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Educazione digitale

Stop agli smartphone in classe. E se il problema fossero gli adulti?

Le indicazioni del ministero dell'Istruzione e del Merito in linea con la prassi europea sono forse rassicuranti, ma non risolvono il problema. Anche perché è una questione che forse riguarda di più i genitori e i docenti che i ragazzi

di Antonio Palmieri

«Nelle nuove Linee guida sulla educazione alla cittadinanza, in coerenza con quanto sta emergendo da diversi studi anche internazionali, è sconsigliato l’utilizzo anche a fini didattici dello smartphone dalle scuole d’infanzia alle scuole secondarie di primo grado. Per le scuole primarie è raccomandato invece l’utilizzo del tablet, esclusivamente per finalità didattiche e inclusive».

L’intervento del ministro dell’Istruzione e del Merito Giuseppe Valditara ha chiuso il dibattito apertosi dopo la decisione del governo inglese di mettere al bando gli smartphone dalle scuole «per minimizzare il disturbo e migliorare il comportamento nelle classi». In Italia la direttiva n. 30 del 15 marzo 2007 – occhio alla data! – vieta di utilizzare i telefoni cellulari durante le lezioni. Eppure la decisione inglese ha comunque destato scalpore, come se per noi fosse una assoluta novità. 


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Questo da un lato è frutto del funzionamento della macchina dei media, a volte “smemorata” e dall’altro dipende dal fatto che questo tipo di provvedimenti governativi ha sempre un impatto comunicativo (e quindi politico). La notizia che gli smartphone sono vietati in classe è rassicurante per l’opinione pubblica. È una “soluzione” relativamente facile, la cui efficacia comunicativa rischia di produrre una elusione educativa. Come ha scritto Gigio Rancilio su Avvenire «è comodo e consolante avere un nemico sul quale scaricare tutte le responsabilità per ciò che non va nei ragazzi. Sono depressi? È colpa dei social. Si comportano male con gli adulti? È colpa dei social. Non vanno bene a scuola? È colpa dei social. Sono bulli? È colpa dei social. E così via all’infinito».  

È quindi necessario allargare il nostra punto di vista. «Ci focalizziamo ancora sullo smartphone e internet, – ha scritto lo psicoterapeuta Matteo Lancini – anzi sosteniamo che sono loro la causa del disagio e della sofferenza giovanile. E chi non si allinea con questa banalizzazione della complessità odierna è un buonista, mentre autorevole sarebbe l’adulto che priva, limita, regolamenta le giovani menti distratte e dipendenti, ma intanto continua a tenere lo smartphone in tasca pur di fare quello che vuole e rendere pubblico ogni suo pensiero in tempo reale. Ma è possibile che dopo tanti anni di provvedimenti rivolti in questa direzione, non ci si sia resi conto che a furia di proporre quotidianamente modelli d’identificazione e di successo totalmente incoerenti con i provvedimenti stessi, gli adulti abbiano perso progressivamente credibilità e autorevolezza?….Sarebbe ora di fare gli adulti».

Per rispondere a queste domande dobbiamo tornare a fare gli adulti,  essere argine e sostegno alla fragilità di molti giovani. È fuori di dubbio che nell’era digitale per noi genitori è tutto più complicato, ma il cattivo uso di smartphone e social è sovente il sintomo: la “malattia” sta anche in quella fragilità, in quell’affaticamento educativo dei genitori che il pedagogista Daniele Novara ha indicato in un suo recente intervento come una delle cause culturali dell’inverno demografico che affligge il nostro Paese. Continuare a considerare unicamente gli strumenti – gli smartphone, i social – gli unici colpevoli delle difficoltà dei giovani (e degli adulti), non è un bel servizio, né a loro né alla società. 

Dobbiamo ampliare la prospettiva, puntare a cogliere l’interezza del problema, porre le domande decisive. Per esempio: perché il 97% dei bambini inglesi sotto i dodici anni ha uno smartphone? Più in generale, perché avere uno smartphone personale in tenera età? A chi spetta il compito di educare a un uso consapevole e responsabile dello smartphone e dei social? Come farlo?

Abbiamo bisogno di un approccio “olistico”, che tenga insieme tutti i fattori che compongono l’educazione al digitale. «Lasciamo allora fuori i cellulari dalle aule – ha scritto Stefania Garassini, giornalista, docente in Università e animatrice dell’iniziativa Patti Digitali – ma parliamo di digitale in classe, formiamo docenti e genitori consapevoli di caratteristiche, opportunità ed effetti negativi, figure educative che siano in grado di dialogare in modo informato con i ragazzi su questi temi, che s’interessino di ciò che a loro piace di quel mondo. Recuperiamo quella sana gradualità che fa sì che gli strumenti digitali si possano utilizzare insieme, con adulti disponibili e attenti. Adulti che a loro volta sorveglino sul proprio utilizzo del digitale». In questo modo non solo sosterremo i ragazzi, ma inizieremo a dare nuovo vigore ai genitori affaticati. 

In questa direzione, sarebbe molto più utile se media e politica acquisissero e diffondessero la consapevolezza che in tema di educazione al digitale non siamo all’anno zero. Da diverso tempo ci sono numerose iniziative che operano per formare i ragazzi a una convivenza sana e proficua con smartphone e social e che cercano di coinvolgere nel modo adeguato i genitori. Sono iniziative che si svolgono nelle scuole, al di fuori di esse o per via digitale, ma sempre nel segno della sussidiarietà, cioè della libera iniziativa di persone e realtà organizzate, spesso del Terzo settore, che si attivano per dare risposta a un bisogno. Sono azioni e iniziative che consentono a noi genitori di non sentirci da soli e di recuperare il nostro ruolo di responsabilità. È importante conoscerle e valorizzarle. Per questo motivo, senza pretesa di fare un censimento completo ma con il desiderio di dare concretezza al ragionamento, ti propongo un elenco di realtà e relative iniziative specifiche, alle quali accedere seguendo i link:

Manifesto della comunicazione non ostile

Cremit

Patti Digitali

Programma il futuro

Centro psicopedagogico per l’educazione e la gestione dei conflitti

Save The Children

Centro Studi Impara Digitale

Fondazione Mondo Digitale e Microsoft

Alleanza digitale Ferrara

Anche importanti aziende tecnologiche e delle telecomunicazioni hanno avviato iniziative di educazione al digitale, rivolte a famiglie e ragazzi:

IBM

WindTre

Google

Hewlett Packard Enterprise

Insomma, non siamo da soli ad affrontare il compito di essere genitori nell’era digitale. Le iniziative qui segnalate e molte altre ancora ci aiutano a svolgerlo, mettendo in pratica quella che definisco la “Regola delle 3 A”: accogliere, arginare, accompagnare. Vale per la tecnologia, vale per molto altro ancora.

Foto: Pexels


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