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Calabria, quasi la metà dei pazienti per curarsi deve spostarsi al Nord

Nel Mezzogiorno sono peggiori le condizioni sanitarie, c’è meno prevenzione, la mortalità per tumori è più elevata, sono più lunghe le distanze da percorrere per curarsi. L’autonomia differenziata aggrava le disuguaglianze. I dati del report “Un Paese, due cure. I divari Nord-Sud nel diritto alla salute”, promosso dalla Svimez in collaborazione con Save the Children

di Ilaria Dioguardi

Al Sud i servizi di prevenzione e cura sono più carenti, è minore la spesa pubblica sanitaria, ci si sposta in altre regioni per ricevere assistenza. Sono alcuni dei dati emersi dal report Svimez Un Paese, due cure. I divari Nord-Sud nel diritto alla salute, in collaborazione con Save the Children, presentato a Roma.
Aumentare la spesa sanitaria è la priorità nazionale. Inoltre, andrebbe corretto il metodo di riparto regionale del Fondo sanitario nazionale per tenere conto dei maggiori bisogni di cura nei territori a più elevato disagio socio-economico. L’autonomia differenziata rischia di ampliare le disuguaglianze nelle condizioni di accesso al diritto alla salute. Queste le principali considerazioni presenti nel report.

Solo 6,6% del Pil per il Sistema sanitario nazionale

I divari territoriali sono aumentati in un contesto di generalizzata debolezza del Sistema sanitario nazionale – Ssn che, nel confronto europeo, risulta sottodimensionato per stanziamenti di risorse pubbliche: in media 6,6% del Pil, contro il 9,4% della Germania e l’8,9% della Francia. Ciò a fronte di un contributo privato comparativamente elevato, 24% della spesa sanitaria complessiva, quasi il doppio di Francia e Germania. Il monitoraggio Livelli essenziali di assistenza – Lea, che offre un quadro delle differenze nell’efficacia e qualità delle prestazioni fornite dai diversi Servizi Sanitari Regionali – Ssr, fa emergere i deludenti risultati del Sud: cinque regioni del Mezzogiorno risultano inadempienti.

Due sistemi di cura diversi

«Questo report è una fotografia del Sistema sanitario che evidenzia un paese con due sistemi di cura completamente diversi, che si stanno allontanando nel corso del tempo», dice a VITA il direttore generale della Svimez Luca Bianchi. «I dati che presentiamo mostrano come, dopo il Covid, ci sia stato un indebolimento delle politiche sanitarie in Italia, a livello generale, e lo stanno pagando tutte le regioni italiane. Questo comporta inevitabilmente un divario sempre più alto, soprattutto dove il sistema è più fragile come al Sud. Un dato per tutti, per far comprendere quanto il Nord e il Sud siano due mondi diversi, ce lo danno gli screening tumorali promossi a livello regionale. Abbiamo livelli che vanno dal 12% in Calabria all’80% dell’Emilia Romagna, vuol dire che 12 donne su 100 vengono contattate in Calabria per effettuare gli screening tumorali, mentre in Emilia Romagna sono 80 su 100: ciò determina per le donne della regione del Sud una maggiore possibilità di ammalarsi e un minore tasso di sopravvivenza».
Secondo le valutazioni dell’Istituto Superiore di Sanità – Iss, nel biennio 2021-2022, in Italia circa il 70% delle donne di 50-69 anni si è sottoposta ai controlli: circa due su tre lo hanno fatto aderendo ai programmi di screening gratuiti. La copertura complessiva è dell’80% al Nord, del 76% al Centro, scende al 58% nel Mezzogiorno.

Al Sud minore speranza di vita e maggiore mortalità per tumore

«Abbiamo dei dati sulle aspettative di vita e sulla mortalità per tumore che si stanno allontanando tra Sud e Nord. Questo è un fatto preoccupante, se pensiamo che tre anni fa eravamo in pieno Covid e riflettevamo su come bisognasse rafforzare il Sistema Sanitario Nazionale, su come nessuno poteva farcela da solo e siamo tornati a una logica di assoluto egoismo, abbandono, indebolimento del Sud», continua Bianchi. Il Mezzogiorno, secondo gli indicatori Bes (Benessere Equo e Sostenibile) sulla salute, è l’area del paese caratterizzata dalle peggiori condizioni di salute. Gli indicatori relativi alla speranza di vita mostrano un differenziale territoriale marcato e crescente negli anni: nel 2022, la speranza di vita alla nascita per i cittadini meridionali era di 81,7 anni, 1,3 anni in meno del Centro e del Nord-Ovest, 1,5 rispetto al Nord-Est. Analoghi differenziali sfavorevoli al Sud si osservano per la mortalità evitabile causata da deficit nell’assistenza sanitaria e nell’offerta di servizi di prevenzione. Il tasso di mortalità al Sud per tumore è pari al 9,6 per 10mila abitanti per gli uomini rispetto a circa l’8 del Nord. È cresciuto il divario per le donne: 8,2 al Sud con meno del 7 al Nord.


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Con l’autonomia differenziata cristallizzazione e ampliamento dei divari

«Leggendo i dati del report, abbiamo un’ulteriore preoccupazione che riguarda l’autonomia differenziata. Noi lanciamo un messaggio che è completamente opposto a quello dell’autonomia differenziata», prosegue il direttore della Svimez. «Diciamo che, per rendere universale il Sistema sanitario bisogna puntare sul Sistema nazionale, bisogna equilibrare i servizi tra le varie aree del paese. Invece l’autonomia differenziata è quel modello che porterebbe alla cristallizzazione e all’ampliamento dei divari. Vorrebbe dire che ogni regione prova a farcela da sola».

