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Educazione

Educare all’affettività? E se la risposta fosse la “coeducazione”?

Aspettando il piano per “Educare alle relazioni” che sembrerebbe ridursi a un modulo extracurricolare di 30 ore per le scuole secondarie di II grado, con la presenza di qualche influencer con gli psicologi incaricati di formare i docenti, VITA ha interpellato la presidente del comitato nazionale Agesci, Roberta Vincini e la Capo Guida d’Italia, Daniela Ferrara

di Antonietta Nembri

Se c’è un’esperienza associativa in cui l’idea dell’educare fa parte del Dna dell’organizzazione questa è lo scautismo. In questi giorni in cui si discute e ci si interroga su come educare i ragazzi all’affettività, alle relazioni perché non divengano un’esperienza negativa, non si può trascurare il fatto che a una realtà come l’Agesci, l’associazione guide e scout cattolici italiani, partecipano decine di migliaia di ragazzi e ragazze, adolescenti e giovani. Sono ben 180mila i soci dell’organizzazione e tolti i “capi”, ovvero gli educatori volontari la stragrande maggioranza sono lupetti e coccinelle, guide e scout, rover e scolte. 

Abbiamo chiesto a Roberta Vincini, copresidente del comitato nazionale Agesci e a Daniela Ferrara, Capo Guida d’Italia di rispondere ai nostri interrogativi sulla loro esperienza educativa. Le loro risposte.

Nello specifico come viene portato avanti il tema dell’educazione all’affettività?  

L’educazione all’affettività è uno degli aspetti più delicati dello sviluppo umano e di fronte a questa complessità è richiesta a noi educatori ascolto, riflessione, rispetto dell’altro, ma anche volontà e capacità di mettersi in discussione e in cammino sempre.   

Educare all’affettività è oggi un’occasione privilegiata per ascoltare e accogliere le preoccupazioni, dubbi e ansie dei nostri ragazzi, ma anche per accogliere i loro desideri e le loro prospettive di futuro. Le problematiche legate all’affettività di questo nostro tempo ci interrogano, come capi e come cittadini. Ci sentiamo profondamente interpellati dalla storia di Giulia, ma non solo, e crediamo che l’educazione sia la chiave del successo di questa battaglia, che deve essere di tutti gli adulti per un’umanità migliore.  

50 anni fa, l’Agesci fece la scelta coraggiosa e profetica della coeducazione: scelse di far crescere insieme ragazzi e ragazze e di fare delle proposte educative da vivere in comune, al di là di ogni ruolo precostituito. Non un semplice stare insieme, ma una precisa proposta educativa, progettata e intenzionale di esperienze che porta al reciproco riconoscimento della ricchezza nella diversità. Per noi la coeducazione è soprattutto un valore, una condivisione di esperienze educative che valorizzano le differenze e aprono all’alterità come base fondante delle relazioni: capo-ragazzo, capi-ragazzi e capi-capi.

Anche la scelta della diarchia, esperienza unica nell’ambito istituzionale e del volontariato, ha una forte valenza valoriale e pedagogica. L’Associazione affida gli incarichi educativi e di governo, a uomini e donne congiuntamente, con pari dignità e responsabilità. Per i ragazzi, vivere una relazione con figure di giovani adulti responsabili, con pari capacità e potere decisionale, con pari impegno a realizzare un progetto comune, è una testimonianza tangibile di quanto un uomo e una donna possano collaborare, correggersi, crescere insieme e avere un ruolo assolutamente paritario. Un capo e una capo alla pari allena a riconoscere la pari dignità (appunto) nella diversità.  

Quale tipo di azioni portate avanti? 

Nell’ambito di percorsi individuali e comunitari delle tre fasce d’età, proponiamo esperienze che aiutano le ragazze e i ragazzi a giungere gradualmente ad una approfondita conoscenza e accettazione di se stessi e dell’altro, al rispetto delle differenze, allo stabilirsi di rapporti umani arricchenti tra l’uomo e la donna, superando ruoli precostituiti. 

