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Grazie ai volontari Trento diventerà una città più felice

Dialogo con Franco Ianeselli, sindaco della città capitale europea (e italiana) del volontariato: «Saremo un laboratorio di pratiche con l’obiettivo di aumentare il tasso di felicità individuale e collettiva»

di Gabriella Debora Giorgione

«Non conta avere vinto, conta il percorso che abbiamo fatto per arrivarci»: questa la riflessione di Franco Ianeselli, sindaco di Trento, subito dopo l’apertura di “Trento capitale italiana ed europea del volontariato 2024”. Sindaco dal 2020, 45 anni, Ianeselli ha avuto importanti ruoli anche nella Cgil: prima responsabile dell’ufficio stampa del sindacato Trentino, poi segretario provinciale dal 2015 fino al 2020. Chiare, le linee strategiche di “Trento Capitale italiana ed europea del volontariato 2024”: diventare un laboratorio di pratiche con l’obiettivo di aumentare il tasso di felicità individuale e collettiva come si afferma nel World Happiness Report 2023: le relazioni sociali e l’agire nell’interesse collettivo rendono le persone più serene e soddisfatte.

Nel percorso che avete disegnato parlate di migliorare la capacità di partecipazione civica in particolare dei giovani: come ci riuscirete?

Alle generazioni post Covid che hanno sofferto la solitudine penso sia importante dire “fatelo innanzitutto per voi stessi”. In questa dimensione, i patti di collaborazione per i beni comuni danno ampio margine di partecipazione perché non sono un impegno troppo grande per questa generazione che è mobile ed ha orizzonti ampi. In più, noi siamo organizzati in circoscrizioni: la città ha 120mila abitanti ma conta una decina di assemblee dove ci sono tanti giovani che sono eletti, quindi c’è già un incrocio tra la partecipazione politica e la dimensione prettamente comunitaria, quindi sentiamo di avere tanti attivatori.


La riconoscibilità del volontariato ai fini lavorativi secondo lei è vincente?

Noi siamo un territorio di grandi, piccole e medie imprese: mi piacerebbe che questo diventasse non solo l’azione di responsabilità sociale della multinazionale. Nel mondo di lingua tedesca, le parti sociali governano assieme le politiche pubbliche. È difficile da interpretare per il resto d’Italia, però per noi se sei una parte sociale è vero che rappresenti degli interessi specifici, ma i sindacati, le associazioni di impresa e la Provincia assieme gestiscono l’agenzia del lavoro. Questo rapporto tra volontariato e l’impresa l’avevo in testa da sindacalista, questa è l’occasione per realizzarlo.

Trento laboratorio di pratiche per migliorare la qualità della partecipazione: quali tappe e quali azioni?

C’è un filone innovativo, quello del rapporto tra digitale e volontariato per cui per noi quest’anno partiremo dalla “vetrina del volontariato” dove le associazioni insieme al Csv potranno incontrarsi e accogliere la cittadinanza.

La questione è la “carriera di vita”, capire come intercettiamo la domanda di volontariato che c’è e metterla in relazione a quanto possono offrire le singole persone. I patti di collaborazione in questo sono straordinari perché sono flessibili e rimodulabili.

Avete in programma anche la valutazione d’impatto di questo anno che sarà svolta dall’università di Trento, giusto?

Sì. L’Istituto per la ricerca valutativa delle politiche pubbliche—Irvapp, insieme ai dipartimenti di Sociologia ed Economia dell’Università di Trento, lavoreranno su questo aspetto. È una delle tradizioni delle politiche pubbliche trentine degli ultimi vent’anni quella di lavorare sempre sulle valutazioni di impatto.

Quanto, secondo lei, le condizioni di contesto incidono sulla spinta al volontariato?

Vede, da noi c’è una cultura, se vogliamo proprio una “mistica” — con annesso stigma sociale per chi non lo fa — all’organizzarsi e mettersi assieme per donare qualcosa alla comunità. Quindi io intravedo come precondizione di contesto il “sentiero culturale” che noi abbiamo. È un “modo di essere trentino” tutto nostro. Siamo l’ultimo avamposto italiano prima del mondo di lingua tedesca: ci viviamo come una città che sta al confine tra culture.

Con il Terzo settore come sarà potenziato il rapporto?

Per noi il Terzo settore è costitutivo di quello che siamo. Siamo una città, anzi un territorio che riconosce la sussidiarietà come centrale e l’auto-organizzazione come un modo per realizzare le politiche pubbliche e di benessere collettivo. Sulle politiche sociali stiamo attuando forme di co-progettazione molto importanti. Anche qui non è stato semplice perché co-progettare significa per lo stesso Terzo settore mettersi in discussione.

Qual è stato il punto d’incontro? Perché comunque è sì un percorso culturale, ma resta anche uno strumento amministrativo, sindaco.

La tenacia nel confrontarci. Ma la precondizione essenziale è avere tanto capitale sociale.

Nella foto di apertura: Ianeselli, 45 anni, in carica dal 2020, ha avuto importanti ruoli anche nella Cgil, prima responsabile dell’ufficio stampa in Trentino, poi segretario provinciale fino al 2020


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