Mobilità sanitaria: è “fuga” dal Sud

Nel report è evidente la “fuga” dal Sud per ricevere assistenza in strutture sanitarie del Centro e del Nord, soprattutto per le patologie più gravi. «I dati sulla migrazione sanitaria sono impressionanti», continua Bianchi. «Non solo abbiamo delle regioni in cui oltre il 40% delle persone va fuori dalla propria regione per curarsi (questo riguarda tutte le regioni del Mezzogiorno e ormai anche del Centro), ma introduce anche un meccanismo che si autoalimenta. Le persone che vanno via sono risorse che da una regione povera si spostano in una regione ricca per compensare le spese sanitarie, quindi danno più budget alle regioni ricche, togliendolo a quelle più deboli». 

VITA ha dedicato una serie di articoli al tema della migrazione sanitaria:

Nel 2022, dei 629mila migranti sanitari (volume di ricoveri), il 44% era residente in una regione del Mezzogiorno. Per le patologie oncologiche, 12.401 pazienti meridionali, pari al 22% del totale dei pazienti, si sono spostati per ricevere cure in un Ssr del Centro o del Nord nel 2022. Solo 811 pazienti del Centro-Nord (lo 0,1% del totale) hanno fatto il viaggio inverso. È la Calabria a registrare l’incidenza più elevata di migrazioni: il 43% dei pazienti si rivolge a strutture sanitarie di regioni non confinanti. Seguono Basilicata (25%) e Sicilia (16,5%). Al Sud, i servizi di prevenzione e cura sono dunque più carenti, minore la spesa pubblica sanitaria, più lunghe le distanze da percorrere per ricevere assistenza.

1 ,3 milioni minori in povertà (di salute)

«L’Italia dal punto di vista delle cure dei bambini, è un’eccellenza e resta tale. Abbiamo un Ssn universalista, che accoglie tutti i bambini e tutte le famiglie gratuitamente, anche nelle emergenze. Questo è un valore che non dobbiamo mai dimenticare», dice a VITA Raffaela Milano, responsabile dei Programmi Italia – Europa di Save the Children. «In questo contesto è vero che le disuguaglianze aumentano e colpiscono soprattutto in povertà. Questi dati non possono essere separati dal numero di bambini e adolescenti in condizione di povertà assoluta, 1,3 milioni , per cui la povertà diventa povertà di salute. Proprio in quelle zone del paese in cui l’offerta di salute dovrebbe essere più forte per compensare queste difficoltà, invece è più debole», continua Milano.

Nel 2022, dei 629mila migranti sanitari (volume di ricoveri), il 44% era residente in una regione del Mezzogiorno

Crescono le migrazioni sanitarie pediatriche

«La migrazione sanitaria è un argomento molto importante nel nostro paese, soprattutto quando si parla di bambini perché è tutta la famiglia che viene colpita da questa situazione. La mobilità sanitaria ci porta a dire di fare attenzione, quando si parla di autonomia differenziata. Il quadro di partenza è già così disuguale che non dobbiamo rischiare che le disuguaglianze si allarghino». Save the Children evidenzia numeri crescenti anche nelle migrazioni sanitarie pediatriche da Sud verso il Centro-Nord, segno di carenze o di sfiducia nel sistema sanitario delle regioni del Mezzogiorno: l’indice di fuga – ovvero il numero di pazienti pediatrici che vanno a farsi curare in una regione diversa da quella di residenza – nel 2020 si attesta in media all’8,7% a livello nazionale, con differenze territoriali che vanno dal 3,4% del Lazio al 43,4% del Molise. In particolare, un terzo dei bambini e degli adolescenti si mette in viaggio dal Sud per ricevere cure per disturbi mentali o neurologici, della nutrizione o del metabolismo nei centri specialistici convergendo principalmente a Roma, Genova e Firenze.

Frammentazione e desertificazione dei professionisti

«Dal nostro osservatorio emerge una frammentazione che si aggiunge alle disuguaglianze Sud-Nord poiché riguarda questioni diffuse come la desertificazione dei professionisti e dei servizi», ha detto Anna Lisa Mandorino, Segretaria generale di Cittadinanzattiva. «Medici di medicina generale e infermieri sono carenti al Nord più che al Sud, ma mancano in generale nelle aree interne, come anche alcuni servizi caratterizzati da alta innovazione e specializzazione. In questo quadro la riforma della autonomia differenziata, sulla quale si continua a ragionare (per giunta con scarsissimo coinvolgimento dei cittadini) senza la definizione dei Livelli essenziali delle prestazioni, dà come unica certezza quella di amplificare questa frammentazione e di consegnarci un paese ulteriormente diviso nella garanzia del diritto alla salute».

1,6 milioni di famiglie italiane in povertà sanitaria, 700mila al Sud

In base alle recenti valutazioni del Centro per la ricerca economica applicata in sanità – Crea, sono il 6,1% le famiglie italiane in povertà sanitaria, perché hanno riscontrato difficoltà o hanno rinunciato a sostenere spese sanitarie. Sono 1,6 milioni le famiglie italiane in povertà sanitaria, di queste 700mila sono al Sud. Nel Mezzogiorno la povertà sanitaria riguarda l’8% dei nuclei familiari, una percentuale doppia rispetto al 4% del Nord-Est (5,9% al Nord-Ovest, 5% al Centro).

Foto di apertura: Ospedale Ieo di Milano, inaugurazione del nuovo padiglione Ieo Proton Center. (LaPresse)
Foto dell’evento per gentile concessione dell’ufficio stampa Save the Children.


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