Sezioni

Attivismo civico & Terzo settore Cooperazione & Relazioni internazionali Economia & Impresa sociale  Education & Scuola Famiglia & Minori Leggi & Norme Media, Arte, Cultura Politica & Istituzioni Sanità & Ricerca Solidarietà & Volontariato Sostenibilità sociale e ambientale Welfare & Lavoro

Cop28

Clima: chi rema contro l’uscita dai fossili

A un giorno dalla conclusione dei negoziati Onu sul clima di Dubai, arriva una bozza di accordo a ribasso, che non contempla l’«uscita dai combustibili fossili». Stanno vincendo gli interessi degli Stati produttori di petrolio, tra cui proprio i padroni di casa: gli Emirati Arabi Uniti. Ma anche il mondo dell’agroindustria, presente quest’anno con la delegazione più numerosa di sempre. Per il WWF Italia il testo, così com’è, è inaccettabile

di Elisa Cozzarini

Foto di Kateryna Ivanova su Unsplash

Non c’è la «graduale eliminazione dei combustibili fossili», nell’ultima bozza degli accordi finali della Cop 28, la Conferenza Onu sul clima che si concluderà a Dubai domani. Viene invece riconosciuta la «necessità di una riduzione profonda, rapida e sostenuta delle emissioni di gas serra». Nelle stesse ore, per l’ennesima volta, il Segretario generale dell’Onu António Guterres ribadiva l’urgenza di raggiungere un accordo più radicale: «La nostra è una corsa contro il tempo, per non superare 1,5°C di aumento della temperatura media del pianeta entro fine secolo. È il momento di fare le scelte più ambiziose, con la massima flessibilità». C’era da aspettarsi che il negoziato, però, portasse a un compromesso al ribasso, vista la sede: gli Emirati Arabi Uniti, il quinto produttore di petrolio al mondo, e la controversa presidenza di Sultan Al Jaber, amministratore delegato della compagnia petrolifera nazionale.

«Rispetto le raccomandazioni della scienza sul cambiamento climatico», ha dichiarato Al Jaber all’indomani della diffusione da parte del Guardian del video in cui affermava: «Non c’è scienza che dimostri la necessità dell’uscita dai combustibili fossili per limitare il riscaldamento globale». Sarebbe una frase estrapolata dal contesto, secondo il presidente della Cop28, che porta a fraintendimenti. Intanto, gli Stati dell’Organizzazione dei Paesi esportatori di petrolio – Opec (tra cui gli Emirati) hanno messo in chiaro che non approveranno nessun accordo che abbia l’obiettivo dell’eliminazione dei combustibili fossili.

Ma a remare contro l’approvazione di un accordo davvero ambizioso alla Cop28 non ci sono solo i petrolieri. Quest’anno a Dubai c’è la delegazione più numerosa di sempre di rappresentanti dell’agroindustria, dalla produzione di carne ai fertilizzanti e pesticidi: lo ha portato alla luce DeSmog, organizzazione internazionale nata nel 2006 per combattere la disinformazione sul clima condotta a vantaggio dell’economia fossile. Secondo l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Alimentazione e l’Agricoltura – Fao, d’altra parte, il sistema dell’agroindustria è responsabile del 30% delle emissioni di gas a effetto serra e ostacola la lotta alla crisi climatica.  

Sempre secondo l’analisi di DeSmog, a Dubai, gli interessi dei grandi produttori di carne e prodotti caseari, in particolare, sono difesi da 120 delegati, tre volte più di quanti avevano partecipato alla Cop27 dello scorso anno. Inoltre, cento rappresentanti dell’agroindustria, dieci volte più che nel 2022, hanno partecipato alle delegazioni degli Stati, avendo così un accesso privilegiato ai negoziati diplomatici, la sede dove vengono prese le decisioni più importanti. Per DeSmog le prime cinque compagnie che producono carne, tutte insieme, sono responsabili di una quantità di emissioni molto maggiore di quella di giganti petroliferi quali Shell e BP, mentre all’industria casearia nel suo complesso è imputabile il 3,4% delle emissioni, più di quelle dell’aviazione.

Dopo aver visto la bozza di accordo pubblicata oggi alla COP28 di Dubai, Mariagrazia Midulla, responsabile Clima ed Energia del WWF Italia, ha definito il testo: «deludente e molto meno ambizioso di quelli precedenti». Se passasse così com’è, per l’associazione ambientalista, sarebbe un fallimento per i governi chiamati ad affrontare, finalmente, la causa della crisi climatica: i combustibili fossili. «Questo testo rimanda al 2050. Nessun progresso nemmeno sui sussidi ai combustibili fossili che l’anno scorso ammontavano a 7 trilioni di dollari. Le opzioni energetiche sono state allargate alle false soluzioni, nucleare e cattura e stoccaggio del carboni – ccs, un ulteriore modo per perdere tempo prezioso».

Foto di Kateryna Ivanova su Unsplash


Qualsiasi donazione, piccola o grande, è
fondamentale per supportare il lavoro di VITA