Il manifesto
Dieci scelte da fare per rilanciare il lavoro sociale
«Non si arriva a fare questo lavoro per caso, tutto nasce da una scelta e questa rimanda al tema dell’esserci». Liviana Marelli, direttora della cooperativa La grande casa, spiega il percorso che ha condotto alla stesura di un manifesto del lavoro sociale: una proposta aperta, che si può sottoscrivere, frutto di un anno di percorso collettivo

Un manifesto, dieci scelte. È la proposta lanciata dalla cooperativa sociale La grande casa nell’ambito della Civil Week di Milano. Dieci punti per riaffermare il senso, la dignità e la necessità del lavoro sociale in un momento storico in cui decidere di intraprendere una professione di cura significa mettersi di fronte (anche) a un elenco di criticità.
Da un percorso che si propone di aggiungere firme e nuovi tasselli, è nato l’impegno condiviso a costruire una società basata sull’esigibilità dei diritti inalienabili e universali e sull’inderogabilità dei doveri di solidarietà politica, economica e sociale. «È stato un percorso collettivo», ha detto il presidente della cooperativa Valerio Molteni durante la presentazione. È nato all’interno de La grande casa e si è aperto al mondo esterno. Lo spiega la direttora Liviana Marelli, che ha creduto fortemente in un progetto che è frutto di un lavoro intenso durato un anno, con il coinvolgimento attivo di soci e lavoratori. «Ci siamo interrogati sul senso del nostro agire come qualcosa che non può restare all’interno della mente di qualcuno ma deve tradursi in una postura e assumere una responsabilità politica. Per noi è necessariamente collettivo e soprattutto non può essere chiuso all’interno di recinti». Da qui la decisione di non tenere la sperimentazione nel perimetro della cooperativa, bensì di provare a comunicarla e di invitare, chi vuole, a sottoscriverla.

Un cantiere aperto
«Siamo partiti da un primo input», spiega la dottoressa Marelli: «il documento approvato a Pisa all’assemblea nazionale del Coordinamento nazionale comunità accoglienti – Cnca nel dicembre 2023 su come rigenerare il lavoro sociale. Mancano gli educatori e gli assistenti sociali? È vero. Ci siamo chiesti: noi cosa centriamo con quello che sta succedendo? Abbiamo un ruolo costruttivo o ci limitiamo all’osservazione dell’esistente?». La prima risposta è stata quella di non negare le criticità sul welfare ma di investire in un percorso di consapevolezza: «Abbiamo iniziato con un seminario interno alla cooperativa in cui abbiamo coinvolto tutti i soci, giovani, meno giovani e di lunga esperienza. Ci siamo chiesti l’un l’altro perché avessimo scelto di lavorare qui, in cooperativa, e nel sociale».
La grande casa è nata nel 1989 con l’obiettivo di promuovere l’integrazione sociale e lavorativa delle persone più fragili. 413 lavoratori (la maggior parte educatori, psicologi e assistenti sociali) operano in favore di donne, minori e famiglie, giovani, migranti e comunità in dieci aree della Lombardia. Soltanto nel 2023 ha raggiunto 14.700 beneficiari, ha accompagnato più di 1.700 famiglie, ha coinvolto 7.400 persone in iniziative di formazione e gestito 52 strutture. «Siamo partiti dalle esperienze individuali in un’ottica di narrazione. Ci siamo interrogati su come quel documento prodotto dal Cnca dialogasse con i singoli e con la rete. L’idea di scrivere un manifesto ci ha accompagnato dall’inizio».
È un lavoro che oggi rischia di diventare povero, mal retribuito, mal “pensato”? Gli possiamo ridare valore se riusciamo a tradurlo e a renderlo visibile sotto il profilo dell’azione concreta e quotidiana.
Liviana Marelli, direttora della cooperativa sociale La grande casa
A Marelli e al cda, il compito di rielaborare il materiale che man mano stava emergendo: «Molti hanno inviato contributi, ci siamo affidati allo sguardo esterno del pedagogista Ivo Lizzola che a lungo è stato nostro formatore. Si sono susseguiti incontri tra marzo e ottobre con interlocuzioni anche informali nei luoghi in cui lavoriamo, ci siamo dati la possibilità di dire». Ne è uscito un documento, condiviso, di cinque pagine, da cui sono state estrapolate le dieci voci che compongono il manifesto.
La parola chiave è scelta
Nessun dogma, qui si tratta di scelta. Consapevole, di postura, personale, etica, professionale, culturale, politica, di cooperazione, imprenditoriale, per il futuro. A ognuno di questi aggettivi è associato un punto del manifesto de La grande casa. Scelta è senza dubbio la chiave: «Non si arriva a fare questo lavoro per caso, tutto nasce da una scelta e questa scelta rimanda al tema dell’esserci», continua Marelli. «Lavoro sociale per noi è un modo professionale, e non soltanto umano, per rendere esigibili i diritti delle persone. È lavoro di relazione e di cura. La scelta su cui ci siamo soffermati è quella di saper tradurre e rendere evidente tutto ciò nell’esercizio quotidiano della nostra professione, nelle relazioni con le persone che accogliamo come nelle interlocuzioni istituzionali».

Scelta è una parola forte: «Non è una cornice, è un modello organizzativo. Lavoro sociale per noi è un agire politico a elevato contenuto professionale. È qui il senso di ciò che facciamo. È un lavoro che oggi rischia di diventare povero, mal retribuito, mal “pensato”? Gli possiamo ridare valore se riusciamo a tradurlo e a renderlo visibile sotto il profilo dell’azione concreta e quotidiana. Una risorsa in grado di attivare una ricomposizione sociale, di connettere e sostenere legami, attivare e leggere i segnali, dare loro voce. La cittadinanza attiva si restituisce attraverso garanzie di forme di partecipazione e di ascolto, anche a livello di ricerca e di studio. Dobbiamo essere noi capaci di invertire il paradigma per cambiare il pensiero sul lavoro sociale, la narrazione e gli investimenti». E aggiunge: «Un lavoratore sociale non è un prestatore d’opera ma un soggetto politico ad alta capacità professionale. Se siamo prestatori d’opera siamo sostituibili. Se parliamo di relazione, no».
Esserci
La presentazione del manifesto, il 9 maggio scorso, è stata punto di partenza più che di arrivo. «Non ci fermiamo a una sala piena». La grande casa vuole allargare l’orizzonte di riflessione ad altre cooperative, ai consorzi, alle università, alle organizzazioni sindacali e di rappresentanza del Terzo settore e all’ente pubblico. «Internamente lavoreremo sulla nostra carta etica e sui processi, per renderli il più possibile coerenti con il manifesto», aggiunge Marelli. «Dall’esterno, il Cnca, persone e altre realtà cooperative hanno già sottoscritto il manifesto (è possibile leggerlo e firmarlo qui). Si tratta di un gesto un po’ più che simbolico: è una condivisione di intenti».

Quanto ai contenuti, si dice «disponibile anche a modificarli nel tempo perché il cambiamento è l’anima del lavoro sociale. Non finisce con un compito portato a termine, si dipana nel contesto in cui viviamo. Il collettivo è connaturato al nostro mestiere».
Che cosa resta nell’immaginario di chi ha vissuto un anno così intenso? «L’emozione di vedere soci di generazioni diverse, insieme, verso un obiettivo, ascoltarsi davvero e attivare dinamiche. Questo lavoro ha sedimentato pensieri altri, ha allargato lo sguardo, ci ha resi più consapevoli di quanto il nostro lavoro quotidiano sia in relazione con il contesto. Un anno in cui abbiamo assunto lo sguardo del futuro, ci siamo aperti al possibile inseguendo il contrario dell’indifferenza. Esserci».
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La fotografia in apertura è di Juliane Liebermann su Unsplash. Nel testo, le immagini sono di Roberto Morelli per la cooperativa sociale La grande casa
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