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Eni Foundation: è la condivisione la chiave che fa vivere i progetti

In questa intervista il Presidente Domenico Giani racconta il “metodo” di approccio di Eni Foundation: dall’ideazione alla misurazione dei risultati. Alla Fondazione del cane a sei zampe è dedicato un focus di otto pagine del numero di VITA magazine di ottobre

di Mattia Schieppati

Costituita alla fine del 2006 per promuovere e realizzare in Italia e nel mondo iniziative di solidarietà sociali ed umanitarie, Eni Foundation rafforza anno dopo anno competenze e metodologie. Affrontando bisogni complessi – in primis, la tutela della salute di donne e bambini nei Paesi in via di sviluppo – ma anche per rispondere con reattività alle emergenze di stretta attualità. Dalla pandemia all’accoglienza dei piccoli rifugiati ucraini. Su Vita magazine di ottoobre (QUI) otto pagine speciali. Qui anticipiamo l'intervista al presidente Domenico Giani

Presidente, i progetti più recenti, “Non siete soli” e “Una vacanza una esperienza per la pace”, dimostrano una capacità di attivazione rapida e concreta di fronte a situazioni di emergenza. Un cambio di passo delle vostre modalità di intervento?
Più che cambio di passo rappresentano l’apertura di un nuovo fronte operativo anche in Italia, avviato in occasione della grande emergenza pandemica del Covid-19, che inizialmente ha voluto dare un concreto supporto ai soggetti più fragili colpiti dagli “effetti collaterali” della pandemia, in particolare quelli sociali, economici, psicologici, e che ora all’attenuarsi dell’emergenza sanitaria, ci vede stabilmente impegnati anche nel nostro paese. Le capacità di intervento rapido e concreto sono nel nostro Dna, in quanto operiamo in Paesi del mondo affetti da molti problemi e dove spesso carestie, guerre, epidemie, cataclismi naturali obbligano a organizzare sistemi di risposta reattivi.

Un tratto caratterizzante del vostro operare è la scelta di partner competenti per i singoli temi. Come si sceglie un partner per un progetto?
Eni Foundation progetta e realizza in autonomia le proprie iniziative adottando, in quanto “fondazione di impresa”, modelli gestionali e metodologie propri dell’ambito aziendale di Eni. Pertanto, nella scelta di partner di realizzazione ci avvaliamo di procedure di gara internazionali o locali per identificare le migliori eccellenze operative disponibili a cui affianchiamo sempre collaborazioni con istituzioni sanitarie e scientifiche di eccellenza, al fine di garantire la massima aderenza agli standard di qualità nell’ambito trattato.

Quali sono le principali differenze di approccio nello sviluppare progetti in Italia rispetto agli altri Paesi?
L’approccio di Eni Foundation si basa su: chiarezza e condivisione con gli stakeholder degli obiettivi e dei contenuti delle iniziative; adozione dei principi della sostenibilità e delle principali piattaforme internazionali di sviluppo sostenibile (per esempio, Agenzie Nazioni Unite, SDGs); misurabilità dei risultati e replicabilità degli interventi. In particolare stabiliamo una forte partnership e condivisione con le autorità locali: tutte le iniziative vengono disegnate dopo un’attenta e profonda analisi e comprensione del contesto di riferimento svolta in stretta collaborazione con i ministeri di riferimento e livelli di governo ulteriori (regioni, provincie, stati, governatorati), sono inserite nelle pianificazioni strategiche nazionali e sottoscritte con le controparti attraverso un accordo specifico di cooperazione (Memorandum of Understanding). Al termine delle iniziative tutte le strutture, i servizi attivati, eccetera entrano a far parte dei sistemi nazionali locali.

Il mondo del non profit italiano è per molti aspetti un riferimento a livello mondiale. Quanto vi sentite parte di questa storia?
La nostra è chiaramente una vocazione internazionale, ma siamo e ci sentiamo parte del mondo del non profit italiano di cui portiamo, nei Paesi dove siamo operativi, oltre ai suoi valori umani anche le sue eccellenze, per mostrare uno dei volti migliori del nostro Paese.

Avete sviluppato delle metriche o una metodologia per misurare gli impatti dei vostri progetti?
Seguiamo metodologie progettuali, che si ancorano a consolidati standard internazionali (UN, EU), e nei progetti sono sempre definiti analisi dei problemi, obiettivi generali, obiettivi specifici e in particolare i risultati attesi, che devono essere sempre espressi in termini quantitativi per verificare e misurare l’effettivo raggiungimento.

Il vostro operare a diretto contatto con le comunità locali probabilmente fa di voi una sorta di “antenna” particolarmente attenta ai bisogni e alle sensibilità delle persone in territori in cui Eni svolge attività industriali. Quanto e come questo vostro patrimonio di percepiti viene condiviso con l’azienda e diventa parte delle strategie di dialogo con le comunità locali stesse?
Nel nostro modello operativo la consociata estera di Eni del Paese interessato dal progetto fornisce i servizi di supporto necessari all’implementazione (ad es. strutture logistiche, ricerca e selezione del personale, servizi amministrativi, approvvigionamenti, etc). Questo fa sì che essa stessa diventi un “attore” nella realizzazione del progetto, partecipando con noi alla presa in carico dei bisogni di una comunità ed avviando un dialogo locale che poi continuerà, magari con iniziative proprie, una volta terminata l’iniziativa della Fondazione.

Naturalmente, ogni progetto ha una storia a sé. Ma se dovesse sceglierne, in oltre 15 anni di attività della Fondazione, uno che ha un significato particolare, quale indicherebbe?
​Ogni progetto è stata un’avventura che ci ha fatto incontrare territori, culture, persone e fatto vivere piccoli e grandi momenti di condivisione con le comunità. Dopo ogni progetto tutti noi della Fondazione ci ritroviamo più cresciuti sia tecnicamente che umanamente. Ogni progetto ci fa capire meglio chi siamo e il senso della nostra missione: migliorare la vita delle persone, in particolare le più fragili. Posso dire comunque che il Covid ha orientato le nostre scelte sull’Italia e in particolare sui più fragili vittime della pandemia. Per questo l’assistenza agli anziani over 80 nella prima parte del progetto “Non siete soli” è stato sicuramente il momento più toccante che ho vissuto alla guida di Eni Foundation. Ho potuto così utilizzare tutta l’esperienza dei miei anni al servizio del bene che ho potuto coltivare servendo tre Papi e che mi ha permesso di realizzare numerose attività di solidarietà umana verso i più deboli e bisognosi.


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