Sezioni

Attivismo civico & Terzo settore Cooperazione & Relazioni internazionali Economia & Impresa sociale  Education & Scuola Famiglia & Minori Leggi & Norme Media, Arte, Cultura Politica & Istituzioni Sanità & Ricerca Solidarietà & Volontariato Sostenibilità sociale e ambientale Welfare & Lavoro

Cop 28

Clima, se sicurezza fa rima con inclusione

Per salvare le vite di chi è più fragile, le persone con disabilità devono diventare protagoniste delle Strategie nazionali sull'emergenza climatica. Nei negoziati Onu, fino allo scorso anno la loro voce non veniva considerata e solo il 20% dei Paesi che hanno firmato l'Accordo di Parigi le menziona almeno in un documento ufficiale. Oggi le associazioni chiedono che a Dubai la Cop 28 sia, finalmente, inclusiva

di Elisa Cozzarini

Soccorso inclusivo: tecniche e manovre di intervento

Le persone con disabilità sono tra le più vulnerabili agli effetti del riscaldamento globale, eppure sono ancora per lo più ignorate nei Piani nazionali per l’emergenza climatica. La denuncia arriva alle soglie della Cop 28 di Dubai, da parte delle principali sigle internazionali che riuniscono le persone con disabilità in tutto il mondo: International Disability Alliance – Ida, European Disability Forum – Edf, World Blind Union – Wbu, Inclusion International, CBM Global Disability Inclusion, Light for the World. Insieme, queste associazioni hanno elaborato un documento con richieste e messaggi per i prossimi negoziati Onu sul clima, dal 30 novembre al 12 dicembre (il testo si può scaricare al link, in inglese.

Solo dalla Cop 27 di Sharm-el-Sheikh dello scorso anno, si è cominciato a includere le persone con disabilità nei negoziati, con molti problemi di accessibilità. Quest’anno, le associazioni si aspettano dei passi in avanti. Gordon Rattray dell’European Disability Forum – Edf, afferma: «Ci sono molte più persone con disabilità di quanto si pensi. Siamo almeno il 15% della popolazione, in tutti i Paesi del mondo. E quando c’è un’emergenza, quella percentuale sale, perché alcuni potrebbero fare un’esperienza simile alla disabilità, a causa dell’evento».

Eppure, in base a un recente studio dell’International Disability Alliance – Ida con l’Università McGill di Montreal in Canada, solo 39 dei 195 Stati che hanno firmato l’Accordo di Parigi fanno riferimento alle persone con disabilità nelle Strategie nazionali sulla crisi climatica. Significa che l’80% non le menziona nemmeno.

«Bisogna lavorare innanzitutto sulla comunicazione inclusiva: i messaggi d’allarme devono raggiungere tutti, anche, per esempio, le persone sorde o cieche», prosegue Rattray. «In secondo luogo, i trasporti e gli spazi sicuri devono essere anche accessibili. Capita che le persone in carrozzina non siano nelle condizioni di arrivare ai punti di evacuazione, oppure che non ci vogliano andare, magari perché sanno di non poter usare un bagno adatto a loro. Ma voglio ricordare che non sempre chi ha disabilità è l’anello debole: alcuni hanno figli, un lavoro, persone che dipendono da loro. Devono essere messi in condizione di continuare a dare sostentamento alle loro famiglie».

Il lato positivo è che sono le stesse persone con disabilità ad avere la soluzione, il più delle volte: ecco perché le loro associazioni vanno coinvolte sin dall’inizio, nell’elaborazione della risposta più efficace alle emergenze. «Ma non basta: servono fondi per dare concretezza alla voce “inclusione” nei piani governativi», sottolinea ancora Rattray.

Nel documento condiviso in vista della Cop 28, le associazioni chiedono una «effettiva partecipazione pubblica di tutti i gruppi sociali, comprese le persone con disabilità, nella pianificazione, realizzazione, monitoraggio e valutazione delle politiche messe in atto per l’Accordo di Parigi, a partire dall’accessibilità dell’informazione». La Conferenza di Dubai affronterà, in particolare, il capitolo Loss & Damage, cioè delle perdite e danni, particolarmente sentito in alcuni paesi come le piccole isole del Pacifico, che rischiano di scomparire a causa dell’innalzamento del livello del mare. Si dovrà decidere come finanziare e come funzionerà il fondo per far fonte alle situazioni ormai irreversibili. La richiesta è che in questo capitolo si tengano in particolare considerazione i diritti delle persone con disabilità, le più fragili.

Il documento condiviso dalle associazioni richiama l’articolo 11 della Convenzione sui diritti delle persone con disabilità delle Nazioni Unite, che dice: «Gli Stati Parti adottano, in conformità agli obblighi derivanti dal diritto internazionale, compreso il diritto internazionale umanitario e le norme internazionali sui diritti umani, tutte le misure necessarie per garantire la protezione e la sicurezza delle persone con disabilità in situazioni di rischio, incluse le situazioni di conflitto armato, le emergenze umanitarie e le catastrofi naturali».

Giampiero Griffo della Federazione italiana superamento dell’handicap – Fish, osserva che l’Italia risponde solo parzialmente a questa esigenza. Buona è la collaborazione con i Vigili del Fuoco, avviata già nel 2000 per pianificare gli interventi in caso di emergenza. «Ma in generale, per quanto riguarda il cambiamento climatico, siamo all’inizio di una riflessione. Dobbiamo prepararci ad affrontare non solo gli eventi estremi ma anche per esempio il maggiore rischio di malattie dovuto all’aumento della temperatura media del pianeta. Sono fattori che hanno un impatto sulla popolazione in generale, ma diventano più gravi per le persone con disabilità», aggiunge Griffo.

Stefano Zanut, dei Vigili del fuoco di Pordenone e membro dell’Osservatorio sulla Sicurezza e il Soccorso delle Persone con Esigenze Speciali degli stessi Vigili del fuoco, spiega: «Da soccorritore, in emergenza devo tener conto che ci sono persone più vulnerabili di altre: non solo disabili, anche poveri, stranieri, senzatetto, soggetti ai margini. Chi ha una disabilità ha il vantaggio, almeno, di essere organizzato. Per questo coinvolgere le associazioni è cruciale per poter intervenire nel modo più efficace».

Se le Nazioni Unite e lo Stato italiano richiedono l’inclusione delle persone con disabilità nell’emergenza, ciò che fa la differenza sui territori è soprattutto la capacità dei soccorritori di fare rete con le associazioni. «Servono percorsi che rendano protagoniste le persone», aggiunge Zanut. «Come Vigili del fuoco, da anni formiamo i soccorritori a intervenire in funzione di diverse necessità: sono proprio le associazioni a dirci come comportarci di fronte a esigenze speciali, con chi è in sedia a rotelle, con chi è autistico, ha la sindrome di Down, difficoltà motorie, ciechi, ipovedenti, persone con disabilità cognitive…».

Imparare ad affrontare l’emergenza, sapere cosa fare mentre si attendono i soccorsi e come proteggersi sarà cruciale per una società che, nel futuro della crisi climatica, dovrà affrontare un numero crescente di eventi estremi. Le associazioni di persone con disabilità chiedono a gran voce di non essere lasciate indietro.

Per le foto si ringrazia il Corpo nazionale dei Vigili del fuoco.


Qualsiasi donazione, piccola o grande, è
fondamentale per supportare il lavoro di VITA