L’esperienza della dimensione comunitaria che viene vissuta dai bambini e dalle bambine dagli 8 agli 11 anni nella comunità di Branco/Cerchio, dalle ragazze e dai ragazzi dagli 11 ai 16 anni nella vita di squadriglia e dai giovani dai 16 ai 21 anni nella Comunità R/S, è una possibile risposta alla solitudine dei nostri ragazzi e delle nostre ragazze, nonché fonte di crescita personale e collettiva. È infatti un’esperienza che ci aiuta a educare i ragazzi e le ragazze alla “inter-indipendenza”, cioè a crescere liberi all’interno della relazione con gli altri, a sentirsi responsabili dei legami costruiti e a scoprire se stessi grazie all’incontro con l’altro.  

Ci sentiamo profondamente interpellati dalla storia di Giulia, ma non solo, e crediamo che l’educazione sia la chiave del successo di questa battaglia, che deve essere di tutti gli adulti per un’umanità migliore.

Daniela Ferrara e Roberta Vincini – Agesci

È un percorso costante oppure solo è un riflessione che viene portata avanti in occasioni di giornate di ricorrenza come quella per esempio del 25 novembre? 

L’Agesci ha una esperienza significativa al riguardo: lo scautismo infatti, fin dai primi passi, volendosi occupare di crescita globale della persona ha affrontato in modo diretto il tema dell’educazione all’affettività. È un percorso insito nella proposta educativa e non un momento occasionale. I diversi momenti di crescita, individuali e comunitari dei nostri ragazzi e delle nostre ragazze si concentrano sulle relazioni interpersonali e affettive, che vanno gestite con cura. 

Molti aspetti del metodo scout possono portare ad un’adeguata educazione all’affettività, alcuni in modo più indiretto, fornendo le basi più generali di un’adeguata struttura di personalità, ed altri in modo più diretto, quali ad esempio l’autoeducazione, il gioco, la vita di comunità, la coeducazione, il servizio. 

Che tipo di impegno lo scautismo mette in campo nelle proprie attività rispetto a questo tema. 

L’impegno che l’Agesci mette in campo è la continua tensione ad educare alla non violenza, al rispetto e all’affettività fin dall’infanzia per promuovere relazioni sane e autentiche, dove l’affettività è sopra ad ogni cosa, dove il bene dell’altro è importante quanto il mio benessere ed è facendo il bene che ci si sente meglio. L’impegno è volto ad educare a cosa posso essere per l’altro, cosa posso fare per costruire insieme un progetto paritario, basato sulla reciprocità, e non a costruire relazioni caratterizzate da un approccio “consumistico” dell’altro, utile solo a soddisfare i miei bisogni e i miei desideri.  


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La nostra è una responsabilità educativa della cura: il nostro impegno è riconoscere l’altro nella sua unicità e originalità, attraverso le sue emozioni e desideri e accompagnarlo da protagonista nel suo percorso presente e futuro.  

Nelle nostre Strategie nazionali d’intervento, il documento con cui l’Agesci pone l’attenzione su ambiti, valori o idee che l’Associazione considera fondamentali per l’azione educativa, è forte l’impegno alla cura delle relazioni autentiche.  

L’Associazione ha intrapreso un percorso di riflessione sul tema dell’abuso e, più in generale, sulle relazioni etiche, sane e di cura. Il successo dell’applicazione dei principi dello scautismo dipende dalla capacità delle capo e dei capi di costruire relazioni sane e di cura e di cogliere situazioni di disagio e sofferenza nelle ragazze e nei ragazzi che vengono loro affidati. Mai come oggi le ragazze e i ragazzi hanno bisogno di avere al proprio fianco adulti degni di fiducia, che li comprendono, li incoraggino, siano capaci di instaurare rapporti solidali.

Ci impegniamo così ogni giorno, come guide e scout, a far sperimentare ai ragazzi che crescere insieme, nella diversità e nel rispetto dell’altro ci trasforma da individui in persone e fa generare relazioni profonde e percorsi di vita significativi. 

In apertura foto di A. Castaldo


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