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Se l’intelligenza artificiale si mette al servizio dell’inclusione digitale

L'intelligenza artificiale generativa offre varie possibilità per potenziare la fruizione digitale delle persone con disabilità, perché semplifica e potenzia le modalità già in atto per rendere accessibili i contenuti digitali

di Antonio Palmieri

“Caro Antonio, dopo due anni di faticose interlocuzioni con Adobe e la messa a disposizione delle nostre competenze pro bono in un gruppo di lavoro internazionale coordinato dal nostro responsabile tecnologico Gregorio Pellegrino, siamo riusciti a ottenere che gli aggiornamenti e le nuove funzioni di accessibilità di Adobe in InDesign 19.4 permettano a tutti quelli che lo usano per la creazione delle versioni cartacee dei libri e delle pubblicazioni in generale (praticamente più del 90% di chi impagina…) di esportare file digitali accessibili in Epub in modo facile e il più possibile automatico. Questo è un passo significativo verso un’editoria digitale più accessibile, con documenti il più possibile navigabili e comprensibili per tutti. In questo modo, il lavoro necessario ai creatori di contenuti per creare ebook born accessible è stato notevolmente semplificato. Stiamo già lavorando a nuove funzionalità di accessibilità che saranno disponibili nelle prossime versioni del software e che consentiranno di ottenere risultati ancora migliori.” 

Questa email di Cristina Mussinelli, segretario generale della Fondazione LiA, (Libri Italiani Accessibili) spiega in modo eloquente che cosa è l’accessibilità digitale: una “maratona” culturale e tecnica, che passo dopo passo opera per fare in modo che prodotti e servizi digitali siano accessibili a tutte le persone con disabilità fisiche, sensoriali e cognitive. 

L’accessibilità è una esigenza fondamentale in questa nostra era digitale, nella quale la tecnologia ha penetrato ogni risvolto delle nostre esistenze. Da qui l’urgenza dell’abbattimento delle barriere architettoniche digitali, in un mondo in cui l’Organizzazione Mondiale della Sanità stima che circa 1,3 miliardi di persone soffrano di disabilità significative, il 16% della popolazione mondiale, una persona su sei. 


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Mentre gli architetti hanno oramai compreso l’esigenza di seguire le norme che regolano la costruzione o la ristrutturazione di spazi fisici, la cultura dell’accessibilità fatica ancora ad affermarsi in chi commissiona e in chi progetta spazi digitali. In situazioni come questa, di solito ci si affanna a invocare una legge. In questo caso, le leggi e la normazione tecnica ci sono. 

Rimane da superare l’ostacolo più grande, quello culturale, come abbiamo ribadito lo scorso 9 gennaio nel convegno del ventesimo anniversario della approvazione definitiva della Legge Stanca, la prima in Europa sulla accessibilità digitale. 

Da qualsiasi lato si consideri la questione, l’accessibilità è fondamentale per garantire che chiunque possa partecipare pienamente alla vita digitale e quindi vivere una vita più libera e più uguale a quella di tutte le altre persone, come affermavo già nel 2002, presentando la proposta di legge dalla quale nacque la Legge Stanca sulla accessibilità.

Di come rendere la via verso l’accessibilità più agevole e meno impervia si ragionerà giovedì 16 e venerdì 17 maggio agli Accessibility Days 2024 in programma a Roma. In quella sede sarà ribadito che investire nell’accessibilità significa investire nel futuro di tutte le persone: da un lato in quanto un sito accessibile è un sito più fruibile per tutti, dall’altro perché va superata l’abitudine di intendere la disabilità come una condizione permanente. Ci sono momenti nella vita in cui chiunque può trovarsi in una condizione di limitazione temporanea. Abbiamo a disposizione tutta la tecnologia necessaria per farlo. Anzi, è evidente che di tecnologia per migliorare l’accessibilità grazie all’intelligenza artificiale ne avremo a disposizione sempre di più. 

Già oggi l’intelligenza artificiale generativa offre varie possibilità per potenziare la fruizione digitale delle persone con disabilità, perché semplifica e potenzia le modalità già in atto per rendere accessibili i contenuti digitali. È il caso, per esempio, dei lettori di schermo che utilizzano l’elaborazione del linguaggio naturale per leggere il testo di una pagina web, oppure dei software di riconoscimento delle immagini che le descrivono a voce alle persone con disabilità visive. Queste persone possono trarre notevoli benefici dall’intelligenza artificiale che migliora la possibilità di passare dalla voce al testo scritto. Lo stesso vale per la generazione di sottotitoli, utile per chi non ci sente, così come per le traduzioni in tempo reale da un discorso in una lingua straniera. Per le persone con disturbi dell’apprendimento è molto utile la possibilità di riassumere testi lunghi. Oppure vi sono software e applicazioni che assistono le persone che hanno difficoltà a parlare a causa di lesioni cerebrali, come per esempio, il programma “Voice for purpose” una alleanza tra ricercatori, donatori e intelligenza artificiale. 

Altro esempio viene dagli assistenti vocali basati su intelligenza artificiale come Siri, Alexa, Google Voice Access, che aiutano le persone con disabilità motorie a vivere in modo più indipendente. 

Insomma, se è vero che l’accessibilità digitale è una maratona, l’intelligenza artificiale generativa può ridurre la distanza, trasformandola almeno in una mezza maratona?

Lo potrà fare se, come ricorda continuamente Roberto Scano – esperto internazionale di accessibilità, presidente Iwa (International Web Association) e unico italiano che partecipa al tavolo di lavoro internazionale che ha scritto la norma tecnica correlata alla direttiva europea – sapremo rispettare due requisiti: coinvolgere le persone con disabilità e le organizzazioni che le rappresentano durante il processo di progettazione e sviluppo e non usare scorciatoie tecniche per rendere siti e app accessibili. È importante che tutti facciano proprio il principio dell’accessibilità “by design”, dalla progettazione del prodotto o servizio digitale. L’accessibilità oggi è un principio di qualità, un aspetto essenziale della progettazione di un prodotto o di un servizio digitale e per questo deve esserne parte integrante, dalla progettazione alla realizzazione finale e oggetto di continua manutenzione in caso di aggiornamenti. Le soluzioni “tampone” a posteriori, i cosiddetti accessibility overlay, non funzionano. L’accessibility overlay inserisce porzioni di codice correttivo “esterno”, scelta che non solo non garantisce l’accessibilità, ma spesso crea ulteriori problemi, come segnalato dalla Commissione Europea a fine 2023 e da una lettera congiunta di European Disability Forum and International Association of Accessibility Professionals. 

Anche di questo si tratterà agli Accessibility Days 2024, “palestra” di allenamento per praticare al meglio l’accessibilità, che è cosa buona, giusta e anche doverosa sotto ogni aspetto, perché si sta avvicinando inesorabilmente la scadenza del 28 giugno 2025, data in cui tutte le imprese, comprese quelle sociali, dovranno rendere i loro servizi digitali accessibili. Una scadenza della quale si parla troppo poco e che rischia di trovarci impreparati. Impreparati non solo a rispettare una norma, ma soprattutto impreparati a migliorare la nostra umanità tramite il buon uso della tecnologia. Un uso che è non solo solidale ma anche interessante economicamente. Sviluppare un prodotto o un servizio digitale ed escludere dalla fruizione una parte di potenziali clienti è sbagliato sotto ogni punto di vista. Ciò che è buono è anche utile.

Foto di Cottonbro studio/Pexels


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