Rapporto Giovani 2025

I giovani vogliono un lavoro in cui sentirsi valorizzati

Uno su tre mette al primo posto il benessere psicofisico nella scelta di una professione. È uno dei dati emersi dal Rapporto Giovani 2025, il più dettagliato strumento di conoscenza della condizione giovanile in Italia. Il curatore Alessandro Rosina: «C’è una chiara domanda di senso e qualità dei luoghi di formazione e lavoro da parte delle nuove generazioni»

di Daria Capitani

Più aperti di come li si racconta. Inclini al bene comune e a una ricerca di senso nelle loro giornate. Chiedono alla scuola coerenza e attenzione (anche alle singole specificità), e alla politica spazi reali di partecipazione e di decisione. Quella ritratta nel Rapporto Giovani 2025 è una generazione che sfugge alle etichette, che cambia ed esplora, tra aspettativa e opportunità.

Il documento, il più completo e dettagliato strumento di conoscenza della condizione giovanile in Italia, è stato presentato martedì 20 maggio al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Pubblicato da Il Mulino e realizzata da Ipsos, è promosso dall’Osservatorio Giovani dell’Istituto Toniolo in collaborazione con l’Università Cattolica del Sacro Cuore e il sostegno di Fondazione Cariplo. Anno dopo anno indaga l’universo giovanile secondo alcune costanti macro-direttrici (dall’educazione alla famiglia alla professione) e attraverso svariate ricerche specifiche motivate dall’attualità e da contesti di particolare significato e urgenza, come il tema degli stereotipi di genere e la violenza sulle donne affrontato in profondità nell’edizione 2025.

Il professor Alessandro Rosina con il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, a cui è stato presentato il Rapporto Giovani 2025 (Fotografia dal sito del Quirinale).

Per una scuola attenta alle specificità

Alessandro Rosina, professore ordinario di Demografia e Statistica sociale all’Università Cattolica, è il coordinatore scientifico dell’Osservatorio Giovani dell’Istituto Toniolo. Di numeri e analisi si occupa ogni giorno e da anni cura il Rapporto Giovani. Tra i dati che in questa edizione lo hanno sorpreso in modo particolare, c’è «la chiara domanda di senso e qualità dei luoghi di formazione e lavoro da parte delle nuove generazioni. Oggi il sistema paese, le istituzioni e le organizzazioni sono spiazzati rispetto ai giovani sia perché fanno fatica a trovarli perché in diminuzione demografica, sia perché quando li trovano non capiscono come “adattarli a loro esigenze”. Il fatto è che i giovani, qualsiasi sia il contesto, non si sentono al loro posto se non percepiscono che quel posto può cambiare con loro».

I giovani, qualsiasi sia il contesto, non si sentono al loro posto se non percepiscono che quel posto può cambiare con loro

Alessandro Rosina, coordinatore scientifico dell’Osservatorio Giovani dell’Istituto Toniolo

Partiamo dalla scuola. Si aggira attorno al 37% la percentuale di intervistati che ritengono che i risultati scolastici riflettano il vero talento degli studenti. Tra i giovani che hanno terminato la scuola secondaria di secondo grado, più della metà (53%) pensa che la scuola offra pari opportunità di successo indipendentemente dall’origine socioeconomica degli studenti, ma il dato si ferma al 33,8% per gli Elet, giovani che hanno abbandonato precocemente gli studi.

Secondo il demografo, «occorre rendere la scuola un luogo in cui i giovani possano crescere e migliorare, attento alle loro specificità, non solo un luogo in cui si è giudicati. Non stupisce che i giovani chiedano buone scuole o occupazioni dignitose, ma sorprende la profondità con cui collegano questi ambiti al proprio benessere psico-sociale, relazionale e alla realizzazione personale. Il Rapporto Giovani 2025 evidenzia come, in particolare, chi proviene da contesti svantaggiati faccia più fatica a riconoscere nella scuola un’opportunità: ciò rischia di aumentare le disuguaglianze anziché ridurle. È un dato che interpella il mondo adulto su quanto ancora si dia per scontata la motivazione allo studio, senza interrogarsi sul significato che i ragazzi attribuiscono a ciò che vivono quotidianamente».

La dimensione del benessere associata al ben lavorare

Quale dovrebbe essere la priorità dell’organizzazione in cui lavori o vorresti lavorare? A questa domanda, il 36,4% degli intervistati ha risposto “Il benessere psicofisico dei dipendenti”. Su quali elementi si basa la qualità della vita secondo i giovani? «Ambienti inclusivi, relazioni autentiche e opportunità concrete di crescita», spiega il professor Rosina. «Vogliono spazi in cui sentirsi valorizzati, dove sia possibile esprimere il proprio talento senza pregiudizi e aspettative mal riposte. La qualità della vita, dunque, non è solo legata alla disponibilità di beni o servizi, ma alla possibilità di costruire un futuro che abbia senso, di abitare relazioni significative e di contribuire attivamente al bene comune».

Non stupisce che i giovani chiedano buone scuole o occupazioni dignitose, ma sorprende la profondità con cui collegano questi ambiti al proprio benessere psico-sociale, relazionale e alla realizzazione personale

Alessandro Rosina, coordinatore scientifico dell’Osservatorio Giovani dell’Istituto Toniolo

Che cosa non deve trascurare il mondo adulto? «Il bisogno di ascolto vero, di coinvolgimento nei processi decisionali e di fiducia nelle potenzialità delle nuove generazioni. Offrire loro strumenti non basta, insomma, se non si parte dal riconoscimento del loro vissuto e della loro visione del mondo».

Si tratta di indicazioni preziose per una società in cui la distanza fra il modello di lavoro che hanno in testa le nuove generazioni e quello proposto dalle aziende non è mai stata così grande (l’ultimo numero di VITA magazine, disponibile a questo link per i nostri abbonati, dedica l’approfondimento di copertina proprio a questo tema). Secondo la ricerca, il lavoro mantiene una posizione centrale nel progetto di vita delle nuove generazioni, ma non inteso come una occupazione qualunque: in larga parte i giovani rifiutano l’idea di lavoro solo come necessità e responsabilità, deve poter abbinare passione e realizzazione personale. Ma chiedono anche un lavoro ben remunerato e che offra stabilità, associato a strumenti che sostengano la possibilità di conquistare una autonomia abitativa e mettano nelle condizioni di formare una propria famiglia. Insomma, più che perdere rilevanza, il lavoro allarga i suoi confini rispetto alle dimensioni del benessere che sempre più si associano al ben lavorare.

Politica sì, ma più inclusiva

L’indagine registra la difficoltà dei giovani nel riconoscersi nell’offerta politica attuale, percepita come poco coerente e poco in grado di attrarli e coinvolgerli. La crisi di rappresentanza e la polarizzazione del dibattito pubblico accentuano la sensazione che il bene comune sia trascurato, mentre prevalgono interessi di parte. Tuttavia, i giovani trovano sintonia con temi locali, per il miglioramento concreto delle loro comunità, e globali, legati ai diritti e alla sostenibilità. La grande maggioranza degli intervistati (il 75,4%) crede ancora possibile contribuire al miglioramento del Paese. Ancor più alta (76,6%) è la percentuale di chi afferma che una politica più inclusiva, capace di offrire veri spazi di partecipazione per le nuove generazioni, migliorerebbe la loro percezione della democrazia e li avvicinerebbe all’impegno politico.

«Occorre lavorare con urgenza sul coinvolgimento civico, politico e sociale dei giovani», aggiunge Rosina. «Non è il desiderio di partecipazione e protagonismo in sé a mancare, ma la possibilità di riconoscersi nei linguaggi, negli strumenti e nei soggetti che oggi rappresentano la sfera pubblica. Il rischio è che alla disillusione segua il disimpegno. Per questo serve una politica più inclusiva, trasparente e coerente, capace di offrire spazi reali di partecipazione e di decisione».

Oltre gli stereotipi

E poi ci sono le relazioni, molto diverse dalla narrazione dominante sugli adolescenti. Non sono privi di valori o addirittura portatori di disvalori. Si collocano fuori dal perimetro degli stereotipi. Lo spiega bene il coordinatore scientifico dell’Osservatorio: «Il Rapporto disegna una generazione meno incline a identificarsi nei cliché spesso veicolati dai media. I giovani appaiono più aperti, più propensi a riflettere sul bene comune rispetto a come li si ritrae. Non sono distaccati dalla politica ma disillusi rispetto all’attuale quadro politico.

Sono però pronti a spendersi su progetti locali su cui vedere il riscontro concreto del loro coinvolgimento e molto sensibili ai temi globali della giustizia sociale e della sostenibilità ambientale. Sono attenti non solo al proprio benessere ma in relazione positiva con gli altri, e provano emozioni positive quando riescono a tenere insieme il senso di sé e la cura per la collettività. Emerge un desiderio forte di relazioni sane, di equità nei rapporti di genere, di una società meno polarizzata. È un’immagine che invita a credere nei giovani non come destinatari di interventi, ma come co-protagonisti del cambiamento assieme a un mondo adulto disposto a mettersi in discussione».

La speranza è giovane

La speranza pervade le pagine del volume, a partire dall’introduzione, firmata proprio da Rosina: «La speranza ci dice che non dobbiamo preoccuparci solo di ciò che nel presente non va e non ci convince, ma dobbiamo ancor più occuparci e prenderci cura di ciò che va oltre il presente e ha bisogno del nostro contributo per trovare il suo spazio generativo. […] Per i giovani, trovare la propria strada in un contesto mutevole richiede il sostegno di una comunità che scommette sul loro potenziale».

Qual è il più forte elemento di speranza introdotto da questa generazione? «È la vitalità delle aspirazioni giovanili: desiderano un lavoro a cui dare senso attraverso il valore del proprio essere e fare, relazioni fondate sul rispetto, una società più giusta. E, soprattutto, non hanno rinunciato a credere che il cambiamento sia possibile. La speranza che portano con sé – non passiva, ma attiva – è una risorsa generativa che può rinnovare la società, se sostenuta e accompagnata in modo autentico».

In apertura, fotografia di Etienne Girardet su Unsplash

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