Idee Strategie
Per un’innovazione sociale fuori dall’ideologia del digitale
«Programmi di open innovation come Human Tech che è stato ideato e gestito da un'alleanza tra l’organizzatore del forum Entopan e la rete d’imprese sociali del Consorzio nazionale Cgm con i partner Cgm Finance e Sefea Impact stanno contribuendo a fondare una nuova cultura dell'innovazione dove “sociale” e “impatto” non sono etichette posticce ma elementi costitutivi». L'intervento dell'open innovation manager di Cgm

La dimensione lineare e progressiva mantiene un peso preminente nella teoria e nella rappresentazione sociale dell’innovazione. Lo si nota sia nei framework strategici che la governano sia negli strumenti attraverso cui viene gestita. Del resto è figlia di quella cultura positivista che, anche implicitamente, è alla base delle società moderne. Eppure guardando a come l’innovazione è stata declinata dalle istituzioni del “terzo pilastro”, cioè quelle alternative allo Stato e al mercato, e in contesti diversi rispetto ai “luoghi alfa” dell’innovazione mainstream, emergono altre impostazioni che nel corso del tempo si sono progressivamente consolidate. Momenti di incontro e confronto come il forum “Global Innovation South” tenutosi qualche tempo fa nei dintorni di Lamezia Terme consentono di mettere ulteriormente a fuoco questi modelli alternativi e di saggiarne la capacità di trasformativa.
Un aspetto che merita particolare attenzione, anche perché quasi controinuitivo rispetto ai canoni dominanti dell’innovazione, riguarda la capacità di attesa. Si tratta di un contesto più che di un processo, dove idee e progetti ma anche e soprattutto aspirazioni e desideri possono maturare e così “passare di stato” trovando la loro innovazione nelle pratiche sociali. Molte iniziative di Terzo settore e di imprenditoria sociale e altrettante che provengono da aree periferiche e interne hanno avuto la possibilità di “macerare” in contesti sociali e comunitari raggiungendo quello stadio di generatività che consente loro di diventare un bene comune, una sorta di spartito interpretabile da diversi soggetti secondo svariate modalità.
Questa impostazione, come si diceva, può sembrare addirittura antitetica rispetto alla versione a “razionalità illimitata” e per di più accelerata dell’innovazione, soprattutto della sua frontiera (sempre più ideologica) digitale. In questo caso a dominare è infatti una focalizzazione di natura selettiva che pur di massimizzare la resa dell’investimento concentrandosi su singole soluzioni disruptive è disposta a dissipare una gran quantità di altre risorse che però oggi “presentano il conto” in termini ambientali e sociali (e forse anche economici). D’altro canto anche il modus operandi dell’attesa presenta i suoi limiti soprattutto nell’idiosincrasia, a volte di comodo, rispetto a tutto ciò che è modellizzabile e scalabile, autorelegandosi così in una nicchia di residualità che si caratterizza anche per una certa pesantezza e inefficienza operativa.

Programmi di open innovation come Human Tech che è stato ideato e gestito da un’alleanza tra l’organizzatore del forum Entopan e la rete d’imprese sociali del Consorzio nazionale Cgm con i partner Cgm Finance e Sefea Impact stanno però aiutando ad “armonizzare” il meglio di queste posture, contribuendo così a fondare una nuova cultura dell’innovazione dove “sociale” e “impatto” non sono etichette posticce ma elementi costitutivi. Osserviamo e accompagniamo la formazione di questo nuovo melting pot culturale riconoscendo, ad esempio, un’enfasi crescente all’adozione e non solo alla creazione come ambito dove fare codesign di soluzioni innovative. Oppure assecondando una propensione all’integrazione sistemica che dai tipici fattori hard della gestione d’impresa – processi produttivi, controllo di gestione, rendicontazione non finanziaria – scala verso assetti di governance data driven per sostanziare meglio principi e valori guida. O ancora promuovendo un utilizzo personalizzato e gentile di strumenti e risorse, anche finanziarie, che accelerano l’innovazione ma attraverso iterazioni imperniate su comunità di pratiche e d’intenti comuni che così si fanno più intraprendenti e diventano focali nel design organizzativo.
Tutto questo per attrezzarci rispetto a una sfida epocale che scaturisce più da una consapevolezza introspettiva che da finalità codificate in quadri strategici e di policy. Essa consiste nella formazione e nel concreto nell’esercizio di una nuova agentività che è e sarà sempre meno monopolio dei viventi (peraltro non solo umani) e sempre più in stretta interazione, forse simbiosi, con macchine intelligenti. In sintesi un modo radicalmente diverso di interpretare quel corto circuito fatto di intenzionalità e feedback da cui scaturisce l’azione, anche quella che consente di fare, in un “assieme” fin qui mai sperimentato, cose nuove e positive. Il fatto che da 25 anni Entopan persegua un simile disegno armonico dell’innovazione e che in epoca recente abbia incontrato sulla sua strada la quasi quarantennale rete Cgm non può che alimentare una speranza capace di un’attesa ricca di opere. Da essa potrà anche scaturire una nuova generazione di ecosistemi d’innovazione più distribuita nei territori e più aperta nei confronti di soggetti in essi radicati al fine di generare progetti di innovazione capaci di armonizzare i fattori di sviluppo secondo canoni di sostenibilità integrale.
Foto Unplash
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