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Come costruire il “diritto al futuro” per le nuove generazioni

L’organizzazione umanitaria WeWorld ha pubblicato il report “Diritti ai margini. Rimettere al centro il futuro di bambini e adolescenti delle periferie italiane”. Lo studio è partito da una semplice domanda, “Come stai?”, fatta ai giovani delle periferie italiane. «I diritti, le opportunità e il futuro delle persone non dovrebbero dipendere dal luogo in cui si nasce. A rischiare di rimanere indietro, intrappolate nell’immobilità sociale, sono soprattutto le nuove generazioni», scrive Marco Chiesara, presidente dell’organizzazione

di Marco Chiesara

Dobbiamo intervenire per garantire il diritto al futuro a tutti i bambini e le bambine, partendo da una scuola incentrata anche sul benessere, non solo sulle hard skills, che vada ad agire sulle diseguaglianze.

Sebbene il diritto al futuro non sia un diritto giuridicamente riconosciuto, pensiamo sia un concetto utile per descrivere la necessità di adottare una prospettiva a lungo termine nell’assicurare che i diritti di tutte e tutti siano riconosciuti. I diritti, le opportunità e il futuro delle persone non dovrebbero dipendere dal luogo in cui si nasce, ma oggi, alcune identità sociali più di altre, sono maggiormente colpite da disuguaglianze e discriminazioni in maniera intersezionale. A rischiare di rimanere indietro, intrappolate nell’immobilità sociale, sono soprattutto le nuove generazioni. In questo senso, parlare di riconoscere, prima ancora di garantire, il “diritto al futuro” delle nuove generazioni non vuole essere una provocazione, ma uno stimolo a focalizzare l’attenzione su alcuni aspetti cruciali della dignità delle persone e della responsabilità sociale.  Concentrarsi sul domani, assicurandosi che i diritti di tutte e tutti siano riconosciuti, promossi e rispettati oggi, incoraggia la società ad adottare una prospettiva a lungo termine. Significa ragionare in termini di eredità, pensare a un nuovo patto sociale, perché le scelte prese oggi, finora dimostratesi poco lungimiranti, stanno già avendo e avranno conseguenze per coloro che erediteranno il mondo che ci lasciamo alle spalle. Quanto riusciremo a garantire il diritto al futuro dipenderà molto da quanto riusciremo a garantire il diritto all’educazione. Per fare ciò, la scuola dovrà fare da “ponte”, aprendosi anche all’esterno, per garantire un’offerta educativa dentro e fuori le scuole, che miri a ridurre le disuguaglianze.

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Ma per periferie non si intende solo una localizzazione geografica, ma più che altro una dimensione sociale di marginalizzazione. La periferia fa riferimento, dunque, alla qualità della vita, dei servizi e delle opportunità sociali presenti in un territorio. Non sempre la periferia si trova ai margini della città. È infatti importante sottolineare che non sempre la periferia geografica e la periferia sociale coincidono. In Italia, sono 3,2 milioni le persone che vivono in zone caratterizzate da forte esclusione e disuguaglianze sociali. Questo spesso determina la lontananza dalle istituzioni politiche, ma bisogna anche guardare alla mancanza di servizi commerciali e culturali, alla precarietà o assenza di trasporti. C’è poi la questione delle disuguaglianze sociali, che si traducono spesso in disuguaglianza economica, abitativa e lavorativa, ma soprattutto di opportunità, di possibilità di riuscita scolastica, di emancipazione, di mobilità sociale e spaziale.Troppo spesso in Italia le periferie sono oggetto di una narrazione, mediatica e non, negativa e stereotipata. Perpetuare certi pregiudizi sociali finisce per ostacolare il benessere e le opportunità delle persone che abitano questi luoghi. Noi crediamo che l’attenzione alle periferie sia necessaria per contrastare discriminazioni e ingiustizie e per garantire diritti fondamentali come il diritto all’educazione è fondamentale partire dai contesti marginalizzati, che sono quelli in cui più agiscono le disuguaglianze. Pensiamo anche che sia arrivata l’ora di ribaltare la prospettiva, riconoscendo la centralità e la dignità di quelle persone e di quei luoghi che, troppo a lungo, sono stati considerati ai margini. Una visione trasformativa, che collochi le periferie italiane e, soprattutto, i loro bambini e le bambine e i giovani, al centro dell’agenda politica, sociale ed economica del nostro Paese.

Affinché tutto questo avvenga è essenziale favorire il protagonismo dei ragazzi e delle ragazze. Il futuro, infatti, non potrà essere costruito solo dagli adulti. Sono necessarie nuove voci, come quelle dei minori e dei giovani, interpreti del cambiamento troppo a lungo sottovalutati. Le nuove generazioni vogliono contribuire al dialogo e alla costruzione del futuro con idee, principi e soluzioni, e devono essere messi nelle condizioni di poterlo fare, come ci ricorda la stessa Convenzione sui diritti dell’Infanzia e dell’Adolescenza (CRC). Maggiore sarà l’attenzione che daremo alle esigenze delle nuove generazioni, migliore sarà il futuro che saremo in grado di offrire loro e alla nostra società. L’obiettivo di WeWorld, in Italia come nel mondo, è di riportare al centro chi sta ai margini ed è per questo che i e le giovani trovano all’interno dei nostri progetti sempre lo spazio per raccontarsi. 


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WeWorld lavora proprio nei contesti più isolati e marginalizzati, ad alto rischio di dispersione scolastica e povertà educativa. Interveniamo, quindi, per contrastare la mancata o incompleta partecipazione ai percorsi educativi da parte di giovani in età scolare (abbandono scolastico, bocciatura, ripetenza, ritiro temporaneo dalla scuola) e per garantire il diritto di tutte e tutti di apprendere, formarsi, sviluppare e coltivare capacità e competenze. La povertà educativa è, infatti, un fenomeno multidimensionale, che riguarda un ampio ventaglio di attività educative, dal diritto allo studio alle opportunità culturali e sportive. Per prevenire e contrastare questi fenomeni, realizziamo diversi progetti, dentro e fuori la scuola, che prevedono il coinvolgimento di insegnanti, genitori, istituzioni, enti pubblici e privati per assicurare un’azione efficace sui singoli studenti e sulla comunità educante. In particolare, da oltre 10 anni abbiamo attivato in tutta Italia il programma nazionale Frequenza 200, nato per contrastare la dispersione scolastica e la povertà educativa tra i minori di età compresa tra i 10 e i 16 anni. Con questo Programma vogliamo promuovere un’educazione inclusiva e di qualità, che valorizzi il ruolo fondamentale non solo della scuola, ma dell’intera comunità educante. Nel corso degli anni, il progetto ha coinvolto diverse realtà e, oggi, è presente in Lombardia, Campania, Sicilia, Sardegna e Lazio, dove opera in quartieri particolarmente vulnerabili, caratterizzati da situazioni di disagio socioeconomico: i cinque territori interessati sono Roma (quartiere San Basilio), Aversa, Milano (quartiere Barona), Catania (quartiere San Cristoforo) e Cagliari (quartiere Sant’Elia). In questi contesti, il Programma prevede, all’interno di centri educativi, l’implementazione di attività di supporto scolastico e psicologico, orientamento per la scelta dei percorsi formativi post-scuola e organizzazione di laboratori di educazione non formale, al fine di promuovere l’inclusione, lo sviluppo e il benessere dei più giovani e, dunque, di tutta la comunità. Solo nel 2022, le attività svolte hanno raggiunto un totale di 878 adolescenti, 292 famiglie, 135 docenti e operatori del sociale e 24 operatori del Terzo settore.

L’organizzazione umanitaria WeWorld pubblica il  report “Diritti ai margini. Rimettere al centro il futuro di bambini e adolescenti delle periferie italiane”. A livello generale, le emozioni più provate sono felicità, rabbia, noia, ansia e confusione. Le risposte più negative sono rivolte verso la scuola e vengono dagli 11-13enni. Travate i dettagli in questo articolo “Come stai?, ecco come hanno risposto i ragazzi e le ragazze delle periferie italiane?”.


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