Idee Capitalismi

Economia sociale: oltre l’efficienza, dentro la vita

Il contributo del direttore di Aiccon: «Gli scenari globali mostrano cosa succede quando l’economia viene ridotta a pura rappresentazione di forza e affari: la direzione presa da Trump offre plasticamente l’immagine tragica di un’economia che divide ed estrae.  È la prova che non c’è più tempo da perdere: occorre destrutturare l’esistente e ridisegnarlo con logiche nuove. Ed è qui che entra in gioco l’economia sociale. Non come slogan, non come nicchia da proteggere, non come “economia dei buoni”. Ma come sistema vivo»

di Paolo Venturi

Viviamo in un tempo in cui parole cruciali – ricchezza, sviluppo, beni, felicità – hanno perso la loro forza originaria. La ricchezza si riduce spesso a consumo; lo sviluppo a mera crescita quantitativa; i beni a proprietà privata da sfruttare; la felicità a un calcolo di utilità individuale.
Eppure non è questo il destino scritto. Quelle stesse categorie possono essere rovesciate e rigenerate. La ricchezza è lavoro e prosperità condivisa. Lo sviluppo è inclusione, non estrazione. I beni sono anche comuni, da governare insieme. La felicità è relazione, non possesso. Anche il territorio rischia di scivolare da civitas – luogo politico e comunitario – a semplice urbs, spazio fisico dominato da logiche estrattive. Eppure proprio lì, nei quartieri e nei paesi, può rinascere un valore nuovo, inclusivo, condiviso.

Si dice: servono leggi, servono politiche, serve regolazione. È vero. Ma non basta. Perché al centro resta l’economia: orienta le scelte, plasma i rapporti di potere, condiziona la qualità della convivenza. Tornare a occuparsi di economia significa tornare a occuparsi di beni comuni.

Gli scenari globali mostrano cosa succede quando l’economia viene ridotta a pura rappresentazione di forza e affari: la direzione presa da Trump offre plasticamente l’immagine tragica di un’economia che divide ed estrae.  È la prova che non c’è più tempo da perdere: occorre destrutturare l’esistente e ridisegnarlo con logiche nuove. Ed è qui che entra in gioco l’economia sociale. Non come slogan, non come nicchia da proteggere, non come “economia dei buoni”. Ma come sistema vivo: fatto di attori, governance, regole e strumenti di valutazione che vanno oltre l’indicatore quantitativo. Un sistema che rischia troppo spesso di essere trattato come un “panda da tutelare” o una ciliegina sulla torta. La sfida vera è rovesciare la prospettiva: l’economia sociale non è un margine, è il centro di una nuova traiettoria di sviluppo.

Perché lì si gioca la possibilità di ricucire legami spezzati: tra ricchezza e prosperità condivisa, tra sviluppo e inclusione, tra beni e comunità, tra felicità e senso. L’economia sociale è la bussola che distingue mezzi e fini, che rimette l’umano e la comunità al centro, che restituisce all’economia il suo volto civile.

Oggi città, regioni e Stato scrivono piani strategici. Ma non basteranno documenti lucidi. Servirà energia dal basso, pragmatismo, progetti concreti che leghino incentivi a processi trasformativi: come rendere l’innovazione radicata nei territori, come superare la logica del “fondo perduto”, come integrare intelligenza artificiale e sostenibilità senza generare nuove disuguaglianze, come disegnare città non estrattive, come rendere attrattive e vive le aree interne, come legare il welfare non solo alla spesa ma anche alla produzione di valore sociale.

La posta in gioco è altissima. Non servono soluzioni verticali, calate dall’alto: serve un ecosistema bio-diverso, capace di connettere produzione e comunità, innovazione e inclusione, competizione e coesione. Questa è la sfida decisiva. E per affrontarla serve pensiero politico all’altezza, dirigenti e manager competenti e motivati, nuove aree strategie nelle istituzioni, fondi dedicati e alleanze  tra attori diversi. Perché il futuro non si gioca solo sul terreno dell’efficienza, ma su quello della convivenza. Un futuro “buono” – desiderabile, giusto, sostenibile – non può che passare da qui. 

Foto di Jon Tyson su Unsplash

Vuoi accedere all'archivio di VITA?

Con un abbonamento annuale potrai sfogliare più di 50 numeri del nostro magazine, da gennaio 2020 ad oggi: ogni numero una storia sempre attuale. Oltre a tutti i contenuti extra come le newsletter tematiche, i podcast, le infografiche e gli approfondimenti.


La rivista dell’innovazione sociale.

Abbònati a VITA per leggere il magazine e accedere a contenuti
e funzionalità esclusive