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L'anno che verrà

Arrendevolezza, la virtù da coltivare nel 2024

Il fatto che questa parola sia quasi blasfema in un contesto nel quale i rapporti di forza paiono sempre più esasperati a tutti i livelli la rende paradossalmente una candidata ideale per individuare una sempre più indispensabile via d’uscita

di Flaviano Zandonai

In una fase storica come quella attuale, quali sono le virtù che fanno la differenza? E come possiamo coltivarle? La strada delle transizioni verso nuovi assetti che ci salvino dalla catastrofe ecosociale è sempre più difficile da percorrere soprattutto a causa della profondità dei cambiamenti necessari. Per questo non servono solo più capacità e risorse, ma anche una diversa attitudine all’azione e alla relazione. In una parola all’intraprendere. Le virtù, in questo senso, non sono da considerare come valori assoluti, col rischio di scivolare nel dogmatismo, ma piuttosto come approcci che si forgiano in direzione contraria rispetto agli schemi prevalenti.

Una virtù che appare utile coltivare, oggi in particolare, è l’arrendevolezza. Il fatto che sia quasi blasfema in un contesto nel quale i rapporti di forza paiono sempre più esasperati a tutti i livelli – dai conflitti interpersonali fino a quelli geopolitici, passando dalle tensioni tra organizzazioni – la rende paradossalmente una candidata ideale per individuare una sempre più indispensabile via d’uscita.


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Ma come allenare l’arrendevolezza? Una prima modalità consiste nel ristabilire la relazione con il reale. “Arrendersi all’evidenza”, come si usa dire, richiede uno sforzo notevole a fronte di un quadro conoscitivo dove da una parte crescono (e si complicano) le misure scientifiche rispetto a necessari e urgenti cambi di paradigma, ma contemporaneamente si alimentano in modo altrettanto evidente rappresentazioni “fake” che danno vita a mondi non tanto paralleli ma sempre più violentemente contrapposti. Il secondo esercizio di arrendevolezza è nei confronti delle proprie fragilità senza le quali è difficile qualsiasi riconoscimento dell’alterità, soprattutto se si tratta di conflitti intorno ai quali si sono formate incrostazioni ideologiche. Terza modalità per esercitare l’arrendevolezza come virtù consiste all’aprirsi alla complessità, magari correndo il rischio di farsi soverchiare ma che può consentire di meglio individuare quelle innovazioni autenticamente radicali di cui abbiamo sempre più bisogno.

In sintesi l’arrendevolezza è una virtù che può contribuire ad avviare percorsi di convergenza intorno a sfide trasformative, superando lo schematismo separatista tipico delle dinamiche di dominio – purtroppo sempre in auge – ma correggendo anche una deriva tatticista dell’innovazione che la rende non solo inadeguata rispetto agli obiettivi da perseguire, ma addirittura strumentale rispetto allo status quo.

Foto di Luis Quintero/Pexels


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