Quale sviluppo?

Europa, il “ratto” della sostenibilità continua

Con una modifica rapida (o quick fix) arriva il rinvio della rendicontazione per due anni anche per le grandi aziende di interesse pubblico o quotate con più di 750 dipendenti. Vengono tolti dagli obblighi di reporting capitoli essenziali sui lavoratori e la biodiversità

di Nicola Varcasia

La modifica è stata rapida, ma l’effetto sarà duraturo. Anche se viene definito “temporaneo”. La Commissione europea ha infatti approvato quello che tecnicamente si chiama un atto delegato (“Quick fix”). Si tratta di provvedimento immediatamente esecutivo che solleva dagli obblighi di rendicontazione per i prossimi due anni anche le banche e le grandi aziende quotate con più di 750 dipendenti. Sono le stesse che da anni pubblicavano la rendicontazione non finanziaria (Dnf). E che per via della loro importanza (e capacità organizzativa) erano state le prime ad essere obbligate al reporting.

Armi a doppio taglio

Non bastava il Brave tech Eu. L’iniziativa « volta ad accelerare l’innovazione nel settore della difesa mediante una cooperazione più stretta basata sulle innovazioni dell’Ucraina testate sul campo di battaglia», annunciata proprio in queste ore. La Commissione europea continua a mostrare uno zelo sospetto anche verso i temi della sostenibilità. In particolare, verso gli obblighi di rendicontazione da parte delle aziende. Anche di quelle di grandi dimensioni. Che già quest’anno, ossia nei bilanci 2025 appena presentati, e riferiti all’anno 2024, si erano adeguate ai nuovi standard previsti dalla direttiva Csrd (Corporate sustainability reporting directive).

L’onda anomala

Questo primo gruppo di aziende coinvolte nella Csrd, che avevano già esperienza dal 2017 di rendicontazione non finanziaria, veniva chiamato Wave 1. Forse il nome suggeriva l’idea di una nuova onda di imprese sostenibili. Ora è diventata un’onda anomala. Dove l’anomalia è rappresentata proprio da questa retromarcia tecnica che aggiunge altra confusione, andando a modificare in senso retroattivo un impianto costruito negli anni precedenti.

Va anche ricordato che con l’introduzione della Csrd era già stata alzata a 750 dipendenti la soglia di applicazione immediata degli standard, rispetto ai 500 dipendenti previsti per la “vecchia” Dnf. Non si poteva certo accusare la precedente Commissione di non essere stata prudente.

Se due anni sembran pochi

Nel dettaglio, le esclusioni “temporanee” riguardano alcuni capitoli della sostenibilità. Tecnicamente, gli standard Esrs – European sustainability reporting standards, redatti dall’ente Efrag. Questi standard si potranno escludere per i prossimi due anni: quelli sulla biodiversità, sui propri lavoratori e quelli nella catena del valore, sulle comunità interessate e sui consumatori finali. Insomma, bisognava completare il lavoro di decostruzione. L’ormai famosa direttiva “stop the clock” dello scorso febbraio, parte del decreto Omnibus, creato con il positivo intento di semplificare la burocrazia delle imprese europee, si era dimenticata di includere le aziende del gruppo Wave 1. Ora è stato incluso. Come questo servirà a far sviluppare meglio le aziende del nostro continente è difficile da comprendere.

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Foto in apertura dal sito della Commissione Europea, pagina dedicata al Green Deal

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