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Analisi congiunturale

Confcooperative: 4 imprese su 10 non trovano personale qualificato

Uno studio del Centro studi Confcooperative, su un campione rappresentativo delle 17mila imprese associate, parla della possibilità di assumere 30mila persone ma spesso bisogna fare i conti con la mancanza di formazione adeguata, soprattutto nei settori cultura, sociosanitario, agroalimentare, trasporti e servizi turisti

di Redazione

La mancanza di personale costituisce il principale ostacolo alla crescita delle cooperative italiane. Per quattro su dieci è un problema strutturale a cui non sembra esserci rimedio, almeno nel breve medio periodo. È uno dei dati che emergono dall’analisi congiunturale del Centro studi Confcooperative, compiuta a febbraio su un campione rappresentativo delle 17mila imprese associate che danno lavoro a 540mila persone.

«L’incertezza continua a essere il sentimento più diffuso tra le cooperative che ripongono più fiducia sulle proprie prospettive di crescita che su quelle dell’economia in generale», commenta il presidente di Confcooperative, Maurizio Gardini. «Due su dieci temono ancora un trascinamento negativo delle crisi geopolitiche, un aumento delle tensioni e una riduzione ulteriore del potere d’acquisto dei consumatori finali. Una mancanza dal conto salato per il Paese: il Censis stima in 28 miliardi il costo per il solo 2023, vale a dire l’1,5% del Pil. Rispetto allo scorso autunno, i pessimisti si riducono di poco e gli ottimisti, ancora una sparuta minoranza che confida in un andamento migliore del ciclo dell’economia italiana, salgono solo dal 5,9% al 6,4%. Le nostre cooperative potrebbero assumere altre 30mila persone, ma non trovano personale formato e disponibile nel sociosanitario, nell’agroalimentare, nei trasporti, nei servizi turisti e culturali».

Il presidente nazionale di Confcooperative, Maurizio Gardini

Gli indicatori anticipatori sul livello degli ordini delineano uno scenario di prevalente stazionarietà anche per i prossimi mesi. Il saldo atteso dovrebbe, comunque, mantenere il segno positivo. In particolare, sebbene la maggioranza assoluta dei cooperatori (il 73,2% del totale) non preveda variazioni significative della domanda e degli ordini a breve termine, il 17,5% attende una ripresa della domanda, a fronte del 9,3% che, invece, prevede una diminuzione degli ordini per i prossimi mesi. Si attende un moderato riallineamento verso l’alto della dinamica inflativa. Il 26,1% dei cooperatori dovrebbe rivedere verso l’alto i listini nei prossimi mesi, a fronte di un incremento atteso dei costi all’origine. Solo il 2,5% ridurrà i prezzi finali di vendita ricorrendo, di fatto, alla leva del prezzo per fronteggiare la concorrenza. Per il 69,6% degli intervistati la dinamica dei prezzi finali di vendita delle cooperative nel breve periodo è prevista prevalentemente stazionaria. Ancora surriscaldati i costi di fornitura e più in generale i prezzi all’origine.

La criticità principale, da oltre diciannove mesi (non era mai successo in vent’anni di indagini congiunturali), rimane il disequilibrio tra domanda e offerta di lavoro. Oltre il 40% dei cooperatori, tra quelli che hanno lamentato ostacoli alle attività, ha segnalato la difficoltà di trovare personale, sia qualificato che generico. Per quanto riguarda il credito, spread e tassi erano ancora in salita alla fine dell’anno scorso. Le condizioni generali di offerta nel secondo semestre 2023 sono rimaste poco accomodanti. Il 66% delle cooperative ha evidenziato una crescita del tasso lordo applicato dalle banche. Il 30% ha rilevato tassi invariati rispetto alle precedenti condizioni di erogazione, e solo il 4% è riuscito a spuntare tassi migliori e più bassi rispetto ai livelli precedenti.

Nonostante tutto, sono positive sia le attese di rafforzamento della spesa per investimenti per i prossimi mesi sia, più in generale, le prospettive per il futuro a breve termine delle cooperative. Di fatto, l’86,8% delle cooperative prevede un consolidamento e anche, sebbene in misura inferiore, un rafforzamento e un’espansione delle attività. Per il restante 13,2% delle aderenti, invece, la prospettiva è il ridimensionamento delle attività, in alcuni casi con ricadute sui livelli occupazionali o con il rischio di continuità aziendale.

Credits: foto d’apertura di Bernie Almanzar su Unsplash


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