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Migranti

Da atea dico: seguiamo papa Francesco per ridare dignità al nostro Mediterraneo

Il papa interverrà a Marsiglia nell'ambito di Rencontres Méditerranéennes. Il suo sarà un messaggio importante: diventa sempre più evidente che nessun partenariato con nessun Paese della sponda Sud potrà fermare le persone in movimento in cerca di pace e di giustizia, ma potrà solo portare ulteriore destabilizzazione

di Alessandra Sciurba

In questo settembre del 2023 Marsiglia sarà il simbolo dell’altro Mediterraneo possibile. All’interno di Rencontres Méditerranéennes, festival che ha per obiettivo riunire giovani di tutte le confessioni e religioni, assieme a vescovi, associazioni e movimenti dei Paesi che affacciano sul Mediterraneo (si svolgerà dal 17 al 24),   la città si riempirà di voci e volti provenienti da 30 Paesi e appartenenti a diverse confessioni religiose, per ricordare a tutti che prima che cimitero e frontiera Mediterraneo è “mare di mezzo” che unisce e tiene insieme in un ecosistema comune; per parlare di diritto di migrare e di diritto di restare delle persone,  come bussola che orienti le relazioni tra le rive e unica soluzione ai naufragi materiali e morali del nostro tempo. Papa Francesco, che sarà presente, ci ha del resto abituati, in questi anni, a una Chiesa (o almeno a una parte di essa) che accoglie, e ancora di più ricerca e sostiene il valore delle differenze e persino di quelle che a rigor di fede sarebbero miscredenze, perché nel messaggio che continua a consegnarci c’è innanzitutto la possibilità di un rinnovato concetto di umanità, ripulito da ogni strumentalizzazione storicamente usata per sopraffare, e che diventa invece la chiave per rivoluzionare le priorità violente e nocive di un mondo alla deriva. 

Al precedente appuntamento di Firenze il Papa non era andato. Molto ha fatto discutere il suo rifiuto, formalmente per motivi di salute, di partecipare a un’iniziativa in cui a parlare di Mediterraneo c’era l’ex ministro dell’interno Marco Minniti, coinvolto nell’industria delle armi e ideatore dell’accordo tra Italia e Libia che ha prodotto un numero incalcolabile di violenze e morti. Niente di più distante dalla sua visione di giustizia ed ecologia integrale.

Francesco resta l’unico capo di Stato al mondo a cercare di costruire una prospettiva lungimirante e coraggiosa, oltre che ragionevole, a parlare di speranza

E così, mentre diventa sempre più evidente che nessun partenariato con nessun Paese della sponda Sud potrà fermare le persone in movimento in cerca di pace e di giustizia, ma potrà solo portare ulteriore destabilizzazione; mentre sul territorio italiano il sistema di accoglienza viene ovunque smantellato, promettendo impossibili espulsioni veloci da centri di ammassamento di esseri umani, e alimentando soltanto violazioni del diritto e dei diritti e insicurezza, Francesco resta l’unico capo di Stato al mondo a cercare di costruire una prospettiva lungimirante e coraggiosa, oltre che ragionevole, a parlare di speranza, a cercare di supportare chi ogni giorno, anche se di fede diversa, anche senza nessuna fede religiosa, non si arrende all’indifferenza, al calcolo economico e alla guerra come cifra unica della politica contemporanea. E a pensare al Mediterraneo all’interno di questa visione.

Scriveva Danilo Zolo, indimenticato filosofo del diritto che ci ha messo in guardia contro ogni deriva del concetto di umanità e di umanitario utilizzati per esportare dominio e guerra, che il Mediterraneo è «la riserva morale dell’Occidente, il bacino ecologico del suo umanesimo» e, soprattutto, è l’alternativa possibile «alla dimensione monista, cosmopolitica e “umanitaria” delle potenze oceaniche».

Questo dovrebbe essere il Mediterraneo, finalmente, superando le nostre dinamiche mentali che restano predatorie e coloniali, superando la nostra idea di culture a compartimenti stagni, capendo finalmente che non c’è modo di salvarsi da soli e che i mari vanno attraversati. Diceva Michel Foucault che “nelle civiltà senza navi i sogni inardiscono» e oggi più che mai servono navi e servono marinari per affrontare la tempesta di catastrofi ambientali, geopolitiche, sociali che sta travolgendo le nostre vite e il futuro di quelle che verranno senza che nemmeno ci fermiamo un momento per capire il rischio che stiamo già correndo. 


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E allora da atea, da laica, dico che per fortuna abbiamo un Papa che non ha paura di attraversare mari e tempeste, controcorrente, che ha formato un equipaggio di pirati con lo stesso coraggio, che ha iniziato il suo mandato dall’isola di Lampedusa ricordando al mondo che il sangue che riempie il mare è frutto di precise scelte politiche, che protegge chi, anche senza messe, continua a combattere e sperare, da una sponda all’altra, nell’alternativa mediterranea. 

Foto: la ong Aita Mari soccorre dei migranti al largo di Lampedusa/La Presse

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