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Animali

Dove il gufo canta in italiano e sloveno

Se c’è il gufo reale, predatore al vertice della catena alimentare, vuol dire che l’ambiente è di buona qualità. In queste notti, attendendo il suo canto, volontari italiani e sloveni hanno realizzato il censimento delle coppie nidificanti sul Carso, al confine tra i due Paesi. Il numero dei rapaci è abbastanza costante, anche se leggermente in calo per la perdita degli habitat e altre minacce di origine antropica

di Elisa Cozzarini

Nelle notti d’inverno, alle soglie della primavera, il gufo reale, Bubo bubo, cerca il posto in cui nidificare e chiama la femmina, stesso luogo e stesso amore, da un anno all’altro. È il più grande tra i rapaci notturni europei, alto intorno ai settanta centimetri, con un’apertura alare che può raggiungere i due metri. Predatore, sta al vertice della catena alimentare e la sua presenza è un indicatore di buona qualità dell’ecosistema. Sono i volontari della Lipu del Friuli Venezia Giulia e dell’associazione slovena Varuhov Ogroženih Ptic (che significa “I guardiani degli uccelli minacciati”), a fare il censimento di questi animali sul Carso, tra Italia e Slovenia. Si danno appuntamento a inizio marzo, poco prima del tramonto, nei punti in cui le coppie hanno fatto il nido in passato, sulle pareti rocciose della Val Rosandra e delle cave abbandonate. I volontari si tengono abbastanza lontano dai luoghi di nidificazione, per non disturbare i rapaci. Attendono in silenzio l’imbrunire, ascoltando gli altri uccelli: merli, pettirossi, picchi, regoli, cince, etc., che si preparano per la notte, fino a quando, con il buio, tacciono.

In attesa del canto del gufo reale, l’ascolto degli uccelli all’imbrunire con l’aiuto di una App
per il riconoscimento della specie

A quel punto, inizia l’attesa del canto del gufo reale. Se i volontari lo sentono, significa che la coppia è tornata. Scelto il luogo del nido, la femmina depone minimo un uovo, massimo cinque. Poi, per circa due mesi e mezzo, lei non si muove quasi più. Rimane prima a covare, poi ad accudire i piccoli. In quel periodo è il maschio ad andare a cacciare e fare la guardia. I pulli lasciano il nido ancor prima di aver imparato a volare: d’estate è il loro canto che si può sentire di più nella notte. Tra la settima e la decima settimana di vita, i giovani si involano.

Pullo di gufo reale. Foto di Enrico Benussi

Sono diciannove i punti di ascolto individuati sul Carso triestino, per tre o quattro coppie, 58 in territorio sloveno, per una ventina di coppie. Per gli animali, il confine non esiste. Da un paio di anni, anche i volontari italiani e sloveni hanno iniziato a collaborare, per realizzare un censimento unico dei rapaci. «Nel nostro Paese, in totale, ci sono tra le 250 e le 320 coppie. In provincia di Trieste, in questi anni registriamo un calo, legato soprattutto all’avanzare del bosco e alla scomparsa delle radure tipiche della landa carsica, il luogo di caccia preferito per i gufi reali», spiega l’ornitologo Enrico Benussi, che raccoglie dati sul gufo reale da cinquant’anni. E precisa: «Questi animali non vivono poi così lontano dall’uomo, anzi, in parte convivono con noi. Di giorno, sapendo dove guardare, è possibile scorgerli, mimetizzati, tra le rupi. Ma ascoltare il loro canto è più facile che vederli, anche se l’attività canora non si riesce a prevedere con certezza».

Oltre alla riduzione delle radure, i principali fattori di disturbo per la conservazione della specie sono attività all’apparenza innocue quali l’arrampicata sportiva e l’avvicinamento ai nidi per la fotografia naturalistica, oltre al bracconaggio, per rubare i pulli per la falconeria. Ma soprattutto, a mettere a rischio questi grandi rapaci, sono i cavi dell’elettricità. I tralicci, infatti, sono posatoi perfetti per la caccia: in volo, data l’apertura alare, può capitare che il gufo reale tocchi due cavi, restando fulminato. Per ridurre il rischio di morte, che colpisce individui adulti in età riproduttiva, in Slovenia è stato realizzato un progetto pilota con ottimi risultati: oltre mille tralicci sono stati isolati con cappucci di plastica, per consentire all’animale di appoggiarsi in sicurezza.

Per osservare due nidi in Slovenia, al link le immagini di due webcam: uharica.ptice.si/v-zivo/.

La foto in apertura è di Enrico Benussi.


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