approvata prevede infatti che l’iscrizione all’Albo sia vincolato, oltre che al successivo conseguimento del titolo di studio richiesto, anche ad una prova per la valutazione delle competenze professionali acquisite nel tirocinio effettuato nel corso di studi. Se la precedente legge 205 che aveva  delineato la fisionomia dell’educatore  socio-pedagogico e del pedagogista come operatori capaci di uno sguardo unitario e complesso, è stata il primo passo per sancire il valore delle competenze necessarie per sapere intervenire a supporto della crescita e della piena umanizzazione delle persone, lungo l’intero arco di vita e nei molteplici contesti in cui si realizza, adesso si è finalmente compiuto un secondo passo a cui tanto abbiamo lavorato in questi anni: ieri al Senato è stato approvato il DDL che istituisce l’Ordine professionale delle professioni pedagogiche ed educative. Un riconoscimento atteso da tempo, che sancisce il ruolo fondamentale di pedagogisti ed educatori socio-pedagogici. Solo per gli educatori parliamo di circa 250mila professionisti e di 12mila neolaureati che ogni anno escono da 42 corsi di laurea in Scienze dell’Educazione. Il Consiglio nazionale dell’Ordine prevede, tra le sue funzioni, l’adozione del regolamento per il funzionamento dell’Ordine, la programmazione del codice deontologico, il controllo dell’osservanza delle leggi di rilevanza nazionale.

Il ddl 788 è infatti composto da 13 articoli e prevede che gli iscritti all’Albo (tenuti al segreto professionale) vadano a costituire un ordine articolato su base regionale, delineandone il profilo, ovvero quello dello «specialista dei processi educativi che, operando con autonomia scientifica e responsabilità deontologica», svolge le proprie funzioni rivolte «alla persona, alla coppia, alla famiglia, al gruppo, agli organismi sociali e alla comunità in generale». Specifica inoltre che tale professionista può svolgere le sue mansioni presso le pubbliche amministrazioni e nei servizi pubblici e privati, nonché svolgere «attività didattica, di sperimentazione e di ricerca nello specifico ambito professionale», in forma autonoma, o con rapporto di lavoro subordinato. Oltre a quanti sono in possesso di laurea specialistica o magistrale in Programmazione e gestione dei servizi educativi, Scienze dell’educazione degli adulti e della formazione continua, Scienze Pedagogiche, Teorie e metodologie dell’e-learning e della media education e Scienze dell’educazione, o Pedagogia, possono esercitare la professione «i professori ordinari e associati e i ricercatori che insegnano, o hanno insegnato discipline pedagogiche» in università, o enti di ricerca italiani o esteri.

Le professioni educative hanno bisogno di maggiore riconoscimento, e non solo sul piano giuridico, retributivo, contrattuale. C’è bisogno di una strategia multilivello per renderle davvero protagoniste nella costruzione di un nuovo sguardo progettuale

Vanna Iori

Dal riconoscimento giuridico al riconoscimento retributivo e sociale 

Ora credo sia necessario avviare una riflessione sul futuro previdenziale della categoria che entrando nel sistema ordinistico potrebbe aspirare a confluire dall’Inps ad una cassa pensionistica privata. Lo voglio dire ancora una volta con chiarezza: i repentini mutamenti sociali ed economici richiedono nuove strategie nei servizi educativi, dove gli ambiti e le competenze professionali tradizionali rischiano di diventare inadeguati e obsoleti di fronte alle trasformazioni dei bisogni e delle domande. Se è facile comprendere la necessità del cambiamento, più complesso è individuare le modifiche necessarie nei percorsi formativi degli educatori e dei pedagogisti, le competenze idonee alla creazione di nuove politiche di welfare educativo. La prevista istituzione degli albi professionali sancisce l’operatività del riconoscimento giuridico. Pedagogisti ed educatori svolgono un ruolo fondamentale per lo sviluppo di un sistema di educazione posto a servizio delle persone, delle famiglie e delle comunità. Ma le professioni educative hanno bisogno di maggiore riconoscimento, e non solo sul piano giuridico, retributivo, contrattuale. Questo è solo un ulteriore  passo. C’è bisogno di una strategia multilivello, lavorativa, di risorse da stanziare per renderle davvero protagoniste nella costruzione di un nuovo sguardo progettuale, innovativo e ri-generativo.

Foto da Pixabay